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IL LIBRO

Tre giorni all’Inferno, in compagnia di Dante e Virgilio

Tre giorni all’Inferno: è il titolo del libro di Giovanni Fighera, studioso di Dante e nostro collaboratore. In questa presentazione, l'autore spiega come affrontare il percorso di Dante con un’attenzione ai versi del capolavoro, ma pure con uno sguardo vivo al significato esistenziale del viaggio. 

Cultura 27_04_2016
La copertina del libro di Giovanni Fighera

Perché dovremmo leggere la Commedia a settecento anni dalla sua composizione? Il capolavoro dantesco può ancora parlare a noi uomini del terzo millennio? Nell’Epistola a Cangrande della Scala Dante scrive che ha composto la Commedia per «allontanare gli uomini dalla condizione di miseria/peccato/infelicità e accompagnarli alla situazione di felicità/beatitudine». Il poema è stato scritto perché potessimo intraprendere il viaggio verso la felicità e la salvezza eterna. 

La Commedia parla dell’uomo, della vita, e lo fa con la potenza e la capacità di comunicazione del genio proprio di Dante. Se tutti sono colpiti dalle parole cortesi di Francesca, dalla forza d’animo di Farinata e dal suo desiderio di «ben far», dall’ardore di conoscenza di Ulisse è perché il poeta racconta storie che testimoniano il cuore dell’uomo di ogni tempo.  La Commedia ci spalanca una finestra sulla vita e sull’uomo di oggi, come del passato. Avvertiamo una comunione universale tra noi moderni e gli antichi, tra la nostra e la loro aspirazione alla salvezza, alla felicità e all’eternità. Ci accorgiamo che l’antico Dante sa esprimere noi stessi meglio di quanto sappiamo fare noi, così come il maestro Virgilio nel viaggio sa intendere il discepolo meglio di quanto questi sappia fare. 

Consigliamo a tutti di intraprendere il viaggio con Dante, di iniziare a guardare la profondità del proprio animo e la capacità di male. Dobbiamo guardare la selva oscura in cui ci troviamo, la solitudine del mondo, il non senso che percepiamo nelle nostre giornate. Ogni uomo, quando si trova in difficoltà, vorrebbe risolvere il problema da solo e salire il colle luminoso, la strada giusta, che lui ha visto con i suoi occhi. Da soli, però, non possiamo farcela, perché roviniamo «in basso loco». Allora accade un imprevisto, un incontro che ci salva dalla selva oscura. Dante scrive: «Mentre ch’i’ rovinava in basso loco,/ dinanzi a li occhi mi si fu offerto/ chi per lungo silenzio parea fioco./ Quando vidi costui nel gran diserto,/ «Miserere di me», gridai a lui». 

La mendicanza è l’atteggiamento più vero che spalanca alla possibilità di salvezza. Da questo atteggiamento scaturisce la possibilità di iniziare a guardare la realtà in maniera più vera, non a partire da quello che abbiamo in mente in noi, ma da quanto è più buono, così come Virgilio dice a Dante nel canto primo: «A te convien tenere altro viaggio/ […] se vuo’ campar d’esto loco selvaggio». La proposta che Virgilio fa a Dante è di seguirlo, di stare in sua compagnia. Così, dopo che Dante è ancora preso dalla paura, anche nel secondo canto quando è convinto di non essere all’altezza, o nel terzo canto quando deve varcare la porta sopra alla quale compare l’epigrafe spaventosa («Per me si va nella città dolente»), Virgilio lo prende per mano «con lieto volto» e lo introduce alle «secrete cose». 

Nel Dante che vuole salire il colle luminoso da solo, all’inizio dell’Inferno, ci ritroviamo noi tutti. Dobbiