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EX URSS

Ucraina, la Russia muove e la Nato è in scacco

Nelle regioni sudorientali dell'Ucraina si sta ripetendo il copione della Crimea. I russi stanno annettendo quei territori senza colpo ferire. L'esercito ucraino è troppo debole e inaffidabile per reagire. E la Nato? Dimostra di non avere piani.

Esteri 23_04_2014
Militari ucraini nell'Est

La questione ucraina è ancora ufficialmente aperta e gli sviluppi politici e diplomatici nel braccio di ferro tra Occidente e Russia potrebbero riservare sorprese, ma l’impressione che si ricava da quanto accaduto nell’ultima settimana è che Mosca sti dando scacco a tutti. O almeno abbia posto le basi per conseguire pienamente i suoi obiettivi compensando con un’abile e repentina controffensiva lo smacco subito con la “rivoluzione di Kiev” del febbraio scorso.

Mentre l’attenzione dei media e della politica sembra concentrarsi sulla scarsa tenuta degli accordi di Ginevra che prevedono addirittura un irrealistico disarmo di tutte le milizie irregolari, gli sviluppi sul campo favoriscono inevitabilmente la replica del “copione Crimea” attuata dai russi.

Qualcuno pensava davvero che le “forze di autodifesa” istituite dai filorussi con l’aiuto concreto di Mosca nelle ragione sudorientali dell’Ucraina potessero smobilitare nel week end pasquale? O che i miliziani ucraini dell’estrema destra istituzionalizzati da Kiev con la costituzione della Guardia Nazionale potessero deporre le armi?

Le scaramucce degli ultimi giorni consentono a entrambe le parti di accusarsi reciprocamente di aver violato gli accordi i Ginevra ma il vero dato concreto che sembra poter fare la differenza non si misura dalle chiacchiere della diplomazia o dalla propaganda disseminata a piene mani su ambo i fronti, ma dagli sviluppi militari. Alle provocazioni sviluppatesi con l’occupazione di sedi istituzionali in una dozzina di città da Kharkhiv al Donbass il governo ucraino ha “abboccato” all’esca russa annunciando l’avvio di un’operazione “contro i terroristi” che avrebbe dovuto riconquistare le regioni ribelli.

Una scelta inevitabile, del resto, perché Kiev non poteva accettare senza reagire un’altra Crimea, ma le condizioni dell’esercito ucraino sono disastrose come certo ben sapevano i russi. Almeno metà delle forze armate non obbedisce agli ordini di Kiev, è passata con gli insorti russi o non accetta di combattere contro connazionali. Un rapporto commissionato nel marzo scorso dal Ministero della Difesa di Kiev confermò che solo il 15% dei velivoli sono in grado di volare e solo il 10% delle truppe terrestri sono preparate a combattere. In questo contesto il governo ucraino ha potuto mobilitare per la “spedizione punitiva contro i terroristi” appena una ventina di blindati con poche centinaia di uomini tra paracadutisti e paramilitari privi di addestramento della Guardia Nazionale. Forze troppo deboli per poter cacciare “gli uomini verdi”, i misteriosi militari senza mostrine né gradi che furono già protagonisti dell’annessione della Crimea a Mosca e presidiano oggi le regioni sudorientali ucraine. Dopo aver riconquistato l’aeroporto di Kramatorsk, peraltro mai realmente occupato dai filorussi, l’offensiva ucraina ha perso i pezzi con una decina di blindati passati con gli equipaggi dalla parte degli insorti o si è arenata nel nulla.

L’incapacità di Kiev di mettere in campo forze miliari credibili ha rafforzato Mosca che ora  può aspirare a organizzare referendum per il distacco dall’Ucraina e l’annessione alla Russia delle regioni comprese  tra Odessa e Kharkhiv consapevole che non vi saranno ostacoli sul piano militare. Lo si è visto ieri quando un aereo da trasporto ucraino Antonov 30 impiegato per la ricognizione è stato bersagliato dai colpi sparati dai separatisti filo-russi mentre era in volo sulla città orientale di Slavyansk. L’aeronautica di Kiev non ha risposto sancendo di fatto di aver perso il controllo di quella porzione del suo spazio aereo.

Al dissolvimento delle forze ucraine si affianca del resto il flop della NATO, incapace di esercitare una reale deterrenza nei confronti della Russia e a tutela dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Nonostante le dichiarazioni del segretario generale, Anders Fogh Rasmussen, improntate proprio al concetto di deterrenza, l’Alleanza Atlantica è riuscita finora a schierare forze militari, di entità poco più che simbolica, in Polonia, Romania e Repubbliche Baltiche, Stati membri della Nato che non sono però minacciati dalla Russia, che punta, invece, a mettere le mani sul Sudest ucraino per creare continuità territoriale tra la Transnistria, la Crimea e il territorio russo.

C’è da restare stupiti dall’incapacità della NATO di contrastare i russi specie se si tiene conto che questa crisi è stata scatenata in febbraio con la rivolta di Piazza  Indipendenza a Kiev, sollevazione sostenuta e forse provocata da alcuni Paesi occidentali che a quanto pare si erano illusi che Vladimir Putin accettasse senza reagire il fatto compiuto. Eppure sarebbe bastato studiare il documento di dottrina strategica russa del 2010 e rileggersi gli interventi dello stesso Putin tenuti in diverse occasioni pubbliche, inclusi vertici dell’Alleanza Atlantica, per scoprire che Mosca considera da sempre lo “slittamento” dell’Ucraina nell’orbita NATO/UE una gravissima minaccia alla sicurezza nazionale.