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IL VOTO IL 7 OTTOBRE

Un referendum sulla famiglia, la lezione rumena

Il popolo romeno intende modificare il paragrafo 1 dell’articolo 48 della costituzione, al fine di evitare qualsiasi confusione nell'interpretazione e nell'applicazione dell’istituto matrimoniale. Il referendum è stato promosso da laici con l'appoggio delle Chiese cattolica e ortodossa e osteggiato dalle solte centrali di potere come Amnesty International. Un tentativo da osservare con attenzione. 

Famiglia 16_09_2018

"La famiglia è fondata sul matrimonio liberamente acconsentito tra un uomo e una donna, la loro piena uguaglianza, così come il diritto e il dovere dei genitori di assicurare l'educazione e l'istruzione dei loro figli", con queste parole il popolo romeno intende modificare il paragrafo 1 dell’articolo 48 della costituzione, al fine di evitare qualsiasi confusione nell'interpretazione e nell'applicazione dell’istituto matrimoniale.

Si tratta di una delle più importanti azioni in difesa della famiglia naturale mai intrapresa in Europa. Oltre tre milioni di rumeni hanno infatti sostenuto l’iniziativa civica per l’indizione di un referendum sulla definizione del matrimonio, lanciata nell’ottobre nell'ottobre 2015 dalla Coalition for Family.

La proposta per l’emendamento della Costituzione è poi passata per parere favorevole di quattro commissioni parlamentari. Una larga maggioranza ha dato il via libera anche alla Camera e i primi di settembre il percorso si è concluso positivamente al Senato, dopo di che è stata fissata per domenica 7 ottobre la data della consultazione popolare, a cui sono chiamati circa 18 milioni di romeni aventi diritto al voto su un popolazione di oltre 22 milioni di abitanti. Il quorum richiesto è del 30%, almeno 6 milioni di persone devono quindi recarsi alle urne.  

Intanto i grandi media nazionali e esteri stanno silenziando l’evento che potrebbe dare nuovo impulso ai movimento pro family di tutto il mondo. Tuttavia, se si escludono alcune sigle minori contrarie, la gran parte dei partiti politici romeni si sono schierati in favore dell’emendamento della costituzione o hanno lasciato libertà di coscienza. Anche il governo a trazione socialista si è detto favorevole alla modifica, sebbene molti osservatori parlino di un posizionamento strategico dovuto alla forza elettorale del blocco sociale proponente.

Il vero motore dell’iniziativa referendaria non è infatti la politica, né i vertici del clero ortodosso e cattolico che la guardano con favore, ma il variegato mondo della Coalition for Family che raggruppa oltre 47 sigle, con alcune di esse che a loro volta sono federazioni di diverse realtà associative. Insomma, protagonista è il mondo laicale dei movimenti pro family e pro life, molti dei quali vicini alle Chiese locali. Non a caso, tra  gli aderenti si segnala la Federazione dell’Azione cattolica in Romania che riunisce i cattolici di rito bizantino e quelli di rito latino e l’Associazione Famiglie cattoliche Beato Vladimir Ghika.

Tutti proponenti hanno ripetuto in continuazione che non si tratta di un referendum contro qualcuno ma di un’iniziativa in favore della famiglia. Se tutto è famiglia niente e famiglia e mettere nero su bianco, nella carta costituzionale, l’unione tra l’uomo e la donna mette al riparo dalle interpretazioni della giurisprudenza creativa e del legislatore, che, nell’Europa Occidentale, hanno portato al matrimonio egualitario, alle adozioni e all’accesso alle tecniche di procreazione per le coppie gay, negando così fin dall’origine il diritto ad avere un padre e una madre.

Importanza di questo voto è dimostrata anche dalle reazioni scomposte di molte centrali internazionali del pensiero unico. Amnesty International ha annunciato che tenterà di impedire che il referendum porti alla modica dell’articolo 48, perché va contro “gli standard internazionali sui diritti umani”. “Le modifiche proposte rappresenterebbero un chiaro passo indietro per la Romania” ha detto ancora Amnesty.