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La lettera

Un cuore che batte, risposta all’Ordine dei medici di Belluno

L'Omceo di Belluno si oppone alla proposta di legge "Un cuore che batte", adducendo motivazioni fallaci. Pubblichiamo la risposta del primo firmatario della stessa proposta.

Caro direttore,

ho letto con sconcerto un articolo dell'Ordine dei medici (Omceo) di Belluno apparso sul giornale L'Amico del Popolo lo scorso 27 marzo. Il mio disappunto deriva dalle inesattezze e dalle faziosità presenti in questo articolo, che vuole prendere le distanze dalla proposta di legge di iniziativa popolare "Un cuore che batte" approdata in Parlamento con 106.000 firme e che prevede l'introduzione all’art.14 della Legge 194/1978 del comma 1-bis: «Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso».

Ricordo che questa importante proposta di legge intende dare piena applicazione alla legge sul consenso informato, in quanto è obbligo giuridico e deontologico del medico che la madre abbia il diritto di essere resa consapevole della vita che porta nel grembo, una vita con un cuore che pulsa.

L'Ordine dei medici di Belluno nell'articolo obietta innanzitutto il fatto che con l'introduzione di questa proposta di legge si obbligherebbe una mamma a vedere tramite esami stumentali il suo bambino nel grembo e a farle sentire il battito dello stesso. Qui sarebbe stato sufficiente che questi medici avessero letto con attenzione la proposta di legge in questione, per constatare che l'obbligo riguarda esclusivamente il medico. Per quanto attiene la madre, la Legge 217/2019 sul consenso informato le dà la possibilità di rifiutarsi di vedere il suo bambino e di sentire il battito del suo cuoricino. L’Ordine dei medici di Belluno afferma inoltre che a suo avviso la proposta di legge in oggetto comporta la violazione del Codice di deontologia medica in ben quattro diversi articoli.

È utile notare che nessuno degli articoli del Codice di deontologia medica citati – 4, 6, 13, 16 – «vieta al medico di prescrivere ed eseguire indagini o trattamenti la cui indicazione non abbia fondamento scientifico e motivazione clinica», trattando tutti gli articoli citati non di indagini ma di altri argomenti. Viene quindi a cadere l’affermazione che «effettuare questa indagine, del tutto inappropriata, sarebbe contrario ai principi di etica medica».

Piuttosto, non vengono citati i fondamentali articoli sull’etica professionale, vale a dire:

Art.3. «Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza discriminazioni di età (...)».

Art.5: «Il medico nell’esercizio della professione deve attenersi alle conoscenze scientifiche e ispirarsi ai valori etici fondamentali, assumendo come principio il rispetto della vita (...)».

Art.12: «In nessun caso il medico dovrà accedere a richieste del paziente in contrasto con i principi di scienza e coscienza allo scopo di compiacerlo, sottraendolo alle sperimentate ed efficaci cure disponibili».

Art. 30: «Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate (...)».

L’Ordine dei medici di Belluno afferma che la nostra proposta di legge è una crudeltà nei riguardi di una mamma in tentazione di aborto: quindi, per l’Ordine, non è crudele ucciderle il suo nascituro nel suo grembo, ma farglielo vedere vivo e farle sentire il battito del suo cuoricino? Questi medici sottolineano inoltre «il potenziale danno che potrebbe ricevere il feto a seguito della pratica che la proposta di legge vorrebbe imporre». L’unico modo, secondo l’Ordine di Belluno, per auscultare il battito cardiaco fetale nel primo trimestre di gravidanza, periodo a cui si riferisce la proposta, è l’utilizzo degli ultrasuoni sfruttando l’effetto Doppler che a parere dell‘Ordine è dannoso per il nascituro.

A tale proposito vorrei confutare questa obiezione ricordando che nella visita che precede l’aborto non si ricorre mai all’ecografia con Doppler, ma viene eseguita o l’ecografia transvaginale o l’ecografia transaddominale, entrambi esami assolutamente non invasivi. Al massimo l'ecodoppler può essere effettuato in caso di aborti cosidetti "terapeutici" che vengono praticati a norma di legge per malformazioni del nascituro fino al sesto mese di gestazione, aborti che, più che terapeutici, dovrebbero essere definiti "eugenetici".

Per rassicurare questi medici che ipocritamente affermano di tenere così tanto alla salute di bambini che stanno per essere condannati a morte, vorrei ricordare che le associazioni straniere AIUM (American Institute of Ultrasound in Medicine) e ISUOG (International Society of Ultrasound in Obstetrics & Gynecology) precisano che allo stato attuale la configurazione delle apparecchiature per studi ostetrici evita l’aumento della temperatura dei tessuti materno-fetali, quindi non sussiste «il potenziale danno al feto», soprattutto in considerazione del limitatissimo tempo necessario all’effettuazione dell’esame in oggetto. Per ultimo vorrei ricordare a questi medici che l'aborto non è assistenza sanitaria, in quanto la maternità non è una malattia e uccidere non è curare.

Considerando quanto riportato nel Giuramento di Ippocrate, «non darò mai alcun rimedio abortivo ad una donna, nella purezza e nella santità io custodirò la mia vita e la mia arte», l'aborto non è da ritenersi neppure un atto medico, ma è piuttosto un atto omicida in quanto ferma "un cuore che batte".
 

Giorgio Celsi, presidente dell’Associazione Ora et Labora in Difesa della Vita, una delle 14 associazioni promotrici della proposta di legge "Un cuore che batte"