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JIHAD

Tutti i predicatori dell'odio sono passati dall'Italia

I predicatori dell'odio jihadista giustificano il terrorismo suicida, celano un radicato antisemitismo nel loro essere anti-sionisti, fanno strage di cuori fra gli aspiranti jihadisti, fra cui i massacratori di Dacca. Molti di questi predicatori sono passati dall'Italia, invitati da associazioni che il governo ritiene affidabili.

Libertà religiosa 11_07_2016
Aid al Qarni

“L’odio è qualcosa di unico: non c’è differenza tra odio individuale e odio di gruppo; chi odia il singolo è capace allo stesso modo di essere soggetto all'odio di gruppo e anche di diffonderlo. Direi dunque che l’odio di gruppo − sia esso religioso, ideologico, sociale, nazionale o di qualsiasi altro tipo − è come un imbuto che assorbe in sé alla fine tutti coloro che sono disposti all'odio individuale. Così l’insieme delle persone capaci di odiare il singolo costituisce il retroterra più adatto e il potenziale umano tipico di tutti gli odii di gruppo”.

Le parole,  pronunciate da Vaclav Havel - drammaturgo, dissidente del regime comunista, protagonista della Rivoluzione di Velluto, primo Presidente della Repubblica, prima Cecoslovacca, e poi, dopo la divisione dalla Repubblica Slovacca, della Repubblica Ceca – ben si addicono al fenomeno dei predicatori d’odio islamici che nel corso degli ultimi decenni hanno diffuso odio individuale e odio di gruppo al contempo. L’esempio di odio individuale, ovverosia odio riversato su un singolo obiettivo, è rappresentato senza dubbio dall’odio contro Israele e gli ebrei. Anti-sionismo e antisemitismo rappresentano ancora oggi il paradigma dell’odio della predicazione islamica radicale. Nel corso dei secoli le invettive contro gli ebrei contenute nel Corano, l’esempio di Maometto che prima ha stretto un’alleanza con gli ebrei di Medina, ma ben presto li ha accusati di tradimento e quindi uccisi di sua mano, come narra la biografia ufficiale di Maometto, sono diventate lo sfondo teologico per il rancore e l’odio politico a partire dagli anni che hanno preceduto la nascita dello Stato di Israele nel 1948. Da quel momento, in nome dell’antisionismo, tutto è stato giustificato dagli attentati suicidi all’uccisione di civili, dall’uso di pietre a quello di coltelli, fino a diventare il paradigma, il modello per eccellenza della resistenza contro l’occupante, contro i nemici di Allah e dell’islam. Purtroppo, proprio come sostiene Havel, il jihad, l’odio individuale contro il “nemico sionista” è diventato il retroterra, il sostrato ideologico per l’ideologia manichea dell’estremismo islamico e ha creato il potenziale umano e psicologico pronto a essere indirizzato verso un altro obiettivo.

Non è, ad esempio, casuale che nei giorni scorsi Abdullah Bin Zayed Al Nahyan, Ministro degli Esteri e per la Cooperazione internazionale degli Emirati Arabi Uniti, ha attaccato su Twitter Yusuf Qaradawi, teologo di riferimento della Fratellanza musulmana globale e presidente del Consiglio Europeo per la Fatwa e la Ricerca con sede a Dublino. Il Ministro ha affermato che i predicatori che hanno giustificato gli attentati suicidi sono i responsabili delle conseguenze delle loro parole. Qaradawi avrebbe negato di avere giustificato gli attentati suicidi e avrebbe affermato di avere condannato gli attentati in Iraq e Arabia Saudita. Se è vero che il predicatore egiziano ha condannato i tragici recenti eventi, mente quando afferma di non avere mai giustificato gli attentati suicidi. Nel 2001 Qaradawi ha tuttavia rammentato che “in seno al movimento [dei Fratelli musulmani] continuano a esservi figli sinceri, che riservano ad Allah un culto sincero, e la cui fede in Allah è pura, che s’impegnano nel jihad in terra di Palestina per liberare la terra delle profezie dalle atrocità dei sionisti, per liberare la nobile Gerusalemme, la Santa moschea di al-Aqsa, costoro i figli del Movimento di Resistenza Islamica (Hamas)”. Nel settembre 2004, in occasione di un convegno del sindacato della stampa egiziano al Cairo, Qaradawi ha emesso il proprio giudizio sullo statuto dei civili americani in Iraq: “Tutti gli americani presenti in Iraq sono combattenti quindi è un dovere religioso combatterli sino a quando non lasceranno la nazione”. Non solo ma lo shaikh ha tenuto a specificare che “non esiste differenza alcuna tra personale militare statunitense e civili in Iraq perché entrambi hanno invaso la nazione […] e i civili si trovano in luogo per servire le forze occupanti”. Quindi personale militare e civili americani in Iraq non rientrano nella definizione di “vittime innocenti”.

