Ucraina, stop agli aiuti militari dagli USA. L’Ue pensa al riarmo
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Trump ha annunciato lo stop alle forniture di armi statunitensi a Kiev. Von der Leyen ha presentato un piano in cinque punti per il riarmo dell’Unione europea, che però è spaccata al suo interno. E la NATO è sconcertata dalla “coalizione dei volenterosi” ventilata da Londra e Parigi.

Donald Trump semina il panico in Ucraina e getta nel caos l’Europa prima cacciando il presidente Volodymyr Zelensky dalla Casa Bianca, poi annunciando lo stop alle forniture di armi americane a Kiev. Da parte sua, l’Europa si muove in ordine sparso.
Londra e Parigi cercano di mettere a punto piani alternativi per restare a galla e rilanciare il sostegno all’Ucraina cercando di non farsi escludere da un eventuale tavolo negoziale. Ma l’iniziativa franco-britannica appare velleitaria, non convince e soprattutto ignora sia l’Unione europea sia la NATO ipotizzando l’intervento in Ucraina di una “coalizione dei volenterosi”. Cioè un gruppo di nazioni, anche extraeuropee, che secondo il premier britannico Keir Starmer potrebbero mobilitarsi per schierare truppe in Ucraina, probabilmente dopo un accordo di pace.
Ipotizzare mobilitazioni militari che escludano Ue e NATO, paradossalmente relegate in cantina durante la più grave crisi europea dal 1945, mina la legittimazione stessa di queste organizzazioni. «L'Europa è pronta ad assumersi le proprie responsabilità. Rearm Europe (il piano per potenziare la spesa militare dell’Ue, ndr) può mobilitare quasi 800 miliardi di euro in spese per la difesa per un'Europa sicura e resiliente», ha dichiarato ieri la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, presentando un piano in cinque punti per il riarmo dell'Europa.
Il primo punto del piano è l'attivazione della clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità per permettere agli Stati membri di poter spendere per la difesa anche sforando il 3% del deficit. Il secondo punto è un nuovo strumento per fornire 150 miliardi di euro di prestiti agli Stati membri per investimenti nella difesa. Il terzo punto prevede la flessibilità nel bilancio europeo per permettere agli Stati di usare programmi di politica di Coesione per aumentare la spesa della difesa. Gli ultimi due punti mirano a mobilitare il capitale privato, accelerando l'Unione del risparmio e degli investimenti e attraverso la Banca europea per gli investimenti.
La possibilità dei singoli Stati di spendere a debito per gli armamenti, escludendo tali stanziamenti dal calcolo del rapporto deficit/Pil, ha sollevato diverse critiche perché tale elasticità non è stata mai approvata dall’Ue per spese di welfare, sanità e scuola. Un aspetto che, in un’Europa sempre più travolta da crisi economica, energetica e sociale, non porterà molti consensi all’Unione.
Negli ambienti NATO non mancano sconcerto e perplessità per la “coalizione” varata da Londra e Parigi, specie tenendo conto che Trump in più occasioni ha affermato che la NATO ha un senso solo se l’Europa si accolla maggiori responsabilità e acquista più armi dagli Stati Uniti. A indurre la Casa Bianca a uno strappo con gli alleati europei potrebbero però contribuire le conseguenze della lite di venerdì scorso alla Casa Bianca tra lo stesso Trump e Zelensky. Il presidente ucraino, cacciato da Washington, è stato accolto a Londra dove ha partecipato al summit con 16 capi di governo europei oltre alla presidente della Commissione europea e al segretario generale della NATO. Tutti impegnati a rassicurare Zelensky che l’Europa lo sostiene anche se gli Stati Uniti lo abbandonano e a garantirgli aiuti militari per continuare a combattere quando Washington punta invece su una pace in tempi rapidi.
