Una nuova forma di fascismo: svegliamoci
Le linee guida per i giornalisti sono un fatto gravissimo, ma che nasce dalla Strategia nazionale anti-omofobia varata dal ministro Fornero nell'indifferenza di tutti gli altri ministri. E anche dei media cattolici.
Su questo quotidiano online non è mai stata scritta una sola parola che mancasse di rispetto a una qualsiasi persona omosessuale per il fatto di essere tale; né tanto meno si è incitato a dileggiare, umiliare o a compiere violenze ai danni di persone omosessuali. Eppure già dai prossimi giorni rischiamo il deferimento all’Ordine dei Giornalisti per omofobia e – se passasse la legge anti-omofobia attualmente in discussione al Senato – anche la galera. Il motivo lo leggete nell’esauriente articolo di Massimo Introvigne: l’Unar, l’ufficio antidiscriminazioni posto presso il Dipartimento Pari Opportunità, insieme all’Ordine dei giornalisti ha emanato delle “Linee Guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT”, che colpiscono tutti quei giornalisti – noi, ad esempio – che sostengono che l’unica famiglia sia quella naturale.
Il fatto è di una gravità inaudita e dovrebbe provocare il sollevamento dell’intera categoria, cosa che però non avverrà tanto il conformismo è già penetrato nelle redazioni. Non era comunque mai successo che l’Ordine dei Giornalisti fosse parte attiva di un progetto per limitare fortemente la libertà di stampa.
Quel che sta avvenendo ricorda molto da vicino il periodo delle leggi “fascistissime”, ovvero quelle normative emanate da Mussolini tra il 1925 e il 1926 che trasformarono l’Italia in una vera e propria dittatura. Anche ora tra una legge, un regolamento, una sentenza e delle linee guida si sta arrivando rapidamente all’instaurazione di una dittatura.
Il documento che vi presentiamo oggi non è un fulmine a ciel sereno né un episodio isolato, è semplicemente l’attuazione della “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’ideologia di genere”, preparata sempre dall’Unar e varata la scorsa primavera dal ministro Fornero. Di questa strategia siamo stati praticamente gli unici a parlare, lanciando l’allarme: che scuola, mondo del lavoro e giornalisti fossero gli obiettivi era già dichiarato e non ci voleva molto a capire che presto si sarebbe arrivati a cose tipo queste Linee guida per giornalisti. E purtroppo non abbiamo ancora visto tutto.
Ricordavamo allora che la Strategia è un programma che nasce da una Raccomandazione del Consiglio d’Europa ma che è proposto su base volontaria, tanto che sono pochissimi gli Stati che hanno pensato di attuarlo. E’ stata l’allora ministro Elsa Fornero (governo Monti) a vararla molto discretamente, così discretamente da agevolare coloro che davanti a queste iniziative prediligono il silenzio. Ci chiedevamo allora se ci fosse qualcuno nel governo capace di porre un freno a questa deriva: il programma è su base volontaria perciò il nostro paese potrebbe sospenderlo o abbandonarlo in qualsiasi momento senza alcun problema. Ma non c’è stato allora alcun ministro a muoversi, né se ne sono visti nei mesi successivi.
Ma oggi di fronte a quanto sta accadendo, alle conseguenze ormai evidenti di quella sciagurata iniziativa, ripetiamo la domanda: ci sarà in questo governo qualche ministro capace di opporsi a questa deriva, nella convinzione che questa opera di distruzione della famiglia finirà di distruggere la nostra società?
Ovviamente non è un problema solo di ministri: dal Parlamento possiamo aspettarci che si alzino voci che chiedano di porre fine a questa follia ideologica che minaccia la libertà di tutti.
Ma anche dalla società civile e dalla stampa ci si aspetta una reazione. Soprattutto da quei media cattolici a cui tanto piace accreditarsi come difensori della vita e della famiglia, salvo poi scomparire nei momenti importanti, in cui si decide davvero il futuro. Se volete è un bell’esempio di come funzioni la lobby gay nella Chiesa. Si fanno sempre proclami a favore dell’unica famiglia naturale, magari anche qualche polemica, ma in momenti in cui sicuramente non producono effetti. Poi quando ci sono questioni molto concrete da affrontare – proposte di legge, programmi come quello di cui stiamo discutendo e così via – ecco che si chiudono gli occhi, oppure si fanno proposte concilianti o se proprio non si può fare a meno di parlarne in termini critici non gli si dà mai uno spazio eccessivo, ci sarà sempre qualcosa di più importante e urgente da affrontare. Salvo poi tornare a strepitare quando è ormai troppo tardi per cambiare le cose. La battaglia di principio (cattolica) è salva, le norme pro-gay pure.
Nella fattispecie, come è possibile che in tutti questi mesi i “grandi” giornali e riviste cattoliche non si siano accorti degli sconvolgenti contenuti della Strategia Nazionale e delle sue drammatiche conseguenze? Eppure il documento era noto, qualcuno o alcuni collegialmente hanno deciso che non bisognava parlarne.
E vedremo se riusciranno a dire qualcosa almeno sulle Linee guida per i giornalisti.