Una società di padri senza Dio, ecco la serie Adolescence
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Sta spopolando la serie tv britannica che scruta i disagi e le violenze del mondo dell’adolescenza e il rapporto con la figura paterna. La diagnosi di Adolescence è perfetta, ma non si dà la terapia. Ai padri della nostra società postmoderna manca il rapporto con il Padre eterno.

È un dramma e non è un giallo. 66,3 milioni di visualizzazioni in 11 giorni. Si tratta di Adolescence, serie tv britannica in onda sulla piattaforma Netflix. Il tredicenne Jamie Miller viene accusato di aver ucciso la coetanea Katie Leonard. Dieci minuti prima che si chiuda la prima puntata scopriamo che è vero: sì, è stato lui. Tutto qui. Oltre alla banalità del male a volte esiste anche la brevità del male che però è capace di riverberare i suoi effetti in profondità e a lungo.
Gli sceneggiatori Jack Thorne e Stephen Graham, che è anche il convincente interprete del padre di Jamie, hanno usato una vicenda iperbolica – un ragazzino che uccide una ragazzina – come lente d’ingrandimento per scrutare il mondo dell’adolescenza e il rapporto con la figura paterna.
Il cuore di questa serie è comprendere perché i ragazzi siano chiusi, violenti, incomprensibili, assenti, distanti e ribelli, insomma perché siano adolescenti. Thorne spiega al quotidiano The Guardian che Jamie «è il prodotto di genitori che non hanno visto, una scuola a cui non è importato nulla e un cervello che non l'ha fermato», oltre ai condizionamenti sociali, in specie Internet.
Partiamo dai genitori. L’idea dei creatori di Adolescence non è quella di gettare la croce addosso a questi. Il padre e la madre di Jamie sono persone equilibrate, prive di vizi, amorevoli con i figli, presenti, solide nel loro carattere. Così anche la sorella maggiore di Jamie. Quest’ultimo non ha subito abusi o traumi. Una famiglia, come si dice, normale. Ma, come ha accennato Thorne, non si sono accorti che in Jamie stava crescendo la mala pianta dell’odio, una disattenzione però non interamente a loro addebitabile: questi adolescenti sono indecifrabili come i codici che usano i ragazzi sui social per comunicare. È un’altra lingua, rivelatrice di un’altra cultura, di un altro mondo.
Adolescence è una serie sugli adolescenti e sui padri. Non sulle madri. Perché? Perché Jamie è maschio, anzi è un piccolo uomo mancato. Nelle quattro puntate – tutte girate in un vorticoso e vertiginoso unico piano sequenza – vi sono due figure paterne, entrambe positive, entrambi sui 50 anni: Eddie, il padre di Jamie, e Luke Bascombe, il detective incaricato del caso nonché padre di Adam che frequenta la stessa scuola di Jamie. Eddie e Luke sono virili, muscolosi, forti nell’aspetto e nelle scelte, decisi e risoluti. Come sono invece Jamie e Adam? Gracili (Jamie pare che abbia 10 anni), deboli (quando Jamie viene arrestato si urina nei pantaloni), esclusi dai compagni, bullizzati. Jamie, parlando con la psicologa, rivela che il padre si girava dall’altra parte quando, giocando a calcio, dava prova della propria inadeguatezza con il pallone. E inadeguatezza è la parola chiave. Jamie sa di essere la brutta copia di suo padre. Attenzione al particolare: Eddie ha conosciuto la madre di Jamie quando aveva 13 anni, la stessa età di Jamie quando ha ucciso la compagna. Jamie cerca l’approvazione del padre, il suo affetto, la sua stima e questi non delude, eppure nel confronto accesissimo e vibrante con la psicologa Jamie affranto ammette: «Sono brutto, il più brutto», pur non essendolo. Qui è la chiave di interpretazione più profonda di questa pellicola: in quel “brutto” c’è la distanza che lo separa dal modello paterno e dunque quel “brutto” certifica la mancanza di accettazione di sé, il rifiuto di sé, non tanto della propria identità, ma della percezione della stessa. Da qui l’odio, profondo, radicale, assoluto, accecante e devastante per sé e per gli altri, i compagni “riusciti” e le ragazze.
