Un eremo dantesco: Fonte Avellana
Il Monastero di Santa Croce di Fonte Avellana, sulle colline marchigiane, toccò il suo apogeo nel Medioevo, ma ancora oggi visitarlo è l'occasione per vivere un’esperienza di arte e fede tangibile. Come accadde a Dante...
Il secondo eremo che suggeriamo di visitare in questo tempo di Quaresima si trova nelle Marche, in provincia di Pesaro-Urbino. Per raggiungerlo si percorre oggi una comoda strada che attraversa le regione boscosa del monte Catria, piano piano abbandona ogni centro abitato per salire fino a 700 metri sul livello del mare, dove, nel territorio dell’attuale comune di Serra Sant’Abbondio, si trova il Monastero di Santa Croce di Fonte Avellana.
Fonte Avellana nasce come eremo intorno alla fine del X secolo, quando comincia ad essere frequentato da alcuni eremiti che costruirono la prime celle, isolate le une dalle altre, nei boschi del Catria. San Romualdo di Ravenna conobbe e incentivò la spiritualità di questi uomini pii, vivendo e operando nelle vicinanze. Con il passare dei secoli l’eremo si trasforma in un cenobio, da sempre legato alla congregazione camaldolese, rispettosa di una rigorosa clausura. A Fonte Avellana diventa monaco nel 1035 San Pier Damiani, che reggerà l’abbazia come priore dal 1043; questo importante santo renderà l’abbazia importante centro di spiritualità e di approfondimento teologico, con uno scriptorium noto in tutto il mondo medioevale.
Dopo aver raggiunto l’apogeo nei secoli medievali (Dante è ospite dell’abbazia e ne accenna nel canto XXI del Paradiso) anche per fonte Avellana comincia la decadenza. Dal XV secolo diventa una commenda, retta da un abate non monaco, e agli inizi dell’Ottocento viene soppressa. Nel 1935 è riaperta al culto e viene reintegrata la comunità camaldolese. Il 5 settembre 1982, in occasione del millenario della fondazione, Giovanni Paolo II visita solennemente l’abbazia.
La visita a Fonte Avellana è una grande occasione di per vivere un’esperienza di arte e fede tangibile. La visita può essere accompagnata da uno dei monaci, che illustra la storia del luogo mostrandone le parti più significative (ovviamente non tutto è visitabile per rispettare la vita claustrale). Momento forte della visita è l’ingresso alla cripta, il cuore più antico dell’intero complesso: un ambiente di austera semplicità scavato nella viva roccia, sopra il quale viene eretta la basilica romanica. Un secondo ambiente particolarmente significativo è lo scriptorium, la cui attuale architettura risale al XII secolo. Oggi la maggioranza dei preziosi codici di Fonte Avellana è conservata nella Biblioteca Apostolica vaticana, mentre presso l’eremo ne rimangono solo 11, per altro preziosissimi. Accanto allo scriptorium vi è una sala ancora più antica, oggi sala S. Giovanni da Lodi, utilizzata come laboratorio per preparare le pergamene.
Per terminare la visita si può visitare il “giardino dei semplici”, l’orto botanico di piante officinali cui i monaci riservavano e riservano tutt’ora grande cura, ripetendo gesti quotidiani di lavoro e di preghiera che sottolineano l’armonia tra il creatore e ogni sua creatura.