Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
L'ANALISI

Ucraina, la Russia avanza in attesa di una "pace" favorevole

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Il presidente americano Biden invia gli ultimi aiuti per la difesa delle forze ucraine, ma tutta l'attenzione si sposta ora sulle possibili iniziative della nuova amministrazione, incline comunque al disimpegno da questa guerra.

Esteri 12_11_2024

Difficile comprendere se Donald Trump riuscirà davvero a fermare il conflitto in Ucraina come ha promesso in campagna elettorale. Mosca sembra guardare con cauto ottimismo al nuovo inquilino della Casa Bianca, dove si insedierà solo il 20 gennaio 2025, ma il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov ha già fatto presente che i tempi non saranno così brevi vista la complessità della situazione e che occorrerà tenere conto della situazione sul campo di battaglia (favorevole ai russi) e delle pretese di Mosca circa territori ucraini da annettere e neutralità di Kiev.

Secondo l'ex consigliere di Trump, Bryan Lanza, «se Zelensky si siede al tavolo e dice, beh, possiamo avere la pace solo se abbiamo la Crimea, ci dimostra che non fa sul serio», ha affermato in un'intervista alla Bbc. «La Crimea è andata», ha aggiunto Lanza anticipando che Trump chiederà a Zelensky una «visione realistica per la pace».
Cioè l’esatto opposto della linea Biden /UE basata sul sostegno militare all’Ucraina «fino alla vittoria». Infatti, a Kiev come in Europa, molti non nascondono la preoccupazione per il “nuovo corso” che Trump sembra voler imporre alla politica estera statunitense.

Non è chiaro se Putin e Trump si siano davvero parlati al telefono ma se il neo presidente USA vuole far cessare i conflitti in Ucraina e Medio Oriente e riprendere il dialogo sviluppato durante il suo primo mandato con il leader nordcoreano Kim Jong-un, avrà la necessità di mantenere stretti rapporti con Putin, alleato di ferro di Teheran e Pyongyang.

Pragmaticamente, il primo ministro polacco Donald Tusk, ha affermato che «sono attese a breve» dichiarazioni per «una data per il cessate in fuoco in Ucraina, sulla determinazione dei suoi confini e sulle garanzie di sicurezza per Kiev». Tusk ha evidenziato che «le decisioni riguardanti la guerra in Ucraina non possono essere prese solo dagli ucraini, ma anche da noi», e ha aggiunto che queste decisioni comporteranno un minore intervento degli Stati Uniti negli affari ucraini.

Per il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjártó, «l’esito delle elezioni presidenziali statunitensi crea una realtà totalmente nuova, non solo in Europa, ma nel mondo» e «la crisi politica in Germania, che è il Paese con l’economia più forte d’Europa, è un ulteriore argomento a favore: niente è più come prima».
Pare quindi di capire che Trump lascerà all’Europa il fardello della ricostruzione dell’Ucraina e la gestione dei rapporti post-bellici con Mosca anche se occorrerà attendere oltre un paio di mesi per avere conferme delle iniziative della nuova amministrazione.

In vista di un possibile disimpegno americano dal conflitto l’Amministrazione Biden ha annunciato che fornirà subito all’Ucraina 500 missili da difesa aerea per i sistemi Patriot e NASAMS e valuta di consegnare a Kiev armi e munizioni per i residui 6 miliardi di dollari già stanziati in tal senso.
Secondo il Wall Street Journal, gli Stati Uniti intendono accelerare la consegna delle armi per garantire che l'Ucraina possa fronteggiare minacce aeree imminenti e proteggere centri urbani e infrastrutture critiche. «L'invio di questi missili intercettori è previsto entro la fine dell'anno», ha affermato una fonte anonima citata dal giornale.

