Troppe vocazioni Il vescovo chiude la Fraternità
La Chiesa del Belgio, in piena crisi di vocazioni, ha deciso di non ospitare più la Fraternità sacerdotale dei Santi apostoli che ha attirato in soli tre anni 27 membri, 6 sacerdoti e 21 seminaristi. La decisione del nuovo arcivescovo di Malines-Bruxelles, monsignor Jozef De Kesel, appare paradossale nelle motivazioni: «La maggior parte dei seminaristi provengono dalla Francia, nonostante vi siano molte diocesi francesi in cui mancano sacerdoti». Ed è rivolta tra i laici.
La Fraternità dei Santi Apostoli è una realtà sacerdotale con vocazioni e una fervente attività di evangelizzazione. Ne sanno qualcosa i parrocchiani di Santa Caterina, una chiesa al centro di Bruxelles affidata alle loro cure pastorali. Peccato che per volontà del nuovo Primate del Belgio, monsignor Jozef De Kesel, la diocesi dalla fine di giugno non ospiterà più la Fraternità. Cosa è successo di tanto grave per arrivare a questa decisione?
La Fraternità è una realtà fondata nel 2013 dall’ex primate del Belgio, monsignor Joseph Leonard, e ispirata al carisma del sacerdote francese Michel-Marie Zanotti-Sorkine, e può contare oggi su 23 seminaristi e 6 sacerdoti. Una specie di manna in un contesto come quello di Bruxelles in cui, secondo una recente inchiesta del quotidiano La Libre, sono destinate a chiudere 35 chiese su 110, e solo l’1,5% della popolazione si dice praticante. Domenica scorsa, dopo la messa, in pieno centro a Bruxelles, i parrocchiani di Santa Caterina (circa 1000 quelli che hanno assistito alla S.Messa) si sono riuniti per far sentire la loro voce e per non perdere la Fraternità. Hanno scritto anche a Papa Francesco. La Nuova Bussola ha contattato la portavoce stampa di questo gruppo di fedeli per cercare di comprendere meglio cosa sta succedendo. Siamo stati messi in contatto con Isabelle Parias, 38 anni, mamma di 6 bambini. Domenica era a protestare sul sagrato della parrocchia.
Signora Parias, per quale motivo monsignor de Kesel vuole allontanare la Fraternità dalla diocesi?
«Nel comunicato stampa pubblicato mercoledì 15 giugno, si trova scritto che l’arcivescovo ritiene che l'iniziativa della Fraternità Santi Apostoli è problematica perché la maggior parte dei loro seminaristi provengono dalla Francia, nonostante vi siano molte diocesi in Francia in cui mancano sacerdoti. Quand’anche in futuro vi saranno dei belgi che desidereranno entrare nella Fraternità, questo sottintenderebbe che essi vengono sottratti dalla loro diocesi di origine. Quindi è per solidarietà con i suoi confratelli che mons. de Kesel ha detto che non vuole più accogliere in Belgio la Fraternità».
Una decisione paradossale in un contesto come quello del vostro Paese in cui il numero di sacerdoti è passato dai 10400 del 1960 ai circa 3000 di oggi. Viene spontaneo chiedersi se non vi siano altri motivi dietro questa scelta…
«Nessun altro motivo è stato indicato formalmente. Detto questo, il portavoce della Conferenza episcopale belga, Tommy Scholtes, in un'intervista alla televisione dopo la nostra mobilitazione di domenica, ha dichiarato che i vescovi “avevano desiderio che essi (i membri della Fraternità, ndr) fossero più inseriti nella Chiesa di Bruxelles. Ora, monsignor de Kesel, è il superiore della Fraternità, come previsto dagli statuti. É succeduto a monsignor Andrè Leonard, ex primate del Belgio, e quindi ne ha ereditato il titolo di superiore. Non ha mai incontrato i preti, né i seminaristi della Fraternità, malgrado i loro numerosi inviti, anche per celebrare o concelebrare una Messa a Santa Caterina. Allo stesso modo il suo ausiliare, mons. Kockerols, non è mai andato. Dal momento in cui mons. de Kesel è divenuto arcivescovo, ha organizzato un incontro con tutti i sacerdoti della diocesi e anche con tutti i seminaristi. E nemmeno in quelle occasioni i membri della Fraternità sono stati invitati! Perché sono esclusi da questi incontri ai quali sono desiderosi di partecipare? Noi laici pensiamo che la Fraternità non appartiene alla sensibilità dell’Arcivescovo. D’altra parte il portavoce della Conferenza Episcopale, Tommy Scholtès, rispondendo al giornalista ha aggiunto: “Essi hanno un modo di vedere le cose che è differente da quello che i Vescovi del Belgio pensano”. Quindi non vi è chiaramente spazio per diverse sensibilità nella Chiesa del Belgio».
Cosa avete scritto a Papa Francesco?
«Il nostro appello al Papa per ora è simbolico. Abbiamo domandato di ascoltarci, di sostenerci e aiutarci. Ma stiamo per redigere una lettera che dettaglierà più precisamente le nostre ragioni. Noi desideriamo che i preti e i seminaristi belgi possano restare in Belgio in seno ad una piccola Fraternità dei Santi Apostoli. In modo che il loro magnifico lavoro di evangelizzazione intorno alla parrocchia di Santa Caterina possa essere consolidato e proseguito. Riteniamo inoltre che la Fraternità fornisca uno spazio che consente a molti giovani di rispondere positivamente alla chiamata del Signore, al di là della sensibilità del loro vescovo».
E per i seminaristi francesi della Fraternità?
«É effettivamente necessario per la Francia che la maggior parte dei seminaristi francesi possano creare un ramo della Fraternità in Francia e possano andare quando cominciano a essere molti. La loro presenza in una diocesi francese sarebbe utile alla Chiesa di Francia».
Ma qual è la vostra esperienza con la Fraternità a Santa Caterina?
«Come molte famiglie della parrocchia, ci piace la loro liturgia sobria e attenta. La Messa viene celebrata con grande rispetto per il sacrificio eucaristico. La Messa, l'adorazione e le confessioni quotidiane ci offrono un bel modo per santificarci. La carità che sgorga del cuore dei fratelli si è riflessa sulla comunità parrocchiale, molto diversa per età, origine sociale e geografica. Viviamo una vera fraternità tra parrocchiani, sacerdoti e seminaristi. C’è grande solidarietà e sostegno spirituale tra i fedeli. I nostri figli non sono mai stati così entusiasti di andare a Messa e sentiamo già nascere delle vocazioni tra i nostri bambini, grazie all’esempio dei fratelli».
Quale speranza coltivate, allora, per la chiesa in Belgio?
«Purtroppo, la volontà di stroncare sul nascere una bella iniziativa non ci dà molta speranza per la Chiesa in Belgio. Ma pensiamo che quello che stiamo vivendo faccia reagire i laici e li galvanizza nella loro fede. Questo ci porta a pregare innanzitutto per i nostri pastori, con tutti i frutti che la preghiera è capace di portare…Noi speriamo sempre di poter ottenere un incontro con monsignor de Kesel, ma ad oggi non abbiamo avuto alcuna risposta».