Lo stesso ragionamento viene avanzato quando si tratta di condannare gli attacchi suicidi in Israele. L’8 luglio 2004, intervistato dalla Bbc, al-Qaradawi affermava: “Non si tratta di suicidio, si tratta di martirio nel nome di Allah, i teologi e i giurisperiti islamici hanno discusso la questione. Considerandola una forma di jihad. […] Le donne israeliane non sono come le donne nella nostra società perché le donne israeliane sono militarizzate. Inoltre, ritengo questo tipo di operazione di martirio un’indicazione della giustizia di Dio Onnipotente. Iddio è giusto. Attraverso la sua infinita giustizia ha dato al debole quello che i potenti non possiedono, ovvero la capacità di trasformare i loro corpi in bombe come fanno i palestinesi”.

Qaradawi ha predicato per anni dagli schermi di Al Jazeera, che trasmette dal Qatar, e ha iniettato d’odio la platea islamica ben oltre l’ambito ristretto della Fratellanza musulmana e ha creato il sostrato psicologico - fatto di rabbia, vittimismo, rancore – di quello che lo psicologo Fethi Benslama ha definito il “super-musulmano”. Il “super-musulmano” si sente investito del potere/dovere di portare la giustizia nel mondo in nome dell’islam. E’ evidente che la responsabilità di quanto sta accadendo per mano dello Stato islamico non vada attribuita in toto al predicatore osannato dall’islam politico europeo, dal Regno Unito a Davide Piccardo del CAIM che di recente lo ha ancora definito “un grande sapiente”.

Ebbene, il 7 luglio scorso Fausto Biloslavo ha rivelato che il controverso predicatore Zakir Naik è “uno dei tre cattivi maestri seguiti in rete da almeno due terroristi di Dacca”, ma fatto ancora più preoccupante è che Naik è stato in Italia nel 2008 e nel 2009, ed è stato persino invitato a parlare a Roma al Centro studi americano. Tra le perle di Naik v’è la seguente affermazione: “Osama Bin Laden terrorizzava l'America, io sto con lui. Ogni musulmano dovrebbe essere un terrorista”. Purtroppo l’Italia non solo vede l’islam organizzato italiano e europeo nelle mani di ammiratori di Qaradawi, non solo ha ospitato Naik in passato, ma ha visto passare e predicare sul proprio territorio molti cattivi maestri. Ad esempio, il predicatore siriano Rateb al-Nabulsi, invitato da Islamic Relief Italia, che ha scritto quanto segue: “Il musulmano è l’arma più forte. Alcuni si dimostrano vinti psicologicamente perché ritengono che nonostante la nostra forza, non potremo mai vincere il nemico. Nella loro mente, il nemico è più forte di noi e ha delle armi che noi non abbiamo. Ma costoro dimenticano che noi abbiamo un’arma che il nemico non ha: l’uomo musulmano, il soldato musulmano, che quando è in battaglia, sceglie solo tra due opzioni: la vittoria o la morte da martire per la causa di Allah. Il soldato musulmano non pensa mai alla sconfitta e non si arrende mai. Anche se il nostro nemico possedesse tutte le armi possibili, non potrà mai sconfiggerci, sinché noi resteremo con Allah e Allah sarà con noi. Se il nemico ha dei caccia, dei missili e altre armi, noi abbiamo l’arma più forte. Noi possediamo il credente che desidera la morte per avere la vita.”

