ABORTO
«Tu, che volevi diventare madre»
Il vicepresidente del Movimento
per la Vita si rivolge direttamente
alla ragazza di Trento che dopo molte pressioni ha deciso di abortire.
Attualità
19_12_2011
Facendo seguito alla vicenda della sedicenne di Trento costretta ad abortire dai suoi genitori che, allo scopo, si erano anche rivolti al giudice, ospitiamo l'intervento-appello del vice presidente nazionale del Movimento per la Vita.
Amarissima la vicenda accaduta nel mio Trentino, dove una minorenne incinta, decisamente intenzionata ad accogliere suo figlio, alla fine ha abortito.
Amarissima non solo per il sacrificio di un essere umano – e già questo basterebbe - non solo, per la probabile sofferta pressione psicologica subita dalla gestante (altroché libertà di non abortire); ma anche per il risvolto culturale che l’episodio rivela ed al contempo ne è frutto. Nessun giudizio sulle persone, naturalmente. Ma su una cultura e sui fatti che genera, esso è addirittura doveroso. A partire da quelli che hanno determinato l’epilogo drammatico dell’amara vicenda: la morte di un figlio e l’assoluta privazione per la madre della libertà di non abortire.
Questi decisivi eventi sono stati avvolti, salvo nobili eccezioni, da un eloquente silenzio. Di lui, il nascituro, non si deve parlare. Perché? Perché mette in discussione certe “libertà”? Perché non avrebbe diritti? Ma se è un essere umano spettano pure a lui almeno i diritti fondamentali, a partire da quello alla vita o no? E, nel dubbio circa la sua umanità – che qualcuno sistematicamente antepone – si adotta o no il principio di precauzione per il quale nel dubbio si propende per la vita, tanto più di chi è totalmente dipendente dagli altri?
E ad una donna, tanto più se minorenne come nel caso di specie, che, in gravidanza difficile, esprime la volontà di accogliere il proprio figlio, è o no doveroso offrirle tutto l’aiuto possibile per assecondarla in quello che sente nel cuore (oltre che nel corpo) come naturale desiderio? E’ o no l’alleanza con la vita fragile quella che qualifica la nostra esistenza? Tanto più quando questa fragilità è estrema, come nei casi di specie?
Ed invece no. Silenzi ambigui, pressioni indicibili, fatte passare addirittura come “umanitarie”, “ragionevoli”, supportati perfino da interventi di comprensione, di sostegno.. Ma così si stravolgono concetti fondamentali quali quello di amore, di pietà, di diritto… Così si genera una cultura contro la vita più fragile ed indifesa ammantandola addirittura di pietà!
Mi rivolgo a te, cara minorenne, che hai perso il figlio non per volontà tua. Se fosse stato in gioco, anziché un bimbo, un cucciolo di lince o di orso panda, la vicenda avrebbe probabilmente avuto un esito positivo. Spero di cuore che non abbia a vivere traumi da quest’esito da te non voluto o a rinfacciare domani a qualcuno decisioni che questo ha assunto al tuo posto.
A questa tua solitudine che immagino angosciante, a quella della tua famiglia, io e tutti noi volontari siamo disponibili (335/8177338) per offrire una risposta. Senza giudizi – men che meno quelli di un Tribunale – ma con Amore. Diversamente, anche per me, questo S. Natale sarebbe molto, molto più amaro.