Turchia, l'eredità di Kemal Ataturk
Nella sua visita in Turchia, Papa Francesco rende subito omaggio al mausoleo di Ataturk, il padre della Turchia repubblicana. Si tratta di un omaggio simbolico molto potente, una reazione alla violenta islamizzazione. Ataturk espulse l'islam dalla vita pubblica turca e dalla sua cultura. L'attuale premier Erdogan è agli antipodi.
"Formulo i voti più sinceri perché la Turchia, ponte naturale tra due Continenti, sia non soltanto un crocevia di cammini, ma anche un luogo di incontro, di dialogo e di convivenza serena tra gli uomini e donne di buona volontà di ogni cultura, etnia e religione.” Queste le parole scritte da Papa Francesco sull’albo d’oro del mausoleo dedicato a Kemal Atatürk ad Ankara. In un’epoca in cui lo spettro del califfato aleggia sul Medio Oriente e sull’Europa, in un paese in cui il governo non ha ancora assunto una posizione netta nella condanna del terrorismo dello Stato islamico e ha profondi legami con i Fratelli musulmani, la decisione di avviare la visita in Turchia rendendo omaggio a colui che nel 1924 ha abolito l’istituzione del califfato è senza dubbio un messaggio chiaro da parte del Pontefice.
Per il fondatore della Repubblica turca e della Turchia moderna, Kemal Ataturk, l’islam rappresentava la causa principale del crollo dell’Impero Ottomano e l’ostacolo principale all’introduzione di innovazioni politico-sociali, civilizzatrici e tecniche. D’altronde l’epoca delle Tanzimat, delle grandi riforme ottomane, aveva assistito all’opposizione da parte dell’elemento religioso conservatore alla modernizzazione. Anche in campo politico Ataturk individuò nell’islam, rappresentato dalle istituzioni del sultanato e del califfato, il motivo principale dell’arretratezza dell’impero rispetto all’Europa.
Ebbene dopo la guerra di liberazione (1919-1922), Ataturk avviò una graduale quanto inesorabile laicizzazione della Turchia: il 29 ottobre 1923 con la proclamazione della repubblica fu abolito il sultanato; il 3 marzo 1924 la grande assemblea nazionale ad Ankara decise di abolire anche il califfato. L’ultimo sultano ‘Abdulmajid venne espulso dal paese. Anche il sistema educativo fu gradualmente laicizzato: il primo atto fu la chiusura delle 479 scuole superiori di teologia islamica (madrase) poiché il sistema scolastico doveva essere “moderno, scientifico e nazionalista”; nell’autunno 1924, all’inizio dell’anno scolastico, l’insegnamento della religione nei ginnasi fu abolito; all’inizio dell’anno scolastico 1929 scomparve anche dalle scuole secondarie; nel 1930 dalle scuole pubbliche nei centri urbani; nel 1938 anche dalle scuole dei villaggi.
Contemporaneamente Atatürk si premurò di eliminare anche l’”islam popolare”: il sufismo, istituzionalizzato, soprattutto nell’ordine dei giannizzeri, nel corso di tutta la storia ottomana aveva svolto un ruolo significativo nella vita religiosa della popolazione. Poiché da questi ambienti era auspicabile un’opposizione alle misure di laicizzazione adottate, nel 1925 le confraternite furono messe al bando e i loro conventi sequestrati.
Nonostante l’art. 2 della Costituzione del 1924 affermasse che “La religione dello Stato turco è l’islam”, nel 1926 il codice civile basato sul diritto sciariatico fu sostituito da un codice ispirato a quello svizzero che vietava ogni forma di poligamia.
Nel 1928, il movimento kemalista si sentì sufficientemente sicuro da potere eliminare dalla costituzione l’islam quale religione di Stato. Ma solo nel 1937 fu introdotto il principio della laicità: “Lo Stato turco è repubblicano, nazionalista, popolare, statalista, laico e rivoluzionario”.
Nel frattempo erano stati eliminati anche i segni esteriori della islamicità: nel 1925 il calendario islamico lasciò il posto al calendario europeo; nel 1928 fu introdotto l’alfabeto latino modificato al posto di quello arabo, legato alla religione islamica; dal 1932 l’appello alla preghiera venne consentito solo in turco anziché in arabo; un altro adattamento alla cultura cristiano-occidentale fu l’introduzione nel 1935 della domenica come giorno di riposo; nello stesso anno fu vietato di indossare in pubblico simboli religiosi e ai turchi fu chiesto di cambiare il cognome secondo il modello europeo.
La laicità di Stato voluta e gradualmente introdotta da Mustafa Kemal è senza dubbio agli antipodi dell’islamizzazione della Turchia di cui Erdogan è il protagonista principale. Durante l’incontro con Papa Francesco il presidente turco ha ribadito: “I pregiudizi si sviluppano fra i mondi islamico e cristiano. L’islamofobia progredisce in modo serio e rapido. Dobbiamo operare insieme contro le minacce che pesano sul nostro pianeta: l’intolleranza, il razzismo e le discriminazioni”. Se Atatürk per Erdogan è senza dubbio un islamofobo, senza Atatürk la Turchia moderna non sarebbe esistita. Non resta che da domandarsi se tra i due estremi della laicità a tutti i costi e dell’islamizzazione globalizzante e totalizzante non possa esistere una via di mezzo, ma soprattutto se non sarà proprio la laicizzazione voluta dal “padre dei turchi”, laicizzazione che fa parte del Dna della popolazione, a salvare la Turchia dall’estremismo islamico che, nella sua forma più crudele, la circonda e che, nella sua forma più “moderata”, la governa.