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ISLAM

Un Natale nel terrore per i cristiani egiziani

Si preannuncia un Natale di terrore per i cristiani d'Egitto, bersaglio dei fondamentalisti islamici. A rovinare le feste penserà lo stesso tribunale del Cairo, che ha fissato un'udienza dell'ex presidente Morsi proprio il giorno dopo il Natale copto.

Esteri 24_12_2013
Egitto

Tra paura e speranza. Così passeranno il Natale i cristiani in Egitto, mentre si intensificano le voci di probabili attacchi durante le festività. «Temiamo il peggio – racconta dal Cairo suor Maria Angelita Ibrahim, Superiora della Provincia Santa Chiara delle Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria – ma non possiamo fermarci. Festeggeremo con prudenza, senza farci troppo notare. Ma non mancheranno fedeli alle celebrazioni liturgiche».

Ogni chiesa avrà degli agenti all’entrata e la messa di mezzanotte sarà anticipata alle sette di sera per motivi di sicurezza. A rovinare il Natale copto – che si celebra il 7 gennaio – sarà anche un’udienza del processo al deposto presidente Mohammed Morsi, fissata per il giorno seguente. È infatti probabile che si verifichino disordini e si temono nuovi attacchi alla comunità cristiana come accaduto il 14 agosto scorso mentre l’esercito sgomberava i presidi pro-Morsi al Cairo. In rappresaglia per le centinaia di vittime registrate tra i sostenitori dell’ex presidente, esponenti dei fratelli musulmani si sono vendicati sui cristiani, accusati di connivenza con le forze armate.

Sono state circa ottanta le chiese bruciate o danneggiate, oltre a numerosi conventi, istituti scolastici, abitazioni e negozi cristiani. Tra questi anche la scuola delle missionarie francescane a Beni Suef, a circa 115 chilometri a Sud del Cairo. «Un uomo è entrato dalla finestra ed ha appiccato il fuoco alla libreria – spiega suor Angelita – quindi ha aperto la porta della scuola per far entrare una folla violentissima». Per la direttrice, suor Manal, e altre due consorelle sono state ore drammatiche. Minacciate di essere arse vive, sono state costrette a lasciare l’edificio. Una di loro ha cercato di mettere in salvo il Santissimo, ma è stata fermata ancor prima di raggiungere il tabernacolo. I loro aggressori le hanno insultate e costrette a sfilare in strada «come prigionieri di guerra», finché una donna musulmana, che aveva insegnato nella loro scuola, le ha messe in salvo ospitandole in casa sua. Nel frattempo l’intero edificio è stato saccheggiato e dato alle fiamme. I tanti alunni dell’istituto delle francescane non avrebbero potuto proseguire gli studi se non fosse stato per l’ospitalità offerta da una scuola copta ortodossa, che ha permesso alle suore di tenere i corsi nel pomeriggio. In Egitto le missionarie francescane gestiscono quattordici scuole in cui studiano oltre undicimila tra bambini e ragazzi. «In molti vogliono frequentare i nostri istituti – aggiunge suor Angelita – tanto che a volte dobbiamo rifiutare le iscrizioni per mancanza di spazi». Purtroppo però quest’anno cento studenti del liceo gestito dalle missionarie al Cairo nella ormai famosa Piazza Tahrir non hanno rinnovato la loro iscrizione. Alcuni a causa delle continue manifestazioni e disordini che hanno luogo in quello che è il simbolo delle rivolte della cosiddetta primavera araba. Altri perché le loro famiglie, cristiane, hanno preferito abbandonare un paese divenuto ormai troppo insicuro. Molti genitori copti hanno inoltre ritirato i figli da scuola per paura di rapimenti, mentre altri non possono più permettersi di pagare i loro studi.

È questo il caso dei tanti commercianti cristiani colpiti dalle violenze dello scorso agosto. Con le botteghe ridotte in cenere, non hanno più di che mantenere le proprie famiglie. «Sono dovuto tornare a casa dei miei genitori assieme a mia moglie e ai miei figli», racconta un negoziante copto di Alessandria. La sua libreria era già stata distrutta durante le rivolte del gennaio 2011, ma con grandi sacrifici e con un debito non ancora estinto, era riuscito a ricostruirla. Poi il 14 agosto scorso la sua vita è andata nuovamente in fumo. Non è difficile immaginare come sarà il suo Natale e quello di tante altre famiglie cristiane.

«Nonostante le avversità, noi non perdiamo la speranza: abbiamo affrontato tanti momenti difficili e supereremo anche questo», commenta suor Angelita. Certamente i copti andranno a messa ricordando gli attentati che di recente hanno macchiato di sangue le festività natalizie: la strage di Nag Hammadi, il 7 gennaio 2010, e l’esplosione avvenuta nella Chiesa di San Pietro e Paolo ad Alessandria nel capodanno del 2011. Ricorderanno le speranze disilluse della primavera araba, i timori di una svolta islamista e le violenze di questa estate. E come lo scorso anno e quello precedente andranno a messa con la paura di nuovi attacchi. «Nel 2013, però, abbiamo assistito a un piccolo miracolo: il presidente Morsi, esponente dei Fratelli musulmani, è stato deposto. E possiamo sperare che avvengano altri miracoli».