L’ammissione di non accettazione di sé stesso ci conduce all’analisi di un altro fattore che ha armato di un coltello la giovanissima mano di Jamie: il contesto sociale. Soprattutto Internet. Adam spiega al padre detective il movente dell’omicidio. Jamie è considerato dai suoi compagni un “incel”, termine che sta per “involontariamente celibe”: maschi che non hanno relazioni né romantiche né sessuali e non sono capaci di averle. Gli incel si ritrovano online e sono fautori di un’ideologia chiamata “Red Pill”. Il riferimento è alla famosa pillola rossa del film Matrix, che simboleggia il risveglio, il prendere coscienza della realtà e della propria condizione. La Red Pill degli incel insegna che vi sarebbero fattori genetici, evolutivi e ambientali che fanno sì che – come spiega sempre Adam al padre – l’80% delle donne siano attratte dal 20% degli uomini Chad, ossia uomini avvenenti, brillanti, sicuri di sé, virili, che ce l’hanno fatta (principio che si rifà in qualche modo a quello di Pareto in cui l’80% degli effetti proviene dal 20% delle cause).
Questa rappresentazione distorta della realtà porta alla misoginia e alla misandria: gli incel odiano le donne e gli uomini Chad. La mancanza di autostima di Jamie ha intercettato sul web questa comunità di incel, chiamata manosphere: siti, blog, forum, chat in cui gli incel più si commiserano più s’incattiviscono inneggiando alla violenza. Una reazione irragionevole alla cultura woke che vede il maschio come essere tossico e alla cultura femminista che ha ridotto il maschio ad un ruolo comprimario, perché debole e sentimentale. Il cerino cade sulla benzina quando Kate prende in giro pubblicamente, su Instagram, Jamie dicendogli che è un incel. Subito dopo il ragazzo la pedina e l’accoltella per ben sette volte.
Lo sceneggiatore Thorne così commenta: «lui viene da un ambiente buono, come me; è un ragazzo intelligente, come lo ero io. La differenza fondamentale tra noi? Lui aveva Internet». L’altro sceneggiatore, Stephen Graham, si spinge a dire che la serie «parla di un problema universale più grande, che è l'alienazione». Jamie vive in un mondo virtuale, dissociato dalla realtà, alienato dalla verità delle cose, delle relazioni, degli affetti. Il mondo artefatto di Internet ha sostituito quello reale e così il ragazzo crede veramente alle teorie della Red Pill e crede veramente di essere un fallito. Un fallito che però troverà redenzione quando, nell’ultima puntata, si dichiarerà colpevole: è finalmente l’accettazione della realtà, della sua responsabilità e dunque di sé stesso. L’ammissione di colpevolezza segna il passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta.
Thorne correttamente indica nella libertà uno dei motivi per cui Jamie ha ucciso. È un’affermazione contromano perché, così si predica, se un adolescente uccide la colpa in genere è della società o dei genitori. La serie invece non cerca alibi: Jamie ha voluto cercare alcuni contenuti sul web, ha voluto non opporsi a certe suggestioni, ha voluto frequentare certe amicizie (un suo amico gli fornirà il coltello), non ha voluto parlare con i genitori dei suoi problemi e infine ha pianificato e voluto la morte di Kate. Potete essere i migliori genitori sulla faccia della Terra ma esisterà sempre la variabile “libertà” che potrà compromettere ogni vostro sforzo. Adamo ed Eva avevano un Padre perfetto eppure…
Non sono tutte rose però per questa serie. La spina più acuminata è la mancanza di una soluzione a questo dramma, di una risoluzione al problema. Perfetta la diagnosi, manca la terapia. Uno studio del 2013 del Pew Research Center ci informa che i padri di una dozzina di anni fa dedicavano ai figli il triplo del tempo rispetto ai padri di sessanta anni fa. Ma qual è la qualità di questo tempo? Ossia: cosa trasmettono ai figli in tutto questo tempo? Eddie, lo abbiamo detto e lo ha confermato Jamie alla psicologa, è un padre attento e presente. Ma questa presenza da quali contenuti è caratterizzata? Probabilmente Eddie è uno dei migliori tra i peggiori. Vogliamo dire che ha dato ciò che ha potuto dare, ciò che ha ricevuto in quest’epoca di deserto e miseria culturale. Quest’uomo di 50 anni gli ha trasmesso la cultura della postmodernità, che è assolutista, ossia sganciata dalla storia (nessuna radice nel passato), sganciata dalla natura umana (nessuna legge morale), sganciata dalla trascendenza (nessun Dio). Non aveva altro da dargli e infatti la serie termina con queste ultime e amare parole del padre rivolte al peluche di Jamie: «Mi dispiace ragazzo. Avrei potuto fare meglio». Ma non sa nemmeno lui – e insieme a lui gli autori – cosa sia quel meglio, perché a lui sconosciuto. E se non lo sai, potrai essere anche il padre più amorevole e presente del mondo ma servirà a poco.
Allora la terapia, per nulla facile, è tornare a riconnettersi con la tradizione personale, familiare e culturale, con la realtà delle cose che rimanda ad una morale oggettiva e soprattutto con Dio. Perché senza Padre non si è padri.