Usa, cinque religioni contro le nozze gay
Chiesa cattolica, Chiesa battista del Sud, Chiesa luterana-Sinodo del Missouri, Associazione nazionale degli evangelici e Mormoni combatteranno in tribunale contro i giudici dello Utah e dell'Oklahoma che vogliono imporre il matrimonio gay.
È stato pubblicato negli Stati Uniti – e lì ampiamente commentato, mentre è stato ovviamente ignorato dalla stampa italiana – un documento storico, in cui cinque religioni scendono in campo contro il «matrimonio» omosessuale. Si tratta della Chiesa Cattolica, in persona della Conferenza Episcopale, della Chiesa Battista del Sud, della Chiesa Luterana - Sinodo del Missouri, dell’Associazione Nazionale degli Evangelici e della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, meglio nota come Chiesa Mormone.
Non si tratta di un semplice documento culturale. Le cinque religioni hanno deciso d’intervenire in un processo, d’importanza cruciale, dove gli Stati dello Utah e dell’Oklahoma fanno appello rispetto a decisioni di giudici federali, le quali in nome dei diritti degli omosessuali hanno annullato referendum popolari dove gli elettori di questi Stati si erano pronunciati a grande maggioranza perché il matrimonio riconosciuto dalle leggi fosse solo quello tra un uomo e una donna. Con queste sentenze i giudici federali hanno ingiunto a Utah e Oklahoma di celebrare immediatamente «matrimoni» omosessuali. I governatori dei due Stati hanno fatto appello, e ora le cinque religioni scendono in campo e intervengono nel processo relativo ai due casi.
Le comunità religiose che sono intervenute in questo processo rappresentano la grande maggioranza degli americani credenti. Hanno in comune il fatto di essere tutte in ottima salute e in crescita, mentre le denominazioni religiose progressiste e favorevoli alle unioni omosessuali perdono fedeli e in qualche caso rischiano di estinguersi.
La Chiesa Cattolica americana, molto ferma sui principi che Benedetto XVI chiamava non negoziabili, è la prima religione degli Stati Uniti, e continua ad aumentare il numero dei suoi membri, che oggi sfiorano gli ottanta milioni, a differenza di certe Chiese del Nord Europa che si baloccano con richieste a Roma di cambiare la dottrina morale mentre le loro parrocchie si svuotano. La Chiesa Battista del Sud – l’ala conservatrice dei Battisti – è la seconda denominazione degli Stati Uniti (sedici milioni di fedeli) dopo i cattolici, e la più grande comunità protestante. Il Sinodo del Missouri della Chiesa Luterana riunisce i luterani «tradizionalisti» che hanno rotto con le comunità luterane europee progressiste sul piano teologico e morale e con la Chiesa Evangelica Luterana Americana, che invece segue la deriva europea. I Luterani del Sinodo del Missouri – una denominazione diffusa, nonostante il nome, in tutti gli Stati Uniti e che tra l’altro rifiuta, a differenze delle altre comunità luterane, di avere donne come pastori – crescono continuamente, hanno superato i due milioni di membri e tra i protestanti americani attirano un numero record di giovani al di sotto dei trent’anni. L’Associazione Nazionale degli Evangelici riunisce quaranta denominazioni protestanti che rifiutano di avere a che fare con il Consiglio Ecumenico delle Chiese di Ginevra e con la sua antenna americana, il Consiglio Nazionale delle Chiese, a causa del loro progressismo teologico, morale e politico. Insieme, queste denominazioni rappresentano circa venti milioni di fedeli, molti dei quali pentecostali: la più grande comunità pentecostale, le Assemblee di Dio, fa parte dell’Associazione. I mormoni sono quindici milioni nel mondo, sei milioni negli Stati Uniti, e in maggioranza nello Utah, uno degli Stati di cui si discute nel processo.
L’atto di intervento nella causa come «amici curiae» delle cinque religioni si concentra su un aspetto essenziale della battaglia per la famiglia in corso in America e in tutto il mondo. Parte dalle sentenze che hanno annullato i referendum dello Utah e dell’Oklahoma, secondo le quali la manifestazione dell’opinione – pure maggioritaria – dei cittadini contro il «matrimonio» omosessuale sarebbe illegittima in quanto rappresenterebbe il tentativo delle religioni maggioritarie di questi Stati d’imporre la loro dottrina anche alla minoranza che non la condivide, il che sarebbe contro la Costituzione americana che prescrive la separazione fra Stato e Chiese.
La risposta delle cinque religioni è duplice. Il primo argomento è fondamentale per la libertà religiosa. Le religioni non si occupano solo di organizzare riti e preghiere. La vera libertà religiosa implica che possano scendere in campo e dire la loro, in base alle rispettive dottrine, anche quando si tratta della dottrina sociale e delle leggi. Su molte leggi dello Stato le religioni hanno un’opinione, e i cittadini religiosi votano tenendo conto anche della loro fede. Se il loro voto potesse essere annullato come tentativo d’imporre un punto di vista religioso ai non credenti non solo finirebbe la libertà religiosa, ma anche la democrazia. L’America non è l’Europa: la maggioranza degli americani nei sondaggi si dice religiosa e afferma di tenere presente la religione anche nelle sue scelte politiche. I loro voti dovrebbero essere tutti annullati per questo?
