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GUERRA

Ucraina e Gaza, due crisi in cerca di uomini di pace

La situazione in Ucraina e a Gaza sta precipitando (ieri sera l'attacco finale di Israele a Gaza City), ma la questione più drammatica è che tutti gli Stati sembrano farsi risucchiare in questa logica di guerra, anziché lavorare per il cessate il fuoco. Solo la preghiera può cambiare il corso degli eventi.

Esteri 16_09_2025
Attacco a Gaza, LaPresse

Le ultime notizie dai due principali fronti di battaglia – Ucraina e Gaza – sono tutt’altro che incoraggianti dal punto di vista di chi auspica uno stop alle armi.

Sul fronte ucraino la vicenda dei droni che hanno violato lo spazio aereo della Polonia lo scorso 10 settembre e di cui viene accusata la Russia, ha provocato un’immediata impennata della tensione. L’ingresso, seppur marginale, della Polonia nell’area delle operazioni belliche coinvolge direttamente la Nato, che infatti ha immediatamente varato l’operazione Sentinella dell’Est – a cui anche l’Italia ha dato l’adesione con due caccia – per alzare un muro a difesa del fianco est dell’Alleanza. Da parte della Russia si continua a smentire che ci sia mai stato un attacco o una provocazione nei confronti della Polonia e si accusa invece l’Occidente di inventarsi delle provocazioni per nascondere il fatto che «la situazione nell'Europa occidentale è catastrofica dal punto di vista economico», come ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. E Dmitry Peskov, portavoce del presidente russo Vladimir Putin, ha detto che «la Nato è in guerra con la Russia, questo è ovvio e non richiede ulteriori prove. La Nato è di fatto coinvolta in questa guerra, fornisce sostegno sia indiretto che diretto al regime di Kiev».

Dal canto suo però la Russia ha avviato importanti esercitazioni militari congiunte con la Bielorussia – Zapad (Occidente) 2025 – pericolosamente vicine al confine con la Polonia. Mosca e Minsk affermano che le esercitazioni hanno scopo puramente difensivo, per rafforzare la sicurezza di Russia e Bielorussia contro eventuali attacchi esterni. Ma il governo polacco è molto diffidente e continua ad alzare i toni per quella che definisce «l’aggressione» dei droni. Sebbene le esercitazioni siano inusualmente trasparenti – con la presenza di molti giornalisti e osservatori da 23 Stati, tra cui Stati Uniti e Turchia – potrebbero essere interpretate anche come un messaggio per l’Europa: far vedere la potenza russa-bielorussa per scoraggiare i Paesi europei a prendere iniziative militari.  

Sul fronte mediorientale invece si deve registrare l’attacco finale dell’esercito israeliano a Gaza, con l’impiego di aerei da guerra, artiglieria e droni. Un attacco che si prepara da giorni e per il quale il premier israeliano Benjamin Netanyahu pare aver ricevuto il via libera da parte dell’amministrazione del presidente americano Donald Trump, ieri rappresentato a Gerusalemme dal Segretario di Stato Marco Rubio che ha tenuto una conferenza stampa congiunta con Netanyahu dopo un lungo faccia a faccia. Nel corso della conferenza stampa Netanyahu ha anche detto che non sono esclusi altri attentati mirati contro i capi di Hamas «dovunque essi siano». Il riferimento è ovviamente all’attacco a sorpresa a Dubai la scorsa settimana per colpire i leader di Hamas lì convenuti per un negoziato che si trascina stancamente da mesi ma sul cui esito regna il massimo pessimismo: del resto se Hamas “gioca” con gli ostaggi israeliani e con le condizioni da porre per un cessate il fuoco e Israele cerca di colpirne i negoziatori, si capisce che le possibilità di almeno una tregua sono meno che minime.

Cosa hanno in comune queste due crisi? Che non solo nessuna delle parti coinvolte ha realmente intenzione di cercare un accordo per far cessare la guerra, ma si vedono altri Stati lasciarsi tentare dal coinvolgimento diretto nel conflitto. Come accade per i Paesi europei sul fronte ucraino. Le dichiarazioni bellicose dei capi di governo europei, dell’Unione Europea (Ue) e della Nato vanno in questa direzione sfidando anche la realtà, a cui ha invece bruscamente richiamato il nostro ministro della Difesa Guido Crosetto: «Non siamo pronti né ad un attacco russo né ad un attacco di un'altra nazione, lo dico da più tempo».

Anche l’iniziativa di Trump, che aveva suscitato delle speranze dopo il vertice tenuto in Alaska con Putin lo scorso 15 agosto, sembra perdersi nel nulla. Si è passati da un possibile incontro faccia a faccia tra Putin e il presidente ucraino Zelensky, alla presenza di Trump, che si sperava potesse svolgersi già a fine agosto, alla dichiarazione di ieri dello stesso Trump secondo cui «tra Putin e Zelensky c’è un odio insondabile» che rende improbabile un qualsiasi incontro di persona.

Per quanto riguarda il Medio Oriente, anche qui troviamo protagonista Trump, ma in questo caso non cerca di creare un dialogo tra le parti, ma sta sostenendo Netanyahu in un progetto che vorrebbe risolvere il conflitto israelo-palestinese eliminando la presenza palestinese a Gaza e in Cisgiordania. A costo di far saltare gli “accordi di Abramo” che erano stati il fiore all’occhiello della diplomazia trumpiana nella passata amministrazione.

Il progetto della destra israeliana che pretende di far sloggiare gli abitanti di Gaza e della Cisgiordania, è perfettamente uguale e contrario a quello di Hamas che vorrebbe invece eliminare la presenza ebraica in Terrasanta. Due forze che desiderano e perseguono il reciproco annientamento, un dialogo impossibile. Giustamente il Patriarca Latino di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa, ha detto nei giorni scorsi che «parlare di pace adesso non ha molto senso, è fuori dalla realtà», per poi aggiungere: «In questo momento bisogna parlare di cessate il fuoco, di cessazione delle ostilità». Ma anche questo obiettivo minimo oggi appare lontanissimo.

Si può dire che le guerre ci sono sempre state, anche in questi ultimi 80 anni, lo stesso Medio Oriente ne è una prova: qui la crisi di oggi è l’erede delle crisi vissute nei decenni passati. Quello che c’è di diverso, rispetto al passato, è l’apparente mancanza di personalità di pace, qualche leader o qualche figura carismatica tanto consapevole del disastro umano, sociale ed economico che comportano le guerre da spendersi anzitutto per far tacere le armi, che cerchi di lavorare per conciliare gli interessi delle parti coinvolte anziché esasperarli.

Per quanto riguarda tutti gli altri, tutti noi, la cosa più concreta che possiamo fare è pregare il Signore che susciti queste persone, che apra i cuori di chi è accecato dall’illusione di poter risolvere i problemi con la guerra, con l’eliminazione dell’altro.