Il 3 marzo Tulsi Gabbard, direttrice dell’intelligence statunitense, ha accusato l'Unione europea e il Regno Unito di "ipocrisia", sostenendo che citano la "libertà" a pretesto per ostacolare una risoluzione del conflitto in Ucraina, adottando al contempo politiche illiberali a livello nazionale. Gli europei «diranno qualunque cosa serva alla loro agenda. Quello su cui dobbiamo concentrarci qui in America è ciò che giova al popolo americano. Molti cittadini stanno celebrando la leadership forte che il presidente Trump e il vicepresidente Vance hanno mostrato durante l'incontro nell'Ufficio Ovale», ha sostenuto la direttrice dell'intelligence degli USA riferendosi all'incontro con Zelensky.
L’atteggiamento europeo di invitare Zelensky al summit di Londra sembra non sia stato gradito a Washington. In attesa di vedere quali reazioni vi saranno oltreoceano nei confronti degli alleati europei, Trump ha già ordinato lo stop agli aiuti militari statunitensi all’Ucraina. Una dura “rappresaglia” dopo lo scontro verbale alla Casa Bianca. «Stiamo facendo una pausa e rivedendo la nostra assistenza per assicurarci che stia contribuendo a una soluzione» del conflitto tra Ucraina e Russia, ha dichiarato un funzionario della Casa Bianca, che ha chiesto l’anonimato. «Il presidente ha detto chiaramente di essere concentrato sulla pace. Abbiamo bisogno che anche i nostri partner si impegnino a raggiungere questo obiettivo», ha aggiunto il funzionario. Per il Washington Post, la decisione di sospendere l’invio di aiuti militari all’Ucraina è stata presa durante una riunione alla Casa Bianca a cui hanno partecipato il vicepresidente J.D. Vance, il segretario di Stato Marco Rubio, il segretario alla Difesa Pete Hegseth, Tulsi Gabbard e l’inviato per il Medio Oriente ma anche in contatto con Mosca, Steve Witkoff. La sospensione dell’invio di tutti gli aiuti militari all’Ucraina potrà essere rivista se il presidente ucraino «mostrerà uno sforzo sincero nel partecipare ai negoziati di pace», ha aggiunto il funzionario del governo americano.
Trump sembra quindi determinato a imporre a Zelensky di accettare di negoziare la pace con i russi senza porre condizioni per concludere il conflitto, oltre ad accettare le condizioni poste da Washington sull’accordo per lo sfruttamento delle risorse minerarie ucraine che doveva essere firmato alla Casa Bianca venerdì scorso. In un’intervista a Fox News, il vicepresidente Vance si è detto fiducioso che il leader ucraino «alla fine» accetterà di discutere la pace con la Russia: anche se il presidente ucraino «ha mostrato una chiara riluttanza a impegnarsi nel processo di pace, credo che alla fine ci arriverà. Deve farlo».
La decisione della Casa Bianca ingigantisce le già gravi difficoltà delle forze ucraine sul campo di battaglia poiché senza il supporto di armi, munizioni e rifornimenti statunitensi le capacità delle forze di Kiev risulteranno decisamente indebolite, specie se lo stop agli aiuti militari include anche la fine del supporto per intelligence e comunicazioni finora assicurato da Washington. Anche se lo volessero, gli aiuti militari delle nazioni europee non sarebbero in grado di colmare il gap di rifornimenti assicurato dagli Stati Uniti, come ammettono anche diverse fonti militari ucraine.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto ieri mattina che «se gli Stati Uniti smettono di essere» un fornitore militare dell’Ucraina «o sospendono le consegne, questo sarà probabilmente il miglior contributo per la pace. Bisognerà vedere i dettagli, ma se fosse vero sarebbe una soluzione che porterebbe davvero il regime di Kiev ad accettare un processo verso la pace».
Il primo ministro polacco Donald Tusk ha confermato che il congelamento degli aiuti militari a Kiev da parte degli Stati Uniti è già visibile presso l’hub logistico istituito presso la base polacca di Rzeszòw, dove affluiscono quasi tutti gli aiuti occidentali prima di transitare in territorio ucraino.