Una legge per mettere in galera chi vuole curare i bambini a non diventare gay
Carcere fino a due anni. Multe fino a 50.000 euro. Sospensione per cinque anni dall'ordine professionale e confisca delle attrezzature per «chiunque faccia uso su soggetti minorenni di pratiche rivolte alla conversione dell'orientamento sessuale» Nel mirino psichiatri, psicologi, psicoterapeuti, consulenti, assistenti sociali, educatori e pedagogisti. Lo prevede il disegno di legge del Pd, firmato Sergio Lo Giudice e Monica Cirinnà.
Luca – nome di fantasia – è un maschietto che a 13 anni scrive a mamma e papà raccontando loro di sentirsi una femminuccia. I genitori decidono di assecondare il suo desiderio di “diventare” Lucia e quindi entra in psicoterapia, prende dei farmaci per bloccare il testosterone (per essere meno uomo) ed altri a base di estrogeni (per essere più donna). Intanto inizia a vestirsi da femminuccia.
Poi il febbraio scorso, quando Luca ha 16 anni, viene presentata richiesta presso il Tribunale di Roma per la rettificazione sessuale. Qualche giorno fa la sentenza che autorizza il ragazzino «a sottoporsi a trattamento medico-chirurgico per l’adeguamento dei caratteri sessuali da maschili a femminili» e «ordina […] la rettifica degli atti di stato civile in riferimento al sesso (da maschile a femminile) e al nome». É la prima volta che in Italia un minorenne è autorizzato dal giudice a cambiare sesso.
Un nota bene. Non sappiamo se al momento della nascita del bambino il medico abbia sbagliato l’attribuzione del sesso (a motivo di alcune patologie non immediatamente evidenti a volte può succedere) oppure Luca era davvero geneticamente Luca. Nel primo caso la rettificazione sessuale potrebbe essere lecita sotto il profilo morale e dunque legittima nella prospettiva giuridica. C’è però da aggiungere che, dal racconto che Luca stesso ne fa, pare vera la seconda ipotesi, dato che non accenna a particolari anomalie fisiche o genetiche riscontrate.
Se la transessualità minorile è entrata nel nostro Paese per via giurisprudenziale, in Spagna è invece vigente grazie alla legge. Un normativa varata il 21 marzo scorso dal presidente della Comunità autonoma di Madrid Cristina Cifuentes, dal titolo “Legge sull’identità e l’espressione di genere, sull’uguaglianza sociale e sulla non discriminazione”, ha novellato in direzione assai più liberal la precedente legge del 2012 sulla rettificazione sessuale. Cifuentes, che ha licenziato di recente anche una legge sulla cosiddetta “omofobia” cioè a danno della libertà di espressione e di religione, è riuscita a promulgare una normativa – valida solo per la Comunità di Madrid - che oltre a punire severamente chi contesta la gender theory sull’identità psicologica sessuale («se sei maschio ti devi comportare da maschio» è affermazione ora dai profili criminali nella capitale spagnola), ha introdotto anche la possibilità che un minore “cambi” sesso.
«Le persone trans minori di età hanno il diritto a ricevere il trattamento medico opportuno relativo alla loro transessualità», dichiara la legge all’art. 6. Per la neo-legge il cambio di sesso può portare il minore, come ovviamente il maggiore di età, a diventare maschio, femmina oppure intersessuale. Insomma né carne né pesce dal punto di vista sessuale. Più in particolare, continua il testo di legge all’art. 14, «i minori trans avranno diritto: a) a ricevere un trattamento per il blocco ormonale all’inizio della pubertà […] per evitare lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari non desiderati; b) e a ricevere un trattamento ormonale , fissato nel momento adatto della pubertà, per favorire il fatto che il suo sviluppo fisico corrisponda a quello delle persone della sua età, al fine di propiziare lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari desiderati». Interessante quest’ultima nota: che il dottore non faccia spuntare un paio di seni ad un bambino di 6 anni, mi raccomando.
Arriviamo poi ad un altro punto critico: il ruolo dei genitori. Dopo aver chiarito che tale procedura deve essere approvata dai genitori o da chi ha la rappresentanza legale del minore, si aggiunge però che «a fronte del rifiuto dei genitori o tutori ad autorizzare i trattamenti relativi alla transessualità o la decisione di sottoporsi ad un trattamento che inizi lo sviluppo ormonale, si potrà ricorrere all’autorità giudiziaria quando si constati che [il rifiuto] può causare un grave pregiudizio o sofferenza al minore. In ogni caso si farà riferimento al criterio del superiore interesse del minore». (art. 14 comma 3).
