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STORIE DI VITA

Una casa piovuta dal Cielo

Chiara e Matteo: lei commessa nel negozio dei genitori, lui disoccupato. Vorrebbero tenere il loro bambino ma sono forzati all'aborto dai genitori di lei. E come poter resistere se non hanno neanche i soldi per una casa in cui vivere insieme?

Editoriali 29_03_2014
Madre

Essere presente al Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli, è per me una delle meravigliose avventure che mi è stato dato di vivere. Eccomi, dunque, nella mia stanza pronta a ricevere chi vorrà venirmi a trovare. Proprio per la particolarità del nostro lavoro, noi riceviamo le persone senza appuntamento. Non sapremo mai, infatti, quando l’ansia attanaglierà la donna che sta per compiere il gesto tragico dell’interruzione della sua gravidanza.

E’ una mattina grigia e un po’ rigida quella in cui arriva Chiara. Con lei c’è il suo compagno Matteo, padre del bambino che Chiara aspetta da quasi due mesi. “Sono venuta per informarmi su ciò che serve per andare ad abortire e ho incontrato una signora che, nel darmi l’informazione, mi ha proposto un colloquio di riflessione con voi”.

Proprio per questo motivo, il CAV mette a disposizione dell’ospedale, una nostra operatrice, Giulia, che quando viene interpellata sulla dislocazione della segreteria della 194, invita le persone a recarsi da noi per riflettere insieme.

“Ben arrivati, quindi!  E’ freddo oggi, posso offrirvi un caffè?”
Sembrano meravigliati, Chiara e Matteo; si guardano come a dire ‘dove siamo capitati’, poi accettano leggermente intimiditi. Anche il clima diventa più caldo e meno formale.  Serve, quando si deve iniziare a parlare di sé!

“Stavate cercando di raggiungere la stanza della 194, vuol dire che c’è un problema di gravidanza”.
“Sì, è proprio così.  Noi non viviamo insieme. Abito con i miei genitori per i quali anche lavoro, come commessa, e mi hanno già detto che devo assolutamente disfarmi di questo bambino.”

Penso alla gioia che mi regalano i miei nipotini e mi chiedo come possa, una probabile futura nonna, spingere la figlia a interrompere la gravidanza. Chiara non è giovanissima, ha ventotto anni, e la sua mamma dovrebbe avere l’età giusta per fare la nonna. Perché no?

Intanto Chiara soggiunge: “Noi non viviamo insieme solo perché non abbiamo una casa dove stare ma ci vogliamo bene anche se ogni tanto litighiamo. Matteo, purtroppo, è disoccupato perché la piccola ditta presso cui lavorava come muratore, ha dovuto chiudere. I miei genitori mi pagano con un piccolo stipendio e non ho contratto di lavoro, visto che hanno fatto la dichiarazione di impresa familiare. Chissà quando potremo stare insieme e formare la nostra famiglia!”

Mentre Chiara parla, è difficile arginarla, Matteo sta nell’angolo del divano, rintanato e silenzioso.
Mi rivolgo a lui: “Matteo, cosa dice di tutto ciò?”

Mi guarda. Poi: “Ho dieci anni più di Chiara e desidero formare la mia famiglia. Non piaccio ai suoi genitori, forse perché sono meridionale, cerco un lavoro che non trovo e, confesso, a me piacerebbe far nascere il nostro bambino. Noi, in famiglia, non siamo ricchi. Quando ci ritroviamo insieme, allunghiamo il tavolo, dividiamo quello che c’è e il clima è allegro”.

Dice tutto con voce sommessa e c’è una nota un po’ stridente nella sua voce. Cosa faccio?Interrompere questa gravidanza vorrebbe anche dire rompere questa relazione. Cosa posso offrire a queste due persone che sembra quasi si aspettino da me la soluzione. Questi dannati soldi!

So perfettamente che il CAV ha ereditato un bel bilocale che per questa coppia andrebbe benissimo. Non potrò offrirglielo perché stiamo cercando di venderlo, visto come stanno andando le nostre finanze. E quel piccolo bimbo?

“Mi permettete di fare una telefonata al nostro presidente? Si chiama Matteo, come lei, potrebbe portarci fortuna”. Impacciata a mia volta, faccio questa telefonata. “So tutto – dico subito a Matteo presidente – ma c’è un bambino che potrebbe arrivare tra noi se ospitassimo i suoi genitori in casa nostra!”

La risposta non si è fatta attendere: “Dì loro che potranno stare da noi e con tanti auguri”. Sorrido. Quando siamo lì a fare i conti, siamo sempre molto determinati: dobbiamo ridurre le spese per i pannolini, non compriamo più le carrozzine, i passeggini bastano, cerchiamo di ‘tirare i remi in barca’, vendiamo la casa, …
Poi, di fronte alla vita del piccolo bimbo, tutte le difese cadono.

Allegramente mi rivolgo a Chiara e Matteo che aspettano interrogandosi su tutto questo trambusto: “E se ci fosse una casa per voi?”
Sento la loro incredulità e svelo il mistero: “Il nostro Centro di Aiuto alla Vita ha ereditato una casa che potrebbe mettere a vostra disposizione per un anno. Voi, intanto, dovreste cercare una soluzione più definitiva, visto che il CAV dovrà impiegarla diversamente.”

“Ma quanto costa? -  si affretta a chiedere Chiara – purtroppo non abbiamo grandi entrate”. Che piacere poter rispondere: “Non costa!  Certo, il vostro bambino dovrà nascere e voi dovrete cercare di non litigare troppo, che alle mamme gravide fa male!”

Ridiamo tutti.  Spiego come avverrà l’accoglienza e qual è il nostro regolamento. “Verrà Laura a trovarvi ogni tanto.  Così sarò sicura del buon andamento della vostra coppia”. Capiscono benissimo che sto scherzando. “E’ una cosa bellissima!  Un sogno che diventa realtà!”

Ora l’atmosfera è gaia. Stanno già facendo progetti. “Faremo anche degli incontri di sostegno psicologico per imparare a diventare genitori. Sono certa che andrà tutto bene”.
Se fossimo un po’ più ricchi!