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NIGERIA E PAKISTAN

Una catena di massacri firmati dagli estremisti islamici

Settantotto studenti sorpresi nel sonno e massacrati in Nigeria dai terroristi di Boko Haram. E in Pakistan un'autobomba fa strage in un popolare bazar di Peshawar. Sono gli ultimi, gravi episodi di una lunga scia di sangue.

Esteri 30_09_2013
Autobomba a Peshawar

Il terrorismo islamico ha colpito di nuovo duramente in Nigeria e in Pakistan, due paesi già funestati dai gravissimi attentati dei giorni scorsi. In Nigeria questa volta Boko Haram ha preso di mira il campus universitario di Gujba, nello stato nordorientale di Yobe. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre un commando ha attaccato i dormitori maschili del college di agricoltura sorprendendo gli studenti nel sonno. Stando a un primo bilancio provvisorio, ne ha uccisi 78 e i feriti sono forse 18. Secondo alcuni sopravvissuti, i terroristi sembravano conoscere bene la struttura del campus.

Non è la prima volta che Boko Haram infierisce su studenti e insegnanti. “Boko”, dall’inglese “book”, è il termine con cui si indica l’alfabeto latino divenuto nel 1930 l’alfabeto ufficiale della lingua Hausa che invece, in origine, veniva scritta usando quello arabo. “Haram” in arabo significa proibito, vietato. Dunque Boko Haram vuol dire: “vietato l’alfabeto latino”, ovvero “la cultura occidentale è proibita”. Molti istituti scolastici in effetti hanno chiuso i battenti negli stati del Nord della Nigeria a maggioranza islamica in seguito ai numerosi attentati.

In Pakistan, a Peshawar, una autobomba è esplosa domenica 29 settembre nel Qissa Khwani Bazar, il mercato più frequentato della città, uccidendo 42 persone, inclusi sei bambini, e ferendone un centinaio. Dai primi accertamenti, l’automobile conteneva almeno 200 chilogrammi di esplosivo.

Le nuove vittime si aggiungono in Nigeria ai 160 morti del 17 settembre, uccisi da Boko Haram a Benisheikh, un villaggio nello stato nordorientale di Borno, mentre in Pakistan continua a salire il numero dei morti – ormai più di 80 – causati dall’attentato kamikaze del 22 settembre contro la chiesa di Ognissanti di Peshawar, rivendicato dai talebani del Tehrik-e-Taleban Pakistan.

La conta delle perdite umane sale ancora in entrambi i paesi se si considerano quelle provocate nel frattempo da altri attentati, a mala pena riportati dai mass media internazionali perché meno clamorosi.

In Nigeria il 25 settembre Boko Haram ha attaccato il villaggio di Fulatari, a circa 130 chilometri da Maiduguri, capitale dello stato nordorientale di Borno e roccaforte dei terroristi. Il bilancio è stato di sei morti. Il giorno successivo è toccato al vicino villaggio di Kunumburi dove un commando ha ucciso 21 abitanti, compreso il capo villaggio. La maggior parte delle vittime sia a Fulatari che a Kunumburi erano commercianti locali e giovani volontari arruolati nelle milizie civili create per sostenere l’esercito nella sua offensiva contro i terroristi. Infine, il 28 settembre, all’alba, Boko Haram ha assalito Zangang, un villaggio situato nello stato centrosettentrionale di Kaduna già attaccato tre volte dall’inizio dell’anno. Qui i terroristi hanno incendiato diverse case seminando la morte. Dopo la loro partenza, le autorità hanno rinvenuto 11 cadaveri. Mancavano però all’appello diversi abitanti: forse sepolti tra le macerie delle loro abitazioni o forse nascosti nei dintorni del villaggio temendo nuove aggressioni. 

Quanto al Pakistan, il 27 settembre un pullman è stato investito da una forte esplosione mentre transitava nei pressi di Peshawar. Secondo la polizia locale, l’ordigno esplosivo molto probabilmente era nascosto sul mezzo stesso. Le vittime tra i passeggeri che viaggiavano sul pullman – tutti dipendenti statali che si stavano recando al lavoro – sono 17 e oltre 50 i feriti. Il giorno successivo tre poliziotti sono morti in un agguato teso da un gruppo armato nella provincia del Baluchistan, colpita il 24 settembre e quel giorno stesso da due violentissime scosse di terremoto. Si ritiene che gli autori dell’attentato siano i separatisti che rivendicano la secessione della regione.

Il lutto per le oltre 500 le vittime del sisma dunque non ha fermato i terroristi e neanche l’emergenza umanitaria creatasi. L’esercito e le autorità pakistani avevano lanciato appelli affinché non venisse ostacolato lo svolgimento delle già difficili operazioni di soccorso: “molta gente morirà di fame se gli attacchi continuano” ha dichiarato il 26 settembre durante una conferenza stampa un portavoce del governo provinciale del Baluchistan. Il giorno successivo dei miliziani a bordo di alcune auto hanno addirittura aperto il fuoco contro due elicotteri che stavano atterrando a Mashkay, nel distretto di Awaran epicentro del terremoto, per portare aiuto ai senzatetto.