Un gay pride anche per i bambini
Il Palermo Pride 2014 non trascurerà nessuno, nemmeno i bambini. Fra il 16 e il 25 giugno, nel capoluogo siciliano si è infatti svolto il Palermo Pride Bimbi, con giochi a tema. Per iniziare anche i bimbi dai 0 ai 6 anni di età alla "cultura arcobaleno".
Un Gay Pride per l’infanzia. E’ questo che si sono inventati gli organizzatori del Palermo Pride 2014, iniziativa che vedrà sfilare il Gay Pride tra le vie di Palermo il 28 giugno prossimo. Sarà perché è parso discriminatorio escludere i più piccoli dal mondo gay, sarà perché è sembrato che le menti dei bambini siano già pronte per assimilare l’ideologia arcobaleno, fatto sta che tra il 16 e il 25 giugno nel capoluogo siciliano si è svolto il “Palermo Pride Bimbi”. Per i piccoli balilla del credo omosessualista niente carri-girelli mascherati e gattonamenti per le strade palermitane in costumi adamitici tuttalpiù resi più pudichi da pannolini colorati, bensì laboratori artistici, musicali, teatrali e letture di fiabe la cui impronta dominante è quella dell’inclusività e della valorizzazione delle differenze degli orientamenti sessuali. A pilotare il progetto c’è Famiglie Arcobaleno, un’associazione di famiglie omosessuali (ma quante saranno in Italia tutte queste omo-famiglie?).
Lo slogan del gay pride in miniatura è il seguente: “GiochiAmo senza stereotipi. Educazione all’affettività attraverso il gioco”. Evidentemente gli organizzatori non credono che il bambino, se inserito in una realtà normale e sana, cresce all’affettività senza nemmeno accorgersi e così hanno pensato di porre un rimedio al (falso) problema concependo una serie di attività che facesse scoprire all’imberbe fanciullo – dagli zero ai sei anni – che nel mondo non esiste solo l’azzurro che si accoppia bene con il rosa e viceversa, ma una serie infiniti di colori i quali si abbinano tra loro a piacere.
Tra i vari laboratori evidenziamo “Alla ricerca di Pezzettino”, una fiaba che verrà narrata ai piccoli dove il protagonista è un quadratino colorato di nome Pezzettino e dove i personaggi sono composti da tutti i gai colori dell’arcobaleno. La scheda del libro presenta tutti i geni del perfetto corredo cromosomico della teoria del gender: “Alla fine del suo cammino Pezzettino arriva a comprendere che lui è così come si vede, che certamente dovrà crescere, ma che è bello essere anche come si è in questo momento. […] Il racconto si conclude, infatti, con un liberatorio: ‘Io sono me stesso!’. Questo albo illustrato è un libro che comincia a far capire al bambino che la risorsa più grande dell’uomo è proprio quella di essere uno diverso dall’altro”. Uno etero, l’atro omosessuale, quell’altro bisessuale, un altro ancora transessuale. L’identità dell’uomo – è proprio il caso di dirlo – è stata fatta a pezzettini (tutti colorati però).
La mossa dei gay siculi è manifesta in quanto a scopi: è più facile vergare la superficie immacolata della mente e dell’anima dei bambini con i segni distintivi dell’ideologia del genere piuttosto che incidere a duri colpi di scalpello le personalità già formate dei loro genitori.
Ma al di là di questo ciò che colpisce è il tono tragicamente farsesco che assume la neonata – in tutti sensi - iniziativa “Palermo Pride Bimbi”. Quale orgoglio (pride) hanno da sbandierare gli infanti? Quale vessillo color arcobaleno dovrebbero sventolare sopra le loro testoline? Oppure non è vero proprio l’opposto: che si usino i bambini in modo strumentale per diffondere il dogma omosessuale?
Come impedire poi che nell’immaginazione del normo-etero sig. Rossi non si sovrappongano le scene del Gay Pride – tutte paillettes, nudità e baci omoerotici – a quella che vede un bimbetto seduto all’asilo ad ascoltare una fiaba con il ciucio in bocca? Non si percepisce a pelle che, come minimo, c’è qualcosa che stona? Che c’è una sorta di violenza psicologica a danno dei pupi?
Il “Palermo Pride Bimbi” in fin dei conti non fa che inventare variazioni sul tema dettato dall’Unar quando pubblicò i famigerati libercoli “Educare alla diversità” e dall’ONU sezione Europea quando redasse l’altrettanto famigerato “Standard per l'educazione sessuale in Europa”. Unire alle solite pappette dosi massicce di veleno omo-patico. Far succhiare agli infanti il latte della mamma chiamata Diversità. Nascondere tra le Barbie infermiera e la Barbie pattinatrice anche la Barbie-operata. Far balbettare agli infanti non solo i nostalgici ed usuali bisillabi “papà” e “mamma”, ma anche il più recente e facile monosillabo “gay”.
Il percorso di iniziazione all’orrore è diventato un gioco da bambini.