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Islam

Una nuova condanna a morte per blasfemia in Pakistan

Un Pastore protestante è stato condannato alla pena capitale con l’accusa di aver diffuso messaggi via cellulare offensivi nei confronti della madre di maometto

 

Un Pastore protestante, Zafar Bhatti, è stato condannato a morte per blasfemia in Pakistan. La condanna è stata pronunciata il 3 gennaio da un tribunale di Rawalpindi. L’accusa è di aver pubblicato tramite cellulare dei messaggi contenenti espressioni offensive contro la madre del profeta Maometto. La denuncia, di cui si ignora l’autore, risale al 2012. Da allora Zafar è stato in carcere dove ha subito maltrattamenti e torture per indurlo a confessare. Nel 2017 era stato condannato all’ergastolo. Nel giugno del 2021 la sentenza è stata confermata da un giudice del tribunale di Rawalpindi. Il ricorso presentato dai legali di Zafar è stato più volte rimandato e infine è arrivata la nuova condanna, alla pena capitale. Zafar si è sempre dichiarato innocente. La sim card del cellulare usato per inviare i messaggi è risultata appartenere a una donna musulmana, Ghazala Khan, che è stata anche lei denunciata, liberata su cauzione nel 2013. La donna nel frattempo è deceduta. Zafar sembra che abbia avuto da lei il cellulare. È certo che la Sim card non è stata attivata da lui perché in Pakistan per motivi di sicurezza le Sim card devono essere attivate a voce e la compagnia telefonica ha dichiarato che la voce che l’ha attivata non è la sua. Nel primo rapporto delle autorità che si sono occupate del caso si dice che quando il telefono è stato sequestrato a Zafar non conteneva messaggi offensivi. Quelli in seguito attribuiti al Pastore sono in inglese e questo dovrebbe bastare ad assolverlo dal momento che lui non parla inglese. La moglie di Zafar sostiene che molti musulmani erano arrabbiati per la rapidità con cui la sua Chiesa stava crescendo e ritiene che lo abbiano denunciato per fermarlo. Alla brutta notizia se ne accompagna una buona. Il 5 gennaio un altro cristiano, Nadeem Samson, accusato nel 2017 di blasfemia ha ottenuto se non altro la libertà su cauzione. L’accusa nel suo caso è di aver creato un falso account Facebook e di avervi pubblicato contenuti blasfemi. La libertà su cauzione può essere considerata un passo avanti incoraggiante perché di solito i tribunali pakistani non la concedono nei casi di blasfemia.