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LO STUDIO

Unioni gay e adozioni: come smontare la legge Cirinnà

“Cirinnà, manuale per la disinstallazione”. Questo potrebbe essere il titolo di uno studio degli avvocati Mazzolai-Pillon –Napoleoni sulla legge che ha introdotto nel nostro ordinamento le Unioni civili. Lo studio, in modo agevole e chiaro offre una sintesi interessante delle contraddizioni, delle lacune, degli errori ed orrori giuridici di cui è affetta mortalmente la legge.

Famiglia 16_07_2016
Contro la legge Cirinnà sulle unioni civili

“Cirinnà – Manuale per la disinstallazione”. Questo potrebbe essere il titolo di uno studio degli avvocati Mazzolai-Pillon –Napoleoni sulla legge che ha introdotto nel nostro ordinamento le Unioni civili (l. 76/2016), studio che invece reca il titolo “Bigenitorialità, nozione di famiglia e omogenitorialità nella prospettiva della riforma delle adozioni”.

L’elaborato in modo agevole e chiaro offre una sintesi interessante delle contraddizioni, delle lacune, degli errori e orrori giuridici di cui è affetta mortalmente la legge sulle unioni civili. I due corni del problema messi in luce dal triduo forense sono questi: secondo il diritto esiste solo una tipologia di famiglia, quella composta da un uomo e una donna uniti in matrimonio, e l’adozione di un minore da parte di una coppia omosessuale è illegittima e, dal punto di vista psicologico, è deleteria per lo stesso minore.

Partiamo dal primo aspetto. Lo studio ricorda che l’art. 29 della Costituzione riconosce come famiglia solo quella realtà di diritto naturale fondata sul matrimonio. E i coniugi possono essere solo di sesso differente come ha ricordato la stessa Corte Costituzionale in tempi recenti: «la nozione di matrimonio presupposta dal Costituente è quella definita dal codice civile del 1942, che stabilisce che i coniugi devono essere persone di sesso diverso» (sentenza n. 138 del 2010). Il Codice civile, infatti, laddove usa termini come “marito”, “moglie”, “padre”, “madre” riferendosi al matrimonio, chiarisce che gli sposi non possono essere che l’uno maschio e l’altra femmina, specificando così il principio espresso dall’art. 29 della Costituzione.

E come rispondere a chi obietta che il matrimonio come la famiglia sono realtà in perenne evoluzione? Risponde sempre la Corte costituzionale con la sentenza già citata: la dinamica evolutiva sociale di un istituto «non può spingersi fino al punto d’incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata». Da qui la conclusione del pool di avvocati: dato che le unioni civili possono pressoché sovrapporsi all’istituto del matrimonio e dato che questo prevede la differenza sessuale come requisito necessario perché venga ad esistenza un rapporto di coniugio, ne discende che la legge n. 76/2016 è incostituzionale.

Passiamo al secondo corno del problema: adozioni gay. Gli autori compiono una rapida, ma efficace carrellata delle fonti normative che riconoscono la necessità per il minore di vivere in un ambiente dove sono presenti entrambi i genitori, dando per implicito che l’uno sia maschio e l’altra femmina: il Principio sesto della Dichiarazione universale diritti fanciullo (1959); gli articoli 3 e 9 della convenzione Onu del 1989 ratificata dall’Italia con la legge 176/91; la risoluzione 2079/2015 del Parlamento Europeo; le leggi italiane n. 54/2006 e n. 132/2014 (art. 6). L’intero impianto della stessa legge sulle adozioni (n. 184/83) poi è costruito intorno al concetto di famiglia composta da padre  e madre.

Di contro lo studio mostra che la dozzina e più di vertenze maturate sul suolo italiano – dopo averne analizzate altre della Corte europea dei diritti dell’uomo risolte favorevolmente per le coppie gay - e sfociate nel concedere l’adozione o l’affido di minori a coppie omosessuali aveva distorto sia l’intera ratio della legge sulle adozioni sia in particolare la famigerata lettera d) dell’art. 44 che concerne l’adozione in casi particolari. Il fulcro su cui avevano fatto leva i giudici, compresi quelli della Cassazione, era la continuità affettiva ormai instauratasi tra minore e coppia omosessuale. 

Facendo propria la logica della continuità affettiva, in modo acuto il trio di avvocati così ribatte: «si potrebbe per assurdo sostenere che ove il minore avesse maturato una buona continuità affettiva con il personale di un orfanotrofio, potrebbe dunque legittimamente essere adottato dall’orfanotrofio stesso». Lo studio poi appunta che la Cirinnà solo apparentemente ha escluso la stepchild adoption dal testo di legge. Infatti, quest’ultimo, rimandando alla legge sulle adozioni per sapere se una coppia omosessuale possa adottare, rinvia di fatto ad una prassi giurisprudenziale ormai consolidatasi che è favorevole alla stepchild adoption a favore delle coppie omosessuali.

Infine, a sostegno del fatto che un minore ha bisogno per crescere in modo armonico di due figure genitoriali di sesso differente, il documento rinvia ad un altro studio, “Review della letteratura scientifica in materia di adozione alle coppie omosessuali” di Pezzuolo, Camerini, Baldan, pubblicata nel giugno 2016, in cui si revisionano in senso critico più di duecento articoli scientifici. Tali articoli erano stati usati nel febbraio scorso dall’Ordine degli psicologi del Lazio per esprimere parere positivo in merito all’adozione gay. La revisione invece, seppur in modo assai sintetico, passa al vaglio questi studi appuntandone aporie, errori di metodo e, a volte, scarso spessore scientifico.