Anche la Svezia (entrata ufficialmente in recessione economica) ha consegnato subito dopo il voto negli USA un lotto di veicoli corazzati da trasporto truppe PBV302 all'Ucraina: mezzi in dismissione nell’esercito svedese che ne ha in servizio ancora 170 (più un altro centinaio in riserva) che verranno al più presto tutti donati a Kiev.

Aiuti che non sembrano in grado di modificare l’indirizzo preso dal conflitto che vede i russi avanzare da mesi su quasi tutti i fronti. Solo nelle ultime ore sono caduti i centri abitati di Kolesnikovka nel settore di Lupyansk (Kharkiv), Makarovka e Voltchenka nel settore della città industriale di Kurakhovo (Donetsk) dove il 6 novembre erano caduti in mani russe anche i villaggi di Antonivka e Maksymivka.
In Donbass i russi avanzano più rapidamente nei settori di Khurakovo (dopo la caduta della roccaforte di Vuledar) e Kupyansk ma controllano ormai una parte della roccaforte di Chasov Yar e oltre la metà di quella di Toretsk mentre dopo la caduta di Vyshneve anche la roccaforte di Pokrovsk è più esposta al fuoco russo che già sta colpendo strade e ferrovie dello snodo logistico della città.  

Secondo Bloomberg, le truppe russe hanno conquistato più di 200 chilometri quadrati nell’ultima settimana di ottobre mentre dal 6 agosto (quando le truppe ucraine hanno attaccato la regione russa di Kursk), le forze russe avevano guadagnato 1.150 chilometri quadrati, il 25 per cento in più rispetto ai primi sette mesi dell’anno.

Anche nella regione di Kursk le forze russe hanno riguadagnato terreno ma qui gli ucraini continuano a gettare nella mischia sempre nuovi rinforzi sottratti alle difese del Donbass. Un’iniziativa che poteva avere un senso prima del voto in America poiché sembrava tesa a impedire il tracollo del fronte ucraino attirando truppe russe a difendere il proprio territorio, ma che oggi appare insensata anche ai comandanti ucraini.
Il generale di divisione Dmitry Marchenko ha dichiarato di non capire perché le migliori brigate delle forze armate ucraine si trovino nella regione di Kursk invece di difendere i territori ucraini: «Sarò sincero: non capisco cosa sta succedendo e perché sta succedendo, forse c’è qualche piano segreto».
Anche in questo settore, dove gli ucraini dal 6 agosto avrebbero perso 30mila uomini tra morti e feriti, i russi godono di un’ampia superiorità in potenza di fuoco e numero di truppe con almeno 50 mila militari schierati tra i quali forse 10mila nordcoreani, secondo quanto riferito da funzionari ucraini citati anonimamente dal New York Times.

I progressi russi si susseguono ogni giorno e novembre potrebbe risultare il mese in cui Mosca conseguirà i maggiori vantaggi territoriali dall’inizio del conflitto grazie anche al progressivo crollo delle capacità difensive ucraine alle prese con crescenti carenze di truppe (specie quelle addestrate) e munizioni.

In attesa che Trump si insedi alla Casa Bianca i russi hanno tutto l’interesse a premere sull’acceleratore al fine di ampliare e consolidare le conquiste territoriali per giungere a un eventuale negoziato da una posizione ancora più forte di oggi.
La resistenza ucraina potrebbe risultare ancora più indebolita dalle voci di un possibile negoziato basato sulla cessione dei territori sud orientali a Mosca così come la vittoria di Trump, che non ha mai nascosto la scarsa stima per Zelensky e gli ottimi rapporti con Putin, potrebbe fiaccare ulteriormente il morale dei militari ucraini.
Dopo le altissime perdite subite risulterebbe difficile spiegare alle truppe di Kiev che devono continuare a morire in una guerra di fatto già perduta. A ostacolare l’avanzata russa sembra esserci oggi soprattutto il meteo, con le piogge autunnali che minacciano di rallentare i movimenti almeno per un mese, quando il ghiaccio invernale tornerà a rendere solido il terreno.



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