Usa in campo per una tregua elettorale, Hamas e Iran dicono no
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È un accordo che dev’essere assolutamente trovato prima delle elezioni americane. Gli emissari del governo Usa stanno facendo la spola tra Beirut e Gerusalemme. Obiettivo: concordare una proposta per porre fine alle ostilità tra Israele ed Hezbollah. Hamas invece respinge ogni tipo di sospensione temporanea.
È un accordo che dev’essere assolutamente trovato prima delle elezioni americane. Brett McGurk e Amos Hochstein, il primo come coordinatore della Casa Bianca per il Medio Oriente e il Nord Africa, il secondo in qualità d'inviato di Washington, stanno facendo la spola tra Beirut e Gerusalemme. Obiettivo: concordare una proposta per porre fine alle ostilità tra Israele ed Hezbollah. Anche il capo della Cia, William Burns, e il comandante del Centcom (Comando delle forze armate Usa), il generale Michael Kurilla, sono impegnati in incontri e colloqui per far cessare il fuoco. È intenzione del presidente americano, Joe Biden, anche se i tempi stringono, portare a casa un risultato negoziale utile per l'attuale vicepresidente e candidata alle presidenziali, Kamala Harris.
Secondo alcune indiscrezioni trapelate, il piano prevederebbe un cessate il fuoco di sessanta giorni, un tempo sufficiente per far applicare la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, risalente, tra l’altro, all’agosto 2006 e che prevede nel Libano meridionale il dispiegamento congiunto di forze libanesi e Unifil, in vista di una cessazione completa delle ostilità tra Israele ed Hezbollah.
In sostanza nulla di nuovo. Risoluzione, che non è mai stata attuata, e che la mancata attuazione ha favorito il recente attacco israeliano contro Hezbollah, l’organizzazione politico-militare, sostenuta dall'Iran e particolarmente attiva nel sud del Libano, al confine con lo Stato ebraico. «Si sta facendo il possibile per trovare una soluzione diplomatica che faccia applicare in modo definitivo la risoluzione 1701 e consenta ai cittadini, sia israeliani che libanesi, di tornare alle loro case», ha affermato Sama Habib, portavoce dell'ambasciata statunitense a Beirut. Nella bozza dell’eventuale accordo è previsto, nei dettagli, il ritiro di Hezbollah a nord del fiume Litani, distante venticinque chilometri dalla frontiera israeliana, il posizionamento dell'esercito libanese lungo il confine e una forza di interposizione internazionale che faccia rispettare la tregua. Ma c'è un altro punto controverso: Israele pretende la libertà di azione ogni qualvolta lo riterrà utile e si sentirà minacciato.
Le condizioni sono state messe nero su bianco. Il premier libanese, Najib Miqati, è ottimista, possibilista il nuovo leader di Hezbollah, Naim Qassem, che nel corso del suo primo intervento pubblico, oltre a sottolineare la continuazione con l'opera del suo predecessore, compresa la lotta contro Israele, ha anche dichiarato che non chiederà un cessate il fuoco, ma «se Israele decide di fermare l’aggressione, Hezbollah potrebbe accettare, alle condizioni che ritiene appropriate». Qassem ha anche negato che il gruppo stia «combattendo per conto di qualcun altro», aggiungendo che l’aiuto dell'Iran non prevede nulla in cambio.
Non la pensa allo stesso modo Hamas che respinge qualsiasi proposta di sospensione temporanea. Con un post sui social, Taher al-Nunu, alto dirigente del gruppo terroristico ha scritto che «l’idea di una pausa momentanea nella guerra, per poi ricominciare, è qualcosa su cui abbiamo già espresso la nostra posizione. Hamas sostiene la fine permanente delle ostilità, non una temporanea». Nella proposta della bozza, non ancora consegnata ad Hamas, in discussione a Doha, tra il capo del Mossad, David Barnea, il direttore della Cia, Bill Burns, e il primo ministro del Qatar, è previsto lo scambio degli ostaggi israeliani con palestinesi prigionieri nelle carceri d’Israele e il ripristino duraturo degli aiuti a Gaza. Si ritiene che 97 dei 251 ostaggi rapiti da Hamas il 7 ottobre 2023 siano ancora vivi, mentre circa trenta siano i corpi dei prigionieri uccisi da riportare in territorio israeliano. Vanno aggiunti anche due civili israeliani, entrati nella Striscia nel 2014 e nel 2015, e i corpi di due soldati dell’Idf uccisi nello stesso periodo.
Nonostante si stiano alimentando delle aspettative di tregua, la guerra non si è mai fermata, infatti il cammino dei mediatori è in forte salita. Da Teheran, nel frattempo, arriva una doccia fredda: secondo fonti del Mossad, l’Iran si sta preparando ad attaccare Israele prima delle consultazioni presidenziali americane. La guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, ha dato l’ordine di predisporre una rappresaglia contro Israele. L'attacco dovrebbe avvenire tramite milizie filoiraniane presenti in Iraq, per evitare che Israele indirizzi nuovamente la risposta sulle basi iraniane già colpite duramente dalla precedente offensiva.
Nel nord d’Israele, cinque persone sono state uccise e una è rimasta gravemente ferita da un razzo lanciato dal Libano e caduto in un terreno agricolo, nelle vicinanze della città di Metula. Le vittime erano braccianti impegnati in un frutteto di mele. Si tratta di un cittadino israeliano e di quattro stranieri. Altre due persone sono rimaste uccise, dalle schegge di un drone, mentre si trovavano in un uliveto fuori dal sobborgo di Kiryat Ata, nel distretto di Haifa. Il bilancio, in un solo giorno, è stato tra i più alti, da quando Hezbollah ha iniziato a lanciare razzi e droni nel nord di Israele. È il secondo, dopo l'uccisione di dodici bambini in un parco nella città drusa di Majdal Shams.
Ma anche l'esercito israeliano continua a mietere vittime. In Libano, sono state uccise quasi cento persone negli attacchi contro la città orientale di Baalbek e in quella meridionale di Nabatiyeh, nella valle della Bekaa. L'attacco israeliano è avvenuto in concomitanza con il primo discorso del nuovo leader di Hezbollah, Naim Qassem, nel ruolo di segretario generale del movimento sciita filoiraniano. «È stato il giorno più duro per Baalbeck dall’inizio dell'attacco di Israele», ha dichiarato Bachir Kheder, governatore della regione.
La Striscia è ridotta ad uno spettacolo spettrale, terrificante. L'ottanta per cento delle abitazioni è stato raso al suolo, la popolazione non ha più né viveri, né di che nutrirsi, ma soprattutto scarseggiano i medicinali. Mentre i bambini, i più indifesi, risultano essere la maggioranza delle vittime. Ieri mattina, le bombe sganciate dai droni israeliani hanno colpito un mercato nella zona di Sheikh Radwan, a Gaza City, provocando molti feriti. Almeno venticinque i morti a Deir el-Balah, nel campo profughi di Nuseirat e nella zona di az-Zawayda. Dal 7 ottobre 2023, il bilancio registra il decesso di 43.163 persone e il ferimento di altre 101.510.
Anche l'esercito israeliano ha subito pesanti perdite. Secondo l’Idf, i soldati uccisi dall’inizio delle ostilità sono oltre 900.