Ucraina nella tempesta. Si allontana il sogno europeo
Ucraina, cade il governo Yatseniuk e ci si avvia al rimpasto sotto il prossimo premier Groysman. Le mancate riforme, la corruzione dilagante e il nepotismo sono alla radice della crisi. Che capita proprio quando l'Ucraina viene bocciata dal referendum in Olanda, contro l'Accordo di associazione con l'Ue
Le dimissioni di Arseny Yatseniuk, primo ministro della coalizione di governo formata a seguito delle elezioni di due anni fa, scoperchiano la gravità della crisi politica in Ucraina ben maggiore di quella che il presidente della repubblica Petro Poroshenko dall’inizio dell’anno ha tentato di tenere sotto controllo. Una crisi della quale però, per palesi responsabilità, viene ritenuto protagonista, non solo da osservatori indipendenti occidentali, ma anche dai principali partiti, fra cui quello dell’ex premier Julia Timoshenko, che furono in prima linea nella rivoluzione del Maidan. Partiti che, mesi fa, avevano ritirato la fiducia al governo. Non sembrano vicine nuove elezioni, che nel dibattito politico si ipotizzano per settembre, perché Poroshenko avrebbe paradossalmente ricomposto la coalizione tra il suo partito e quello del premier estromesso, confidando che possa ottenere la fiducia, sia pure di strettissima misura. A guidare il nuovo governo sarà Volodymyr Borysovych Groysman, suo fedele concittadino, esponente della comunità ebraica nazionale e attuale presidente della Rada, la Camera unica del parlamento.
Yatseniuk da tempo era accusato di inerzia dinanzi a fatti gravi di corruzione e del mancato varo di sollecitate riforme. In effetti erano i parlamentari del partito di Poroshenko che le boicottavano – facendo sovente mancare il quorum in importanti votazioni – tanto da indurre a dimettersi, il 2 marzo scorso, il ministro dell’economia Alvaras Abromavicius. Questi, senza mezzi termini aveva denunciato gruppi vicini al presidente della repubblica e la sua ”eminenza grigia” Igor Konomenko, di voler ripristinare vecchi e nuovi sistemi a beneficio di singoli individui politici e attori economici. “Non vogliamo essere foglie di fico, dei pupazzi”, aveva detto nella lettera di dimissioni. Naturalmente smentito dal partito di Poroshenko che lo definiva incapace di assolvere le sue funzioni.
Più volte il primo ministro Yatseniuk, mai dimentico dell’oltraggio subito da un deputato del partito di Poroshenko ( era stato afferrato per l’inguine, sollevato ed estromesso dal podio della Rada mentre pronunciava un importante discorso ) aveva affermato di essere pronto a dimettersi solo se sfiduciato in parlamento, cosa mai avvenuta. Ieri invece dagli schermi televisivi ha annunciato le sue dimissioni con gravissime motivazioni: “Una persona, ha detto, ha accecato i politici e paralizzato il loro desiderio di cambiamento reale nel paese. I promotori di questa crisi sono ostaggio delle circostanze e hanno preso in ostaggio il governo, la società, il paese”.
In attesa che questo scenario sia illuminato da fatti e circostanze precise, sono verosimili le illazioni secondo cui Poroshenko ha preteso le dimissioni di Yatseniuk per tentare di vincere le diffidenze crescenti in Occidente per le mancate riforme nel suo paese, a cominciare dallo sradicamento della corruzione nei gangli della vita amministrativa ed economica. Diffidenze e delusioni di cui ha avuto conferma nel suo recente viaggio negli Stati Uniti, a causa delle quali sono stati congelati gli invocati nuovi soccorsi economici di Washington e restano bloccati i prestiti del Fondo Monetario Internazionale. Ad accentuare la negatività di questo scenario sono sopraggiunti la scorsa settimana i risultati del referendum in Olanda, con la bocciatura del Trattato di cooperazione tra Unione Europea ed Ucraina. Anche se la votazione ha avuto un carattere consultivo e la sua validità è stata conseguita da una percentuale (il 32,2%) appena sopra la soglia del quorum, sembra scontato che l’Olanda chiederà delle modifiche al Trattato. Non può trascurare infatti che contro la ratifica dell’accordo si sono espressi il 61% dei votanti e a favore il 38,2%.
