Tutto cambia, ma la Costituzione resta islamica
La nuova Commissione dei Cinquanta, per la riscrittura della carta suprema egiziana, lascia l'articolo 2, che pone l'islam al centro della legge. Benché sconfitti, i Fratelli musulmani conducono ancora il gioco.
Quando lo scorso 1 settembre è stata annunciata la composizione della cosiddetta Commissione dei Cinquanta preposta alla riscrittura della Costituzione egiziana si è sperato in un passo verso una maggiore laicità, ovvero nell’abolizione o, per lo meno nella riforma, dell’articolo 2 e dell’articolo 219.
La presenza di rappresentanti liberali, intellettuali, esponenti del mondo dei sindacati, ma soprattutto rappresentanti dei movimenti giovanili che hanno animato la rivoluzione, figure della chiesa copta e dell’università islamica di al-Azhar, garante in questo periodo storico di una certa moderazione e, ultima ma non meno importante, la percentuale minima di estremisti islamici, lasciava presagire la possibilità concreta di un cambiamento reale e sostanziale.
D’altronde il rapporto della prima Commissione per gli emendamenti costituzionali, costituita da dieci membri, aveva già deciso la messa al bando dei partiti politici a orientamento religioso che, qualora approvata, avrebbe messo a repentaglio l’esistenza di più di quindici partiti, primi fra tutti il Partito della Libertà e della Giustizia, emanazione dei Fratelli musulmani, e il partito salafita al-Nur. Salah Abdel Maabud, membro del direttivo di quest’ultimo partito, si era infatti affrettato a dichiarare che «I documenti fondati del partito al-Nur presentati al Comitato per i partiti politici affermano che si tratta di un partito fondato sui principi civili e che è quindi un partito per tutti gli egiziani». Tuttavia la dichiarazione più interessante è quella dell’ex presidente del partito islamista al-Asala, Abdel Maqsud Afifi, che ha ricordato che «la nostra tendenza islamica è in sintonia con l’articolo 2 della Costituzione, che non è stato emendato e che afferma che la sharia è la fonte principale di tutte le leggi».
Le affermazioni di Afifi ci conducono all’articolo 2 della Costituzione che sancisce che «l’islam è religione di Stato, l’arabo è la lingua ufficiale e la sharia è la fonte principale della legge».
Ebbene, nonostante quasi trenta milioni di egiziani siano scesi in piazza per allontanare il simbolo dei Fratelli musulmani al potere, Mohammed Morsi, l’Egitto rischia di diventare uno Stato “della Fratellanza senza i Fratelli musulmani”, come ha scritto di recente l’intellettuale Adel Guindi. Lo stesso Guindi, elencando i punti nodali della Costituzione egiziana, ha rammentato che l’articolo 2 è purtroppo «diventato come un idolo che nessuno può né avvicinare né toccare», nonostante tutti sappiano come e perché è stato trasformato da Anwar Sadat ovverosia per compiacere i Fratelli musulmani, la cui ala militare lo avrebbe di lì a poco assassinato. La proposta, la speranza era quella di ripristinare l’articolo nella sua versione precedente in cui “la sharia è una delle fonti della Legge”. Guindi propone l’abolizione dell’articolo 219 che lasciava in modo sibillino libertà al legislatore di fare riferimento a una delle scuole giuridiche dell’islam.
Una richiesta di emendamento è giunta direttamente a Amru Musa, presidente della Commissione dei Cinquanta, da Papa Tawadros. La richiesta riguarda l’articolo 3 in cui si prevedeva per “cristiani ed ebrei” la possibilità di fare riferimento alle proprie autorità per quanto concerne questioni relative allo statuto personale. Il Papa copto ha chiesto di sostituire a “cristiani ed ebrei”, l’espressione per i “non musulmani”, allargando quindi lo spettro anche alla comunità bahai egiziana non riconosciuta dall’islam.
Purtroppo nonostante sia certo l’inserimento all’articolo 1 del riferimento all’Egitto come “Stato civile”, a memoria dei primi slogan in piazza Tahrir nel 2011 in cui si levava il grido “civile, civile” (madaniyya, madaniyya), pare altrettanto certo che l’articolo 2 rimarrà inalterato confermandone l’intoccabilità. Un articolo di tre righe che segna il destino e caratterizza il significato di tutti gli altri articoli. L’articolo indica il codice di riferimento ovvero quello islamico. Quindi l’Egitto sarà uno Stato civile, ma solo se non si scontrerà con i precetti dell’islam, a prescindere dalla scuola giuridica. L’apostata rimarrà apostata, la donna musulmana non potrà sposare il non musulmano e così via.
La sensazione è che l’articolo 2 sia il pedaggio da pagare affinché gli estremisti islamici pro-Morsi abbandonino, almeno momentaneamente la violenza, e accettino il cambiamento. Ma la Commissione dei Cinquanta non si illuda, il generale al-Sisi non si illuda perché i Fratelli musulmani non si placheranno e non si accontenteranno. D’altronde avendo perfettamente compreso che devono cambiare, che devono travestirsi e mettere in atto tutte le loro doti camaleontiche. In vista della messa al bando dei partiti religiosi hanno già compiuto una mossa straordinaria. Di fronte all’arresto dei loro leader, di fronte ai riflettori puntati su ogni loro mossa stanno già giocando d’astuzia. Nei giorni scorsi il Partito della Libertà e della Giustizia ha nominato come proprio presidente ad interim Rafiq Habib, un intellettuale copto, che dal 2011 milita nelle sue fila. Habib, a sua insaputa, sta svolgendo la stessa funzione delle donne non velate nelle liste tunisine di al-Nahdha. In questo caso è parte di una strategia volta non tanto al conseguimento del potere, ma alla sopravvivenza della Fratellanza.
I lavori dei Cinquanta stanno a quanto pare puntando al mantenimento di uno status quo velato da grandi riforme. Ancora una volta la paura degli estremisti islamici e delle loro minacce condurrà a un nulla di fatto, ma soprattutto condurrà ad altra insoddisfazione, ad altre delusioni e quindi, non smetteremo mai di ripeterlo, a creare terreno fertile per i Fratelli musulmani. L’articolo 2 è la chiave di volta e, come ha detto il presidente del Middle East Forum, Magdi Khalil, se rimane confermata equivale al “ritorno al punto zero”. Solo riportando l’islam ai musulmani e non agli interpreti della sharia l’Egitto e il mondo islamico si salveranno. Basterebbe ricordare le parole di un grande politico iracheno del secolo scorso Muhammad Fadhil al-Jamali che si descriveva come segue: «Sono un semplice musulmano e nient’altro. Sono un credente, ma la mia fede richiede la ricerca scientifica, soprattutto nel campo delle scienze naturali e degli studi sociali ed esige l’accettazione del concetto di evoluzione, che deve essere considerato come proveniente dalla volontà di Dio e dalla Sua modalità di gestire l’universo. Credo profondamente nella libertà di pensiero, a patto che sia accompagnata dall’onestà intellettuale». Solo la netta distinzione tra l’essere musulmano e la sharia, solo l’abolizione della seconda parte dell’articolo 2 porterà gli egiziani sulla strada della libertà.