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TRE ANNI CONCRETI

I provvedimenti di Trump, il più pro life dei presidenti Usa

Dalla reintroduzione ed estensione della Mexico City Policy alla nomina di due conservatori alla Corte Suprema, dal taglio dei fondi a Planned Parenthood e Unfpa alla difesa dell’obiezione di coscienza per datori di lavoro, medici e infermieri. Fin dai primi giorni alla Casa Bianca, Donald Trump ha firmato molti atti a difesa dei nascituri e sgraditi all’industria dell’aborto. Guadagnandosi l'apprezzamento del movimento pro vita

Vita e bioetica 24_01_2020

Non c’è solo l’annuncio della prima, storica, partecipazione dal vivo di un presidente degli Stati Uniti alla Marcia per la Vita di Washington. Tutto si può infatti dire di Donald Trump tranne che non si stia dando da fare per mantenere gli impegni presi in tema di difesa dei nascituri. E questo fin da quando è iniziato il suo lavoro alla Casa Bianca.

Lunedì 23 gennaio 2017, appena tre giorni dopo la cerimonia d’insediamento come 45° presidente degli Stati Uniti, ecco uno dei suoi primi atti esecutivi: è la reintroduzione della cosiddetta Mexico City Policy, una misura voluta da Ronald Reagan nel 1984 che impedisce il finanziamento all’estero, con fondi americani, di tutte le organizzazioni non governative che promuovono o praticano l’aborto come metodo di pianificazione familiare.

Questa misura era sempre stata sostenuta da tutti gli altri presidenti repubblicani dopo Reagan (Bush padre e figlio), e disapplicata da quelli del Partito democratico (Clinton e Obama). Oltre a reintrodurre la Mexico City Policy, Trump ha avuto il merito di ampliarne la portata, coprendo non solo i programmi di pianificazione familiare all’estero (nel 2016 valevano più di 600 milioni di dollari) bensì estendendola a tutti i fondi federali riguardanti la salute oltreconfine, una torta complessiva di circa 9 miliardi di dollari. La misura ha quindi assunto la nuova, ufficiale, denominazione di Protecting life in global health assistance, escludendo di fatto dalla suddetta torta quelle organizzazioni (Planned Parenthood e Marie Stopes International su tutte) che col tempo sono riuscite a far inserire l’aborto come metodo di pianificazione familiare nei più disparati programmi internazionali e che oggi non intendono rinunciare alla loro agenda.

Trump ha poi potenzialmente cambiato gli equilibri alla Corte Suprema, nominando come nuovi giudici prima Neil Gorsuch e poi Brett Kavanaugh, e portando così teoricamente sul 5-4 i rapporti di forza tra toghe con posizioni conservatrici e toghe liberal. Nella realtà, come abbiamo già riferito sulla Nuova Bussola, le cose non hanno sempre rispecchiato questa suddivisione teorica, ma va dato atto che le nomine di Gorsuch e Kavanaugh hanno comunque riacceso le speranze di un eventuale ribaltamento della Roe contro Wade, la sentenza che il 22 gennaio 1973 liberalizzò l’aborto in tutti gli Stati Uniti.

Un altro campo in cui l’amministrazione Trump è intervenuta è la riforma del Titolo X (Pianificazione familiare). Nell’aprile 2017, il leader repubblicano ha firmato una legge che consente ai singoli Stati di non assegnare a organizzazioni abortiste i fondi previsti dal Titolo X, cancellando una norma approvata sul finire dell’era Obama che invece forzava gli Stati in direzione opposta. Più di recente, il suo governo ha perfezionato la riforma stabilendo che deve esservi una netta separazione, sia finanziaria che fisica, tra le strutture beneficiarie dei soldi del Titolo X e le strutture che praticano e promuovono l’aborto come metodo di pianificazione familiare. Planned Parenthood, che ha iniziato una battaglia legale, è stata in breve tagliata fuori da questo genere di fondi, che contano per circa 60 milioni di dollari del suo comunque enorme finanziamento pubblico (quasi 617 milioni nell’anno finanziario 2018-2019).

Importanti passi sono stati fatti nella difesa dell’obiezione di coscienza, pesantemente colpita dal «mandato contraccettivo» dell’Obamacare e da altre norme approvate negli otto anni al potere di Barack Obama. Trump ha emesso una serie di provvedimenti che proteggono i datori di lavoro dall’obbligo di coprire le spese per l’aborto (‘contraccettivi’ abortivi inclusi) attraverso i piani assicurativi per i dipendenti. E il 2 maggio 2019 ha rafforzato la possibilità per medici, infermieri e altri soggetti di esimersi dal partecipare o indirizzare a pratiche «quali l’aborto, la sterilizzazione o il suicidio assistito».

C’è poi da ricordare l’impegno pro vita del governo Trump in sede Onu. Con il tycoon alla Casa Bianca, gli Usa hanno più volte denunciato l’uso ambiguo del termine «salute riproduttiva» nonché i tentativi di reinterpretare i documenti approvati dalle Nazioni Unite per rintracciarvi un inesistente «diritto internazionale all’aborto». Nell’estate 2019 la sua amministrazione ha compiuto un passo senza precedenti inviando una lettera, a firma di Mike Pompeo e Alex Azar, a tutti gli Stati membri dell’Onu per invitarli a fare fronte comune nel «proteggere i nascituri e difendere la famiglia come cellula fondamentale della società». Finora, questo cambiamento di politica all’Onu non ha influito granché sul tipo di risoluzioni - sia per il blocco dei Paesi filoabortisti dell’Ue sia, pare, per un insufficiente attivismo diplomatico - ma si tratta comunque di un segnale incoraggiante.

Inoltre, fin dal 2017, Trump ha tagliato i fondi all’Unfpa (68 milioni di dollari all’anno, tra fondi diretti e indiretti), l’agenzia dell’Onu più coinvolta nel controllo delle nascite, che ha collaborato perfino alla politica cinese del figlio unico, fatta di sterilizzazioni e aborti forzati.

È vero che l’inquilino della Casa Bianca mantiene sull’aborto una posizione personale moralmente non condivisibile, laddove ammette le tre più note eccezioni (incesto, stupro e pericolo di vita per la madre). Ma i provvedimenti sopra richiamati hanno il loro impatto. Tanto che la presidente della Marcia per la Vita, Jeanne Mancini, in un’intervista di pochi giorni fa, ha affermato che Trump «ha fatto più per il movimento pro vita di ogni altro presidente» quando si tratta di misure concrete. Un’opinione espressa anche da diversi altri leader pro life americani. Del resto Trump è stato pure accorto nell’includere, nella sua cerchia di consiglieri, non pochi rappresentanti di quel mondo.

Infine, anche le sue parole in questi anni sono state importanti. Difficile contare le occasioni in cui Trump ha tenuto discorsi accorati in difesa della vita nascente e in cui ha definito «ogni bambino un dono sacro di Dio». Che il presidente di una potenza come gli Stati Uniti ribadisca questa elementare verità - specie nel mondo capovolto di oggi - è un buon primo passo per ristabilire una cultura della vita.