E ancora: “Fratelli, il jihad nell’islam è stato legiferato per stabilire la verità, rifiutare l’ingiustizia, realizzare la giustizia, la pace e la sicurezza e per rafforzare la misericordia con la quale Maometto – su di Lui la pace e la benedizione di Allah – è stato inviato agli uomini del mondo per farli uscire dalle tenebre verso la luce. Questa idea distrugge tutte le tipologie di terrorismo perché il jihad è stata legiferata per difendere la patria e contro l’occupazione dei territori, il saccheggio dei tesori, contro l’occupazione coloniale che caccia le persone dalle proprie dimore, contro coloro che violano le promesse e per seminare discordia tra i musulmani […]”. Ad esempio, nel 2014, Islamic Relief ha invitato un altro predicatore di punta, il saudita ‘Aidh Al-Qarni. Costui nel 2004 dalle antenne di IqraTv, dopo la morte del leader di Hamas ‘Abd al-‘Aziz al-Rantissi, proclamò: «É stato ucciso dai fratelli delle scimmie e dei maiali, dagli uccisori dei Profeti. Egli ha compiuto il suo dovere, mentre noi musulmani non siamo serviti a nulla, non abbiamo arrecato alcun danno agli ebrei, la gente oggi protesta verbalmente in televisione oppure organizza manifestazioni. A che cosa serve tutto questo? Prego Allah che faccia cadere i nemici nelle loro stesse trappole, che distrugga gli ebrei e chi li aiuta tra i cristiani e i comunisti e che li trasformi nel bottino di guerra (ghanima) dei musulmani. Ben venga il jihad, il sacrificio e la resistenza contro gli occupanti in Iraq […] le gole devono essere tagliate, i crani infranti e questa è la via verso la vittoria».

Un anno dopo al-Qarni si mostra più “moderato” quando sempre da IqraTv afferma: «Il Profeta Maometto, come viene narrato in un hadith, inviò ‘Ali dagli ebrei, i fratelli delle scimmie e dei maiali, per combatterli. Il coraggioso e valoroso ‘Ali pensò che lo avesse inviato a decapitarli. Il Profeta invece gli disse che era meglio guidarli sulla retta via piuttosto che ucciderli e che lo scopo della missione era quello di condurre gli ebrei all’islam per convertirli e aumentare il numero dei musulmani. Condurli in paradiso è meglio che assassinarli. In nome di Allah, se conducete un ebreo o un cristiano sulla retta via è meglio che assassinarne uno o duemila sul campo di battaglia». Ultimo, ma non meno significativo, l’invito da parte di Islamic Relief prima e da parte dell’Associazione Islamica Italiana degli imam e delle guide religiose, del predicatore antisemita Tareq Suwaidan che, tra l’altro, ha affermato che «Noi non abbiamo problemi con la morte, siamo diversi dagli israeliani. [...] Tutte le madri della umma – non solo quelle palestinesi – dovrebbero allattare i propri figli con l’odio verso i figli di Sion. Li odiamo, sono i nostri nemici. Dobbiamo instillare questo nei cuori dei nostri figli sino a che sorgerà una nuova generazione che li cancellerà dalla terra. [...] Ciascuno di noi uscendo da questa sala dovrà pensare a un piano su come cancellare Israele».

Tutti costoro, ma la lista è ben più lunga, sono passati dal nostro paese, molti di costoro sono stati invitati da organizzazioni che sono considerate referenti affidabili dal nostro governo. Il caso di Naik e quanto continua ad accadere da Dacca a Baghdad, da Istanbul a Medina, da Parigi a Bruxelles deve portare a una seria riflessione sui cattivi maestri e i loro seguaci nel mondo e in Italia. Chiunque giudichi Qaradawi e Suwaidan dei sapienti illuminati è indirettamente latore della loro visione manichea carica di odio nei confronti dei “nemici di Allah”, chiunque sostenga la validità degli attentati suicidi in Israele o contro qualsiasi oppressore o tiranno, chiunque sostenga la validità del jihad nel XXI secolo deve essere considerato un problema e deve essere arginato sia sul terreno che sul web. L’odio corre sulla rete, ma non è virtuale, uccide. Le parole che i cattivi maestri non pronunciano in Italia o in moschea, perché sanno di essere controllati, si trovano facilmente su YouTube, su Facebook, su Twitter e alimentano giovani menti che diventano in seguito incontrollabili e ingestibili e facili prede per il “combattente”/eroe di turno da Bin Laden a Al-Baghdadi, da Hamas a Hezbollah.