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BANCO ALIMENTARE

Una colletta per donare il cibo a milioni di affamati

Sabato, colletta straordinaria del Banco Alimentare, per colmare un momento di crisi. Ci sono 8,5 milioni di italiani alla fame, quasi 5 milioni in condizioni di povertà assoluta. E proprio ora i meccanismi europei di aiuti alimentari si sono inceppati.

Economia 13_06_2014
Banco Alimentare

Il Banco Alimentare esiste dal 1989, per raccogliere prodotti alimentari da donatori volontari e ridistribuirlo ai bisognosi. Oggi i bisognosi sono molti di più, ma il cibo a disposizione è molto meno. E per la prima volta in 25 anni di storia, il Banco Alimentare deve organizzare una colletta straordinaria, o “Stracolletta”, domani sabato 14 giugno.

Il cibo manca, perché esiste, prima di tutto, un problema di organizzazione. Un problema europeo, non solo italiano. L’Agea era l’agenzia italiana che si occupava dei rifornimenti alimentari, in base al programma europeo (Pead) di aiuto agli indigenti. Aiuti che arrivavano non solo al Banco Alimentare, ma anche Associazione Sempre Insieme per la pace, Caritas italiana, Comunità di Sant’Egidio, Croce Rossa Italiana, Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli e Fondazione Banco delle Opere di Carità. Finora aveva funzionato molto bene, ma il 31 dicembre ha chiuso i battenti il programma Pead, non tanto per decisione politica, quanto perché sono esaurite le scorte di prodotti eccedenti su cui si fondava. Come raramente accade per le burocrazie e le agenzie pubbliche, le testimonianze degli operatori del settore ne parlavano bene, come di un ente efficiente e scrupoloso nei controlli: ogni pacco alimentare timbrato Agea doveva essere destinato a uno specifico nome. L’Unione Europea non lascerà scoperti gli indigenti per sempre. Ha già provveduto a sostituire il Pead, con un altro programma, il Fead, che sarà più elastico e lascerà ai singoli stati membri la decisione su come destinare gli aiuti, se sempre in alimenti o in altri beni di prima necessità. Una cosa è certa, però: il periodo di interregno è caratterizzato dall’incertezza più completa e gli enti caritativi locali hanno raschiato il fondo delle riserve. Chi opera nel settore non ha alcuna idea di come e quando verrà organizzata la distribuzione degli aiuti, a livello nazionale ed europeo. E a complicare le cose è stato il cambio di governo, che ha portato al consueto periodo di impasse e riorganizzazione di tutte le attività dipendenti dal pubblico sul suolo italiano.

Questo momento di interregno da un sistema all’altro, è cascato proprio nel mezzo della peggior crisi alimentare della storia italiana recente. Abbiamo infatti 8 milioni e mezzo di persone che non possono permettersi un’alimentazione degna di questo nome. Secondo l’ultimo rapporto Istat, infatti, il 14,3% dei residenti in Italia non riesce a permettersi un pasto adeguato nell’arco di due giorni. Di questi 8 milioni e mezzo, sempre secondo Istat, circa 4,8 milioni vivono in una condizione di “povertà assoluta”, cioè hanno difficoltà a reperire il “paniere di sopravvivenza («beni e servizi essenziali, in modo da conseguire uno standard di vita minimamente accettabile» secondo la definizione dell’Istat). Affidarsi alle donazioni volontarie è diventato più difficile, proprio per l’abbassamento generale del tenore di vita, che induce le famiglie a donare meno e a conservare più cibo per sé, oltre che a risparmiare sulla stessa spesa.

Eppure c’è spazio anche per gli sprechi. Il Banco Alimentare calcola che l’equivalente di 12,3 miliardi (non milioni, ma: miliardi) di euro di cibo vengono sprecati ogni anno. Si parla anche di agricoltori che distruggono i loro raccolti in massa, se risultano anti-economici. Nel programma La Gabbia  su La7, il 4 giugno scorso, abbiamo visto un agricoltore all’opera, distruggere casse su casse di melanzane, perché anti-economiche. L’agricoltore dava tutta la colpa all’Ue e alle sue regole, rea di “permettere la concorrenza”, dunque di abbassare i prezzi (e quindi di rendere il cibo più accessibile anche ai meno abbienti...). Piuttosto che vendere sottocosto, quell’agricoltore preferiva distruggere tutto. Il Banco Alimentare serve proprio a raccogliere quel che non si vuol vendere: piuttosto che distruggere, meglio regalare agli affamati.