Un Borghesi isterico sbaglia obiettivo
I Papi possono sbagliare, lasciarsi sfuggire parole inappropriate; i filosofi invece no. È la lezione che traggo leggendo la più che stizzita risposta che Massimo Borghesi ha scritto dopo l’articolo pubblicato a mia firma il 15 ottobre: “Le falsità di Borghesi su Ratisbona”.
I Papi possono sbagliare, lasciarsi sfuggire parole inappropriate; i filosofi invece no. Qualsiasi loro parola è fonte di verità assoluta. A papa Benedetto XVI ogni tanto sfuggivano parole inopportune, invece al filosofo Borghesi mai. È la lezione che traggo leggendo la più che stizzita risposta – in pratica una valanga di insulti – che Massimo Borghesi ha scritto sul sito che spesso ospita i suoi interventi, dopo l’articolo pubblicato a mia firma il 15 ottobre: “Le falsità di Borghesi su Ratisbona”.
Il docente di Filosofia morale all’Università di Perugia non ce l’ha soltanto con me, ma anche con Antonio Simone, che su Tempi ha messo in rilievo lo stesso passaggio in cui per colpire i critici di papa Francesco, Borghesi “spara” sul discorso di Benedetto XVI a Ratisbona. Borghesi dice sostanzialmente che non si è mai sognato di criticare Benedetto XVI, che anzi i suoi libri sono tutti nel segno della valorizzazione del magistero di papa Ratzinger, e che ha parlato solo dell’errore di aver inserito la parola Maometto in quel discorso di Ratisbona che lui per il resto giudica magnifico.
Su questo punto direi che non vale neanche la pena replicare: io ho citato le parole testuali pronunciate da Borghesi e le ho anche inserite nel contesto del discorso che stava facendo. Chiunque sia interessato può anche ascoltare la registrazione della conferenza e può giudicare da solo (clicca qui). Non ho né interpretato né forzato le espressioni; che egli abbia attribuito all’errore di Benedetto XVI uccisioni e persecuzioni di cristiani nei paesi islamici è innegabile, il che – lo ripeto – è però un falso storico. Credo che, oltre alla matematica, neanche l’italiano sia un’opinione, e sfido chiunque a capire dal discorso di Borghesi che lui ha un giudizio positivo sul discorso di Ratisbona, in particolare nella parte dedicata all’islam. Del resto se tanta gente – non solo io e Simone – ha capito in un certo modo il giudizio su Ratisbona, un motivo ci sarà. Se davvero Borghesi voleva dire il contrario, forse ha un qualche problema di comunicazione. Né il filosofo può pretendere che una qualsiasi persona che intenda partecipare a una sua conferenza si debba leggere prima la sua Opera omnia per evitare fraintendimenti.
Dopodiché però Borghesi va immediatamente a caccia del retropensiero del sottoscritto, che lo avrebbe denigrato non per quel che ha detto su Ratisbona ma per quel che ha detto subito dopo, delineando la figura odierna degli «iperortodossi e nuovi zeloti». «Il pericolo per la Chiesa e per i cristiani – diceva Borghesi - negli anni 70 era la sinistra. Oggi il pericolo è a destra. Perché il mondo è totalmente cambiato e il pericolo non sta mai da una parte sola, cambia secondo la scena del mondo. Oggi gli iperzeloti sono quelli che, direbbe Peguy, ostacolano di più la comunicabilità della fede, quelli che chiudono le porte, quelli che mettono i doppi chiavistelli, quelli che si preoccupano dell’ortodossia al punto da fare lo screening ogni giorno al Papa, se è cattolico o non è cattolico, arrivando al ridicolo totale. Quelli attaccati ai valori non negoziabili non per se stessi, che sono giusti, ma perché permettono di sentirsi una parte eternamente in lotta. Se togliete loro il nemico non sanno più cosa fare. Si addormentano se non c’è il nemico. Quindi sono reazionari perché si muovono per “reazione” mentre la fede cristiana è positiva, è innanzitutto propositiva. Poi i nemici uno li incontra, perché non tutti gradiscono quanto proponi».
Ecco, secondo Borghesi il vero motivo per cui l’ho criticato è perché mi riconosco in questa descrizione, e non per Ratisbona. In queste affermazioni e accuse l’unica cosa che mi rallegra è la certezza che, al giorno stabilito, Dio sarà più misericordioso di Borghesi, altrimenti non avrei scampo. Non entro neanche nei giudizi che dà sui pericoli per la fede e neanche voglio mettermi a discutere sui “valori non negoziabili” spiegando che Ratzinger ha sempre parlato di “princìpi” e non di “valori” (concetti ben diversi, ed è strano che un filosofo così grande esegeta di Ratzinger faccia questa confusione).
Non mi soffermo su questo perché, checché ne dica Borghesi, non me ne frega assolutamente niente di cosa lui pensi al proposito. E Borghesi lo sa benissimo se ha davvero letto tutto l’articolo; se afferma che il vero obiettivo non era Ratisbona è chiaramente in malafede, perché quel che ho scritto era soltanto una breve introduzione a un vecchio articolo di padre Samir Khalil Samir, che spiegava magistralmente il grande valore positivo del discorso di Ratisbona, in tutte le sue parti, nella prospettiva del dialogo con l’islam. Articolo che, peraltro, Borghesi si guarda bene dal menzionare tra un insulto e l’altro. Anche su questo chiunque può giudicare da solo.
P.S.: Borghesi ha senz’altro ragione nel sostenere che io non ho letto i suoi libri, né io pretendo che lui abbia letto i miei, né che perda tempo a consultare la Nuova Bussola Quotidiana. Però se proprio mi vuole insultare e accusare di qualcosa almeno si informi sulle cose essenziali:
1. La Bussola non è il “mio” blog, è una testata giornalistica regolarmente registrata su cui scrivono diverse decine di collaboratori.
2. La Bussola non ha mai perseguito la linea della contrapposizione tra Francesco e Benedetto, è esattamente il contrario. Né abbiamo mai fatto lo screening al cattolicesimo del Papa. Quindi il suo “giudizio universale” lo invii a qualche altro indirizzo.