Trump for Life, per la prima volta un presidente alla Marcia per la Vita
Trump annuncia la prima, storica, partecipazione di un presidente degli Stati Uniti, ancora in carica, alla Marcia per la Vita. Finora anche presidenti pro-life, come Ronald Reagan, avevano partecipato con loro messaggi di incoraggiamento, ma mai presenziando personalmente all'annuale marcia. Si tratta di una scelta coraggiosa, perché l'elettorato è molto diviso sul tema del diritto alla vita sin dal lontano 1973, quando la sentenza Roe vs. Wade introdusse l'aborto legale negli Usa. Ed è soprattutto una battaglia che caratterizzerà la prossima campagna elettorale presidenziale: tutti i candidati democratici sono abortisti, incluso il cattolico Joe Biden, e sfideranno il più pro-life fra i presidenti repubblicani.
- IL PIÙ PRO LIFE DEI PRESIDENTI USA, di Ermes Dovico
Da Davos, dove era ancora ospite del World Economic Forum, il presidente americano Donald Trump ha lanciato un tweet che è già passato alla storia: “Ci vediamo venerdì, grande folla!” con l’immagine dell’ultima March for Life. In questo modo, stava annunciando la sua partecipazione alla March for Life (Marcia per la Vita), che si terrà oggi a Washington. E’ il primo presidente degli Usa che vi prende parte.
“Siamo così entusiasti che il presidente possa vedere di persona quanto i nostri partecipanti siano appassionati al tema della vita e della protezione dei nascituri”, ha sottolineato Jeanne Mancini, presidente di March for Life. Dal 1974 viene celebrata ogni 22 gennaio (o nei giorni immediatamente successivi o precedenti), come risposta alla sentenza Roe vs Wade, che il 22 gennaio 1973 ha legalizzato l’aborto negli Usa. I presidenti del Partito Repubblicano, più sensibili alla questione, hanno espresso spesso la loro vicinanza alla Marcia per la Vita, ma non vi hanno mai preso parte.
Trump non è il primo presidente che ha rivolto il suo saluto o un suo discorso al popolo pro life. Il primo in assoluto fu Ronald Reagan, che mandò i suoi messaggi in quattro edizioni della Marcia, dal 1985 al 1988. “Provo un senso di grande solidarietà con tutti voi – aveva dichiarato Reagan il 22 gennaio 1985 – E sono convinto, come so che ne siete convinti anche voi, che la nostra risposta al 12mo anniversario della Roe vs. Wade e della Doe vs. Bolton, deve essere quella di impegnarci nuovamente per porre fine alla terribile tragedia nazionale dell’aborto”. Reagan, con la passione che lo distingueva, invitò a “riconoscere la realtà della vita prima della nascita e la realtà della morte per aborto”. Ottimista, come sempre, era convinto che lo sviluppo tecnologico avrebbe cambiato la percezione della vita prima della nascita: “Io voglio che sappiate che in questi giorni, come mai prima, la tendenza sta virando dalla nostra parte. Sicuramente i recenti sviluppi della tecnologia medica stanno cambiando i termini del dibattito. I chirurghi ora parlano di ‘pazienti nel ventre’. Ora conosciamo i nascituri come mai in passato. I medici hanno inventato procedure che permettono di eseguire trasfusioni di sangue al feto e di curarlo. Per la prima volta, con le nuove tecniche di sonografia in tempo reale, siamo in grado di vedere con i nostri occhi, in video, l’aborto di un bambino nascituro di 12 settimane”. In tempi più recenti, anche il presidente George W. Bush si era rivolto alla Marcia per la Vita, sempre a distanza, ringraziando i partecipanti per la “devozione ad una causa tanto nobile”.
Negli anni precedenti dell’amministrazione Trump, non solo il presidente ha rivolto un suo discorso al popolo pro-life dalla Casa Bianca, nel 2018, ma aveva affidato l’anno prima il messaggio al vicepresidente Mike Pence. Che è passato alla storia, in quell'occasione, come il primo vicepresidente in carica a partecipare alla Marcia. Già dal 2017, dunque, primo anno della presidenza Trump, si era registrato un cambio di passo, una partecipazione molto più diretta alla marcia nazionale. Con oggi, salvo imprevisti, Trump sarà il primo presidente in carica a prendervi parte.
Le associazioni abortiste americane hanno reagito immediatamente, come ci si poteva attendere. Ilyse Hogue, presidente di Naral, associazione pro-choice di primo piano, ha definito la partecipazione di Trump come “Una mossa disperata, pura e semplice”. Lo accusa di “passare a diffondere dissimulazione e disinformazione sull’aborto per attrarre il consenso di una piccola minoranza estremista e rumorosa, mentre affronta la realtà, sempre più evidente, di una presidenza che gli sta crollando sotto i piedi”. Un argomento tipico degli avversari di Trump, nel mondo pro-choice e fra i progressisti all’opposizione, è quello di identificare la sua partecipazione alla Marcia per la Vita come uno strumento di propaganda elettorale e come modo di sviare l’attenzione dall’impeachment (arrivato all’ultimo atto in Senato).
Questa tesi, tuttavia, si scontra con un semplice dato di realtà. Prima di tutto Trump è, appunto, il primo presidente che prende parte direttamente alla Marcia. Tutti i suoi predecessori, incluso il più determinato Reagan, non erano arrivati a tanto. Evidentemente è una mossa rischiosa, non un modo facile per attrarre consensi in vista di una campagna elettorale. Schierarsi così esplicitamente dalla parte del diritto alla vita è una scelta “divisiva” che molti candidati alla rielezione preferiscono evitare, proprio per continuare a tener buone tutte le possibili componenti dell’elettorato. È quanto afferma anche Planned Parenthood, la principale organizzazione e lobby abortista negli Usa, nel suo stesso comunicato: “… Ma il 77% di noi che sostengono quell’accesso (accesso alla “salute riproduttiva”, leggasi: all’aborto, ndr) avrà modo di esprimersi a novembre. Dobbiamo far sì che (Trump, ndr) l’anno prossimo, sia lì (alla Marcia, ndr) come privato cittadino”. Il dato del 77% di americani pro-aborto è discutibile, altri sondaggi rivelano come il 49% degli americani sia pro-life contro il 46% di pro-choice (Gallup, 2019) e che il trend sia decisamente dalla parte dei pro-life. Sta di fatto, però, che compiere una scelta di campo in questa materia è un rischio.
Nelle elezioni del 2020, l’aborto sarà dunque una scelta dirimente. Con Trump schierato apertamente in difesa del diritto alla vita, c’è da attendersi che tutti i candidati delle primarie dei Democratici si schierino ancor di più per l’aborto. Come, d’altronde, sta già accadendo a livello statale, con le amministrazioni democratiche di Virginia e New York, ad esempio, intente a far passare legislazioni ultra-abortiste, aborto tardivo incluso. Tutti i candidati democratici che si apprestano ad affrontare Trump sono pro-aborto. Tutti senza eccezione, compreso il cattolico Joe Biden, ex vicepresidente di Obama, sono pro-choice. Mai come quest’anno le elezioni saranno così caratterizzate da una battaglia fra la vita e la morte (per aborto).