La seconda risposta è che, venendo al caso specifico del «matrimonio» omosessuale, le religioni difendono un principio che non è soltanto religioso ma deriva dalla legge naturale e dal bene comune e, come tale, può essere riconosciuto dalla ragione di tutti, non credenti compresi. «Sia la nostra esperienza sia le scienze sociali», afferma l’atto d’intervento in causa, dimostrano che «ogni bambino ha bisogno di un padre e di una madre». Le leggi che i giudici federali vogliono imporre – in quanto contemplano anche l’adozione omosessuale – non sono nell’interesse dei bambini, che dev’essere preminente.
Il «matrimonio» omosessuale è contrario all’interesse dello Stato, perché, afferma il documento – nonostante una minoranza di sociologi pensi il contrario –, ogni tentativo di ridefinire il matrimonio influisce negativamente sulla stabilità dei matrimoni fra un uomo e una donna e sul «tasso di fertilità». Il testo presenta pure l’interessante argomento secondo cui introdurre il «matrimonio» omosessuale vuol dire diffondere una nozione di matrimonio e di famiglia «incentrata sugli adulti» e sui loro desideri, mentre la famiglia deve mettere al primo posto i bambini, i figli. Infine, se s’introduce il «matrimonio» omosessuale s’innesca un processo che porterà fatalmente a legalizzare altre forme di «matrimonio»: nello Utah i giudici hanno appena dichiarato che non è illegale praticare la poligamia. Sono tutti argomenti che non si trovano nel Vangelo o in altre scritture sacre, ma che fanno appello alla ragione e al buon senso.
Sugli orientamenti dei giudici degli Stati Uniti non è lecito farsi troppe illusioni. Forse le cinque religioni perderanno la loro battaglia in tribunale. Ma resterà il fatto storico ed esemplare del gesto comune – come accennato, non la solita dichiarazione ma l’intervento in un processo – di religioni, come scrive l’atto, «divise nelle loro prospettive teologiche ma unite nell’affermazione che la tradizionale definizione del matrimonio come riservato a un uomo e una donna è vitale per il benessere dei bambini, delle famiglie e della società». I giudici che dovessero decidere diversamente si prenderanno la responsabilità di farlo contro la grande maggioranza dei credenti americani, che fondano la loro opposizione al «matrimonio» gay su argomenti di ragione e non soltanto di fede.
C’è una lezione anche per i cattolici europei. Nell’esortazione apostolica «Evangelii gaudium» Papa Francesco scrive: «Non credo neppure che si debba attendere dal magistero papale una parola definitiva o completa su tutte le questioni che riguardano la Chiesa e il mondo. Non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori». Sembra, dal testo stesso dell’esortazione apostolica e da interventi successivi, che Papa Francesco ritenga che spetti al Papa intervenire sull’aborto, perché lo scandalo dei milioni di aborti nel mondo «grida vendetta al cospetto di Dio». Non è, invece, detto esplicitamente, ma da riferimenti nelle note dell’esortazione apostolica a documenti dei vescovi degli Stati Uniti e della Francia sembra proprio che Papa Francesco, tra le materie su cui preferisce che siano gli episcopati locali a parlare, includa la tematica dell’ideologia di genere e del «matrimonio» omosessuale. Negli stessi passaggi, il Papa raccomanda pure ai vescovi d’intervenire per la difesa della famiglia e del «contributo indispensabile del matrimonio alla società» collaborando con fedeli di altre religioni e con altri cittadini di buona volontà.
«La nuova Bussola Quotidiana» ha ospitato un ampio dibattito sulla crisi nella Chiesa e sulle strategie pastorali di Papa Francesco. Gli argomenti di chi ritiene che, di fronte all’aggressione dell’ideologia di genere, sarebbe talora più persuasiva una parola diretta e personale del Papa non sono irragionevoli. D’altro canto, non si deve neanche ritenere che tutti gli episcopati locali si nascondano dietro il silenzio pontificio per tacere a loro volta, che non è quanto insegna la «Evangelii gaudium». In Polonia, Portogallo, Slovacchia i vescovi hanno pubblicato vigorosi documenti contro l’ideologia di genere. Negli Stati Uniti la Conferenza Episcopale ha fatto esattamente quanto prescrive l’esortazione apostolica: ha parlato – con un atto giuridico, dopo averlo fatto con documenti dottrinali – e ha raccolto attorno a sé una vasta coalizione di credenti di altre confessioni e religioni. Non è detto che la strategia che prevede su questi temi una delega totale dal Papa ai vescovi sia necessariamente la più efficace. Ma i vescovi americani ci dimostrano che rimboccarsi le maniche, prendere atto delle direttive pontificie e scendere in campo, cercando anche alleati significativi, serve di più che rimanere chiusi negli episcopi a cercare nelle virgole del Magistero di Papa Francesco qualche buona ragione per non far nulla.