Ucraina, fermarsi prima che sia troppo tardi
Ancora più armi all'Ucraina, ancora benzina sul fuoco della guerra, mentre la Russia avverte del rischio di Terza guerra mondiale. Tutti sono esaltati per la guerra, parlare di negoziati e di pace è diventato tabù. Un'alternativa è possibile, ma ci deve essere la volontà, e anche il governo ucraino deve fare la sua parte.
Più armi e in tempi più rapidi per l’Ucraina. Questo è in sintesi quanto emerso dall’incontro dei rappresentanti di 40 paesi che ieri si sono ritrovati nella base americana di Ramstein, nel sud ovest della Germania. E proprio la Germania ha segnato per l’occasione una svolta nella sua politica, annunciando l’invio di 50 carrarmati anti-aereo all’Ucraina. Il tutto mentre il governo britannico afferma sia lecito per le forze ucraine colpire sul territorio russo con le armi fornite dal Regno Unito, dopo che il ministro degli Esteri russo Lavrov aveva avvertito di un rischio Terza guerra mondiale. E poi, come risposta al governo britannico, quello russo ha detto che allora, con lo stesso ragionamento la Russia è legittimata a colpire i paesi Nato.
Dunque, tutto parla di guerra, di ancora più guerra, si continua a gettare benzina sul fuoco, nessuno sembra veramente intenzionato a trovare a questo conflitto una soluzione che non sia militare. Le immagini della popolazione ucraina che soffre e paga per questa guerra sembrano funzionali soltanto a far crescere il consenso attorno alla decisione dei governi europei di fiancheggiare il governo ucraino contro quello russo. La sensazione molto concreta è che in realtà della popolazione ucraina non importi veramente nulla né a Bruxelles né a Washington e neanche a Kiev, oltre che a Mosca.
Lo dimostra l’atteggiamento verso i profughi usciti dall’Ucraina che, secondo l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, sono arrivati alla cifra di 5 milioni e 200mila (il 13% dell’intera popolazione ucraina, e potrebbero diventare oltre 8 milioni). Ebbene, il carico di questa massa umana pesa quasi esclusivamente sui paesi confinanti dell’Ucraina, Polonia in testa, che ne sta ospitando circa 3 milioni. Altro mezzo milione sono in Ungheria, 800mila in Romania, e così via. Ebbene, il presidente ucraino Zelensky non fa mai appelli per loro o ringrazia i paesi che si stanno prodigando per aiutarli; e da Bruxelles non solo non arrivano aiuti a questi paesi ma addirittura si fa di tutto per bastonare economicamente Polonia e Ungheria, per i ben noti motivi ideologici (peraltro il patriottismo esaltato per l’Ucraina, diventa invece una minaccia se accostato a Polonia e Ungheria).
In ogni caso l’aspetto più grave e preoccupante, come abbiamo già avuto modo di scrivere, è proprio nella mancanza di soggetti che abbiano la volontà e la capacità di trovare una strada che porti alla fine immediata del conflitto. Sia tra le parti direttamente coinvolte, sia tra i Paesi che in un modo o nell’altro sono interessati. Sono già due mesi di combattimenti, di distruzione, di morte, di violenze e la prospettiva è che continui ancora a lungo, con il rischio di un allargamento anche del campo di battaglia. Infatti dovrebbe essere ormai evidente che la guerra non è una questione tra Russia e Ucraina, ma piuttosto tra Russia e Nato (USA in testa) che si giocano la partita geopolitica sul terreno dell’Ucraina (per il momento).
È necessario invertire decisamente la rotta prima che sia troppo tardi. Per arrivare a un negoziato ci sono dei passi preliminari che vanno fatti, posizioni che vanno espresse pubblicamente. Intanto dare cittadinanza alle ragioni dell’avversario, che non significa giustificare, ma semplicemente capire cosa voglia e quindi individuare dove ci si possa venire incontro, il punto di composizione dei diversi interessi. Negare che l’Ucraina sia una nazione e abbia diritto a uno Stato sovrano, da una parte, e la censura di qualsiasi posizione che non sia “Putin criminale” dall’altra, significa volere che il dialogo non abbia neanche inizio.
Poi devono essere anche chiari gli obiettivi che ci si prefigge. Come si può trovare un punto d’incontro se non è chiaro verso quale obiettivo mi muovo? Alcune sere fa, intervenendo alla trasmissione Otto e mezzo su La7, il direttore di Limes, Lucio Caracciolo, diceva giustamente che non sappiamo ancora l’obiettivo del governo ucraino, cosa veramente voglia. Le intenzioni della Russia sono dichiarate fin dall’inizio: l’obiettivo politico, il cambio di governo a Kiev, sembra ormai tramontato; così pure sarà problematico rompere il legame dell’Ucraina – o di quel che ne resterà - con gli Stati Uniti; ma l’obiettivo militare è chiaramente quello di prendere il controllo del Donbass e della striscia di terreno che lo legherebbe alla Crimea, anche se non è escluso un ulteriore interesse a occupare la striscia a sud dell’Ucraina per congiungersi alla Transnistria, area russofona della Moldavia dove già in queste ore è salito l’allarme.
Ma Kiev? Cosa si prefigge a questo punto? Si parla tanto di possibile sconfitta della Russia, ma come si dovrebbe tradurre concretamente? La risposta è importante, diceva giustamente Caracciolo, perché l’Unione Europea e la Nato sostengono Kiev ed è importante sapere quale sia l’obiettivo, abbiamo il diritto di sapere almeno per cosa si combatte e per cosa si inviano armi. Gli Stati Uniti in qualche modo hanno già detto la loro: far durare la guerra più a lungo possibile per indebolire Putin (anche per la Russia l’idea di un regime change immediato sembra fuori dalla realtà). Obiettivo discutibile visto che a pagare gli interessi di Washington è la popolazione ucraina e anche l’Europa.
Ma a un certo punto, che sia domani o tra un anno, si dovrà mettere la parola fine, si dovrà sedersi a un tavolo. E quindi, qual è il reale obiettivo di Kiev? Riprendere il controllo della Crimea e del Donbass? Impensabile guardando alle forze in campo, a meno che non si voglia scatenare davvero la Terza guerra mondiale, uno scontro diretto tra Russia e Nato.
Accettare che Crimea e Donbass passino definitivamente sotto il controllo russo, una partizione che crei due Ucraine? Ma allora, sorge la domanda, non si poteva e doveva evitare questo disastro? In ogni caso una risposta è necessaria, questo continuo ritornello urlato a destra e a manca “Armi, armi, armi”, è irritante oltre che fortemente sospetto.
Non è con la guerra che si costruisce la pace, e quanto sta avvenendo ce lo dimostra ancora una volta.