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DIRITTO ALLA VITA

Usa, basta fondi pubblici alla ricerca che usa i feti

L’amministrazione Tump ha chiuso il rubinetto dei fondi pubblici agli enti che praticano la ricerca usando tessuti prelevati da feti abortiti. Si tratta di una decisione presa dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (Hhs), equivalente del Ministero della Sanità. Un piccolo passo, ma con un grande significato.

Vita e bioetica 07_06_2019
Feto

L’amministrazione Tump ha chiuso il rubinetto dei fondi pubblici agli enti che praticano la ricerca usando tessuti prelevati da feti abortiti. Si tratta di una decisione presa dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (Hhs), equivalente del Ministero della Sanità. Un piccolo passo, ma con un grande significato.

A prima vista si tratta solo di un singolo provvedimento amministrativo: la cancellazione di un contratto da 2 milioni di dollari con l'Università della California San Francisco, secondo il quale si sarebbe dovuta finanziare la ricerca medica anche con uso di tessuti umani fetali. Questi tessuti rientravano nelle categorie di “topi umanizzati”, “tessuti umani fetali”, “tessuti per topi umanizzati”. Per “topi umanizzati” si intende una chimera creata in laboratorio con l’iniezione di cellule umane in un topo per creare nel corpo dell’animale un sistema immunitario analogo a quello di un uomo, su cui sperimentare nuove medicine. Col dettaglio non da poco che finisce, in questo modo, per usare indirettamente cavie umane. I tessuti sono infatti prelevati da feti abortiti di recente. Da quando l’Hhs ha iniziato a indagare, nell’estate del 2018 ha individuato e bloccato un contratto stipulato dalla Food and Drug Administration (Fda) con l'Advanced Bioscience Resources, agenzia che procura tessuti fetali a scopo di ricerca. Secondo lo Us General Services Administration, sono stati stipulati almeno otto contratti di questo genere dal 2012 ad oggi.

Torna alla mente del pubblico l’inchiesta su Planned Parethood (l’organizzazione che promuove e pratica l’aborto a tutti i livelli) che rivelò un lauto commercio di organi e tessuti di bambini abortiti. Anche l’aborto tardivo, recentemente legalizzato in Virginia e a New York, rientra nella stessa questione. Infatti la ricerca usa soprattutto tessuti fetali prelevati da bambini già in gran parte formati, dalla 19ma alla 24ma settimana (in Virginia l’aborto è ora legale fino alla 25ma settimana, nel New York fino alla 24ma). E’ questo il caso: i tessuti umani fanno gola a molti, anche ai ricercatori. Anche a spese del contribuente. L’amministrazione repubblicana è intervenuta almeno su quest’ultimo aspetto, dove può intervenire direttamente, cancellando i contratti e ordinando la cessazione della sperimentazione con tessuti di feti abortiti in tutte le strutture del National Institutes of Health (Nih). Per quanto riguarda le ricerche che avvengono al di fuori del Nih, ma richiedono fondi pubblici, i casi verranno giudicati da un comitato etico. Le università private che usano fondi privati non sono coinvolte nel provvedimento. Le linee guida sono chiare: basta con la sperimentazione sui feti umani.

Le critiche da parte del mondo scientifico e dell’opposizione democratica sono state immediate. Secondo il mondo accademico, si tratta di un duro colpo alla ricerca medica, perché la sperimentazione che si avvaleva di questi “materiali” contribuiva alla lotta contro l’Hiv e il cancro. L’opposizione Democratica, come sempre su questi temi, grida al pericolo del “ritorno al medioevo”. Come ha già fatto ieri Lois Frankel, deputata Democratica della Florida: “Gli Usa stanno tornando direttamente ai tempi bui”. I Repubblicani hanno comunque avuto la risposta pronta, in difesa del diritto alla vita di tutte le persone, anche quelle non ancora nate. Come ha sottolineato il senatore Repubblicano James Lankford, dell’Oklahoma: “Non c’è mai un momento nell’esistenza in cui un bambino non era ancora un bambino”.

Ed è soprattutto questo il senso che l’amministrazione repubblicana ha dato a questo ultimo giro di vite: “Promuovere la dignità della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale è una delle maggiori priorità dell’amministrazione Trump”. Il fatto in sé va letto, dunque, alla luce di questa motivazione. E’ un’ulteriore trincea a difesa del diritto alla vita, oltre alla nomina di nuovi giudici pro-life alla Corte Suprema che a loro volta hanno indirettamente ispirato l’approvazione di legislazioni anti-abortiste in ben 30 dei 50 Stati americani.