Questo articolo 14 pare la fotocopia del nostrano art. 12 legge 194 sull’aborto, laddove prevede che se i genitori non sono d’accordo sulla scelta abortiva della figlia minore, il consultorio può redigere relazione da consegnarsi al giudice minorile, il quale poi deciderà il da farsi. L’ “interesse del minore” poi è stato il cavallo di battaglia usato dai nostri giudici per sdoganare la stepchild adoption a favore di coppie gay. Tutto torna. In breve: se il minore spagnolo decide di cambiare sesso nessuno ci deve mettere becco. Non solo i genitori, ma anche gli specialisti.
E qui torniamo in Italia con il disegno di legge n. 2402 dal titolo “Norme di contrasto alle terapie di conversione dell’orientamento sessuale dei minori”, depositato in Senato il 14 luglio scorso e che vede come primo firmatario il senatore Sergio Lo Giudice (Pd) – “sposato” ad Oslo con il compagno Michele e “padre” di un bambino avuto con la pratica dell’utero in affitto – e a seguire altri politici tra cui la sinistra Monica Cirinnà (Pd), autrice della legge sulle unioni civili. All’art. 2 del ddl si può leggere: «Chiunque, esercitando la pratica di psicologo, medico psichiatra, psicoterapeuta, terapeuta, consulente clinico, counsellor, consulente psicologico, assistente sociale, educatore o pedagogista faccia uso su soggetti minorenni di pratiche rivolte alla conversione dell’orientamento sessuale è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da 10.000 euro a 50.000 euro».
Cosa si intende per «conversione dell’orientamento sessuale»? Ce lo spiega l’articolo 1 comma 1: «Ai sensi della presente legge, per “conversione dell’orientamento sessuale” si intende ogni pratica finalizzata a modificare l’orientamento sessuale di un individuo, inclusi i tentativi di cambiare i comportamenti o le espressioni di genere ovvero di eliminare o ridurre l’attrazione emotiva, affettiva o sessuale verso individui dello stesso sesso, di sesso diverso o di entrambi i sessi. La definizione di cui al primo periodo si intende riferita anche agli interventi noti come “terapie reparative”».
In breve, se il disegno di legge verrà approvato, potrà finire in galera lo psicoterapeuta che accoglie nel suo studio un minore che presenta orientamenti omosessuali e asseconda la richiesta dei genitori volta a mutare l’orientamento sessuale del figlio. Finirà dietro le sbarre anche nel caso in cui l’omosessualità del minore è egodistonica, cioè non voluta dal minore stesso e percepita da lui come una gabbia da cui fuggire. Sul punto è esplicito l’articolo 1 comma 2: «L’espressione “conversione dell’orientamento sessuale” […] non comprende gli interventi che favoriscano l’auto-accettazione, il sostegno, l’esplorazione e la comprensione di sé da parte dei pazienti senza cercare di cambiare il loro orientamento sessuale».
Questo comma, quindi, indica come unico intervento non sanzionabile del professionista quello che andrebbe a convalidare l’orientamento sessuale percepito dal minore, seppur rifiutato dal bambino stesso. Il ddl non fa dunque distinzione tra omosessualità accettata e subita. Da qui tre domande: dove è finita la libertà di ricerca, di cura e di esercizio della professione medica? In secondo luogo: dove è finita la libertà di educazione dei genitori? Soprattutto in quella fase di età in cui i turbamenti sul proprio orientamento non devono essere supinamente assecondati ma indirizzati, corretti ed illuminati? Terza domanda: se la libertà dell’individuo è esaltata dalla gender theory perché non riferirsi a questa stessa libertà quando il minore (ed anche il maggiorenne) vuole uscire dalla propria condizione di omosessuale?
La risposta data dal disegno di legge è la seguente: «Fattori come il sentimento religioso, il conservatorismo politico e una scarsa conoscenza delle persone lesbiche, gay, bisessuali o transessuali si traducono in atteggiamenti omonegativi che possono essere riscontrati anche tra psicologi o psichiatri». Se tu mamma non accetti l’idea che tuo figlio sia gay sei “omonegativa” e se tu psicologo consideri l’omosessualità strada sicura verso l’infelicità significa che o fai parte della schiera dei baciapile cattolici oppure sei di destra, ma di certo non sei un professionista serio. In un caso come in un altro meriti la galera.
L’omosessualità e la transessualità sono quindi dogmi morali assolutamente veri e da imporre sempre e comunque anche nella tenera età, poco importando che la crescita psicologica sessuale dei bambini e degli adolescenti è come canna al vento che spesso si piega a qualsiasi refolo provocato da un disagio in famiglia, a scuola, tra gli amici, se non, inutile a dirlo, da un campagna massmediatica ideologica a senso unico.