L’esito del referendum olandese ha indubbiamente impensierito gli ucraini che nella apertura e cooperazione, e perché no in un domani di integrazione, con l’Europa hanno riposto fiducia e speranze, anche se dichiarazioni rassicuranti sono venute da esponenti UE e dal presidente Poroshenko che ha rinnovato l’ impegno a proseguire sulla strada tracciata dalla rivoluzione del Maidan. Ma come non sono state sottovalutate le dichiarazioni anti- UE dell’olandese Geert Wilders, leader del “Partito della libertà” che aveva promosso il referendum, così si guarda con trepidazione a quello del 23 giugno nel Regno Unito che, spera il leader degli euro-scettici dell’UKIP Nigel Farage dovrebbe portare all’uscita dell’Inghilterra dall’Unione Europea. Reazioni ed attese da valutare alla luce dell’ esultanza del Cremlino per la “infima considerazione” di cui godrebbe l’Ucraina filo-europea.
Di questa evoluzione della profonda crisi tra Russia e Ucraina (che – non va dimenticato – dopo l’annessione russa della Crimea sono in guerra nelle due regioni orientali confinanti) sono affiorati impensabili retroscena nei dibattiti televisivi di commento al referendum olandese. Si è parlato così di un cospicuo impegno finanziario russo, di circa 30 milioni di dollari, gestito dall’apparato propagandistico dei servizi segreti (efficiente come all’epoca del KGB sovietico) nella campagna referendaria nei Paesi Bassi, volto a screditare il più possibile la povera, e corrotta, realtà ucraina. Fra le testimonianze, un film realizzato da un regista europeo sulla miseria vissuta oggi dalla popolazione ucraina e, d’altra parte, sull’attesa della maggioranza degli abitanti delle regioni separatiste di far parte della Federazione russa; e dall’esperienza di un olandese di ritorno dall’ Ucraina che avrebbe facilmente fatto transitare il suo camion carico di noci corrompendo i doganieri con alcune migliaia di euro.
Di converso l’Ucraina ha tentato di presentare il suo “sogno” europeo, anche se non approfondendo i legami storici e culturali con l’Europa attraverso i secoli, avvalendosi di gruppi di volonterosi, giunti in Olanda appunto come volontari. Al centro delle critiche il ministro degli Esteri per aver lasciato senza ambasciatori le rappresentanze diplomatiche in otto paesi europei e per non aver rimosso l’ambasciatore in Olanda, imposto all’epoca di Yanukovich, il deposto presidente filo-russo. Ministro designato da Poroshenko, nonostante, si afferma in un’accesa polemica, fosse stato al corrente dell’alta onorificenza concessa dal Cremlino al suocero, ex generale, per aver favorito l’annessione della Crimea ucraina.
In Italia, come in molti altri paesi europei, la situazione dell’Ucraina è poco o per nulla nota, si sente lontana. Se ne è reso conto papa Francesco che domenica scorsa, seconda di Pasqua, al Regina Coeli, ha volto il pensiero “al dramma di chi patisce le conseguenze della violenza: di quanti rimangono nelle terre sconvolte dalle ostilità che hanno causato già varie migliaia di morti, e di quanti – più di un milione – sono stati spinti a lasciarle dalla grave situazione che perdura. Ad essere coinvolti, ha ricordato, sono soprattutto anziani e bambini. Oltre ad accompagnarli con il mio costante pensiero e con la mia preghiera, ho sentito di decidere di promuovere un sostegno umanitario in loro favore”. E a tale scopo, ha annunciato "una speciale colletta" in tutte le chiese cattoliche d’Europa domenica 24 aprile, invitando “i fedeli ad unirsi all’ iniziativa con un generoso contributo. Questo gesto di carità, oltre ad alleviare le sofferenze materiali, vuole esprimere la vicinanza e la solidarietà mia personale e dell’intera Chiesa. Auspico vivamente che esso possa aiutare a promuovere senza ulteriori indugi la pace e il rispetto del diritto in quella terra tanto provata”.