Un segno di speranza nella Gerusalemme divisa dalla guerra
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«Non abbiamo paura... Siamo i figli della luce, speriamo e crediamo nell'amore che vince su tutto». Così il Patriarca di Gerusalemme, il cardinale Pizzaballa per la processione delle Palme, con un numero ridotto di pellegrini mentre tutto intorno infuria la guerra e i cristiani pagano duramente le conseguenze di questo conflitto.

GERUSALEMME. Anche questa Pasqua, come quella dello scorso anno, sarà una Pasqua di guerra. E nonostante i timori, le difficoltà e soprattutto la paura, sono numerosi i pellegrini che non hanno voluto rinunciare ad essere presenti alla ricorrenza delle Palme, per rivivere l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme. «Questo giorno è dedicato a voi - ha detto il patriarca della Chiesa Madre, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, nel suo messaggio per la Processione delle Palme -. A voi che qui a Gerusalemme tenete viva la fiamma della fede cristiana, e sostenete la presenza di Cristo in mezzo a noi». Ma il patriarca non ha voluto dimenticare quanti non hanno potuto partecipare. «Oggi tutta la nostra diocesi, la Chiesa di Gerusalemme, è unita con noi e prega con noi – ha proseguito -. Da Gaza fino a Nazareth, da Betlemme fino a Jenin. La Giordania e Cipro pregano con noi e idealmente sono entrati con noi nella città santa, Gerusalemme».
Le autorità israeliane hanno concesso pochi permessi ai palestinesi della Cisgiordania: seimila, per una permanenza di appena una settimana. Un numero decisamente inferiore a quello degli anni precedenti. «Non dobbiamo avere paura di quanti vogliono dividere, di quanti vogliono escludere o vogliono impossessarsi dell’anima di questa città santa, perché da sempre e per sempre Gerusalemme resterà casa di preghiera per tutti i popoli, e nessuno la potrà possedere – ha proseguito il patriarca -. Come continuo a ripetere, noi apparteniamo a questa città e nessuno ci può separare dal nostro amore alla città santa, così come nessuno ci può separare dall’amore di Cristo».
Crisi economica e limitazioni alla libertà di movimento stanno colpendo pesantemente i cristiani della Palestina. «Non voglio ripetere le cose di sempre – ha proseguito Pizzaballa nel suo messaggio -. Lo sappiamo che stiamo vivendo tempi difficili. Ma non possiamo e non vogliamo fermarci solo a dire quanto duri siano questi tempi. Oggi dobbiamo ricordarci di altro, di ciò che più conta. Noi siamo qui oggi, cristiani locali e pellegrini, tutti insieme, per dire con forza che non abbiamo paura. Siamo i figli della luce e della risurrezione, della vita. Noi speriamo e crediamo nell’amore che vince su tutto».
Ai luoghi santi, come il Santo Sepolcro, la Basilica della Natività a Betlemme e la chiesa del Getsemani, dove, per una visita di pochi minuti, l’attesa poteva durare dalle due alle quattro ore, ora per l’accesso bastano pochi minuti. «Non scoraggiamoci, dunque. Non perdiamoci d’animo. Non perdiamo la speranza. E non abbiamo paura, ma alziamo lo sguardo con fiducia e rinnoviamo ancora una volta il nostro impegno sincero e concreto di pace e di unità, con salda fiducia nella potenza dell’amore di Cristo!», ha proseguito Pizzaballa.
Nella città santa, purtroppo, l’odio si avverte ovunque. Quest’anno, tra l’altro, vede cristiani e ortodossi, uniti nella medesima data, per ricordare la morte e la risurrezione di Cristo. Lo stesso per la ricorrenza della Pesach, la Pasqua ebraica, memoriale della liberazione dall’Egitto del popolo ebraico. Lo scorso anno, ma anche quest’anno, molte famiglie israeliane hanno lasciato un posto vuoto al tavolo della cena del Seder, per ricordare coloro che sono stati uccisi o presi in ostaggio in quel tragico ed agghiacciante 7 ottobre. In questi giorni la ricorrenza suscita un misto di emozioni, in modo particolare per coloro i cui familiari sono ancora nelle mani di Hamas.
«Gerusalemme è una città divisa dalla violenza, è una città che promette la vita della fede, ma che provoca la morte dei cuori – sottolinea padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa -. Non ci si può abituare alla violenza avendo negli occhi la bellezza dei Luoghi Santi. Chi vive la Terra Santa non può essere neutrale, assente o indifferente».
«Chi appartiene a Gesù continuerà sempre ad essere tra coloro che costruiscono e non che abbattono, che sanno rispondere all’odio con l’amore e l’unità, e al rifiuto oppongono accoglienza. Perché Gerusalemme è il luogo della morte e risurrezione di Cristo, il luogo della riconciliazione, di un amore che salva e che supera i confini di dolore e di morte. E questa è la nostra vocazione oggi: costruire, unire, abbattere barriere, sperare contro ogni speranza - ha concluso Pizzaballa -. Questa è, e resta la nostra forza, e questa sarà sempre la nostra testimonianza, nonostante i nostri tanti limiti».
Nel frattempo, in Palestina l’economia è crollata, il turismo dava lavoro almeno all’80% della popolazione, con punte fino al 90-95% per i cristiani. Alberghi da poco ristrutturati e altri di nuova costruzione hanno chiuso in poco tempo, così pure ristoranti, locali, negozi di artigianato locale e souvenir. Le stesse guide turistiche sono disoccupate da parecchi mesi. Mentre a Gerusalemme, molti negozi sono aperti e nelle strade si viaggia senza tante difficoltà. Un paese, Israele, in guerra da un anno e mezzo, ma che non rivela le gravi difficoltà che sta attraversando. Il conflitto, comunque, non può non avere ripercussioni nell’economia, si tratta, infatti, della guerra più lunga e costosa della storia di Israele. Del resto, la chiamata alle armi dei riservisti ha provocato un’importante perdita di forza lavoro, riducendo notevolmente la produttività delle aziende. Mentre la pace, giorno dopo giorno, sembra sempre più lontana, un miraggio.
«Stiamo perdendo la speranza … veramente stiamo perdendo la speranza. Questo è il mio video, questa è la mia faccia. Ricordatela», ha detto Alexander Edan, 20 anni, cittadinanza americana, nel breve video pubblicato, proprio mentre è iniziata la Pasqua ebraica, e diffuso dalla Brigata al Qassan, braccio armato di Hamas. Nel frattempo Israele continua a bombardare la Striscia. L’ospedale Al-Ahli, l’unico operante nell’intera area e conosciuto come l’ospedale Battista, è stato bombardato, nel nord di Gaza City, mentre ospitava centinaia di persone.
Nel tardo pomeriggio di ieri, domenica, gli Houti hanno lanciato un missile balistico contro Israele che è stato intercettato. Non ci sono notizie di vittime o danni. Detriti sono stati trovati nelle vicinanze di Hebron, in Palestina.
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