Una "tecnorapina" le femministe contro la fecondazione
Contro la fecondazione assistita, gli uterin affitto e il mercato degli ovuli e dei gameti. Oggi queste battaglie non sono più esclusiva dei movimenti pro life. In Europa e negli Stati Uniti, molte leader del femminismo storico condannano il mercato dei bimbi in provetta e la fecondazione assistita, la “tecnorapina delle uova”.
«Se il femminismo si fonda sulla difesa dei diritti della donna, allora una femminista non può che essere pro-life». Certo, ma andatelo a dire alle femministe, quelle scalmanate dell’uso privatistico e turbo liberal dell’utero e dintorni, quelle che “le streghe son tornate” e che appiccherebbero volentieri roghi di maschi di ogni religione e vescovi cattolici sulle pubbliche piazze. Eppure ad annunciare l’imbarazzante programma è Josephine Quintavalle, leader storica del femminismo inglese e fondatrice del Core, il Comment on Reproductive Ethics. Questo organismo ha creato un network internazionale di persone e gruppi tra diversi Paesi per denunciare lo sfruttamento delle donne e del loro corpo, in tema di riproduzione assistita, raccolta di ovuli da (presunte) donatrici, ricorso a madri surrogate.
A pensarla come la Quintavalle sono sempre di più, anche nel campo “nemico”, quello del femminismo militante che per quarant’anni si è speso nelle battaglie più anti life. L’aria, forse, sta cambiando se una come Nancy Fraser, femminista americana, guru di sinistra, professoressa di scienze politiche e sociali alla New School, è arrivata al punto di denunciare, una recente intervista al quotidiano la Repubblica, l’ultima “invenzione” del guru della Apple, quel Tim Cook, gay dichiarato che come benefit aziendale offre alle dipendenti la possibilità di congelare gli ovuli per poterli poi utilizzare in età matura per non intralciare la carriera. «Quel benefit», ha detto la Fraser, «potrebbe sembrare positivo perché consente di posticipare la cura dei figli. Ma l’idea “noi adattiamo la famiglia e la riproduzione all’agenda aziendale” in realtà è folle. Le donne possono individualisticamente esserne sollevate, sembrerà che possano avere tutto. Ma di fatto è la biologia che viene sottomessa e piegata al capitalismo delle corporation».
Parole che confermano la lungimiranza di Mary Daly, una teologa femminista radicale che già dieci anni fa denunciava la “tecnorapina delle uova”. Per definire le donne che diventano madri con fecondazione assistita, la Daly usava la definizione “madri maschili”. Riteneva che queste donne in qualche modo avessero rinunciato alla loro potenza materna per affidarsi alla scienza maschile «che persegue», avverte Marina Terragni, giornalista del Corriere della Sera e esponente della direzione del Pd, «il sogno dell’utero artificiale come una sorta di Santo Graal». Di questo mortale pericolo ne sono coscienti le donne del Coordinamento europeo di associazioni femministe, tra cui diverse sigle che rappresentano collettivi lesbici, che ha elaborato per la Conferenza dell’Aia sui diritti umani un contributo molto dettagliato e altrettanto critico sulla maternità surrogata. Pratica contraria, denunciano, agli obiettivi della Convenzione internazionale sull’adozione e a numerose altre norme internazionali. Da qui la richiesta alle Nazioni Unite, di una convenzione internazionale per «l’abolizione dell’utero in affitto sul modello del lavoro in schiavitù e pratiche analoghe alla schiavitù».
Qualcosa sta cambiando anche nella laicissima Francia del socialista Hollande. «Signor presidente della Repubblica, gli esseri umani non sono delle cose», hanno scritto nel luglio scorso decine di professori universitari e intellettuali francesi dalle pagine di Libération, quotidiano della sinistra libertaria e radicale, in un’accorata lettera appello contro la legalizzazione dell’utero in affitto. Tra i firmatari spiccano diversi nomi di sinistra: Jacques Delors (socialista e presidente della Commissione europea dal 1985 al 1994), Lionel Jospin (ex primo ministro socialista), Yvette Roudy (femminista e socialista, ministro dei Diritti delle donne dal 1981 al 1986), la filosofa e femminista Sylviane Agacinsky, la femminista Yvette Roudy, ministro dei Diritti delle donne dal 1981 al 1986, Marie- George Buffet segretario nazionale del Partito comunista francese dal 2001 al 2010, l’ex vicepresidente del Parlamento europeo Nicole Péry, Marie-Josèphe Bonnet, storica militante della causa femminista, lesbica nonché fondatrice del Fronte omosessuale d’azione rivoluzionaria (Fhar). «Se le filiazioni dei bambini, oggetto dei contratti di maternità surrogata fatti all’estero», scrivono nel loro appello a Hollande, «vengono iscritte nei registri francesi, allora il mercato dei bambini diventa di fatto realtà. Il contratto di maternità surrogata fatta all’estero sarà effettivo come se fosse lecito».
L’onda nuova anti-fecondazione sta raggiungendo anche la permissiva Svezia. La lobby femminista "Sveriges Kvinnolobby" ha pubblicato un documento politico in cui condanna la maternità surrogata e chiede al governo di vietarla. Dalla Gran Bretagna arriva invece la condanna di Julie Bindel, nota femminista inglese, fondatrice di «Justice for Women». Dopo il caso di Gammy, il bambino nato in Thailandia da utero in affitto e rifiutato dalla coppia committente perché Down, la Bindel ha scritto un durissimo intervento sul Guardian: «La maternità surrogata commerciale favorisce sfruttamento, abuso e povertà».
Questa, infine, è anche la tesi che due esponenti del movimento femminista italiano, Alessandra Di Pietro e Paola Tavella, hanno esposto qualche tempo fa nel loro libro Madri selvagge. Contro la tecnorapina del corpo femminile. Libro fuori dal coro, così estraneo al loro giro politico-culturale, da far scattare la critica feroce da parte del femminismo politicamente corretto. «Le biotecnologie riproduttive e la nuova eugenetica», scrivono le due, «separano le donne dal loro potere procreativo che con amore e saggezza ha protetto la specie, garantito e accettato la sua varietà»…. «il ventre materno è diventato campo di sperimentazione e il luogo di esercizio del potere tecnoscientifico per eccellenza». E denunciano il «marketing strepitoso che oggi pone il figlio come qualsiasi altro bene di consumo». Bambino selezionato, sano, bello, s'intende. Alessandra e Paola, che hanno concepito i loro figli nel piacere, partorito nel dolore e nel sangue, si chiedono provocatoriamente: «E se in futuro si vergognassero di noi, le loro madri selvagge? Se ci rimproverassero di averli fatti nascere come umani, non selezionati, non diagnosticati, non testati»? Già. Ecco il il nuovo mondo già immaginato da Huxley: un futuro dove i figli naturali chiederanno il risarcimento biologico per essere stati discriminati rispetto ai figli nati in provetta. L’amore selvaggio e imperfetto contro la perfezione chimica ed eugenetica: è proprio di questo che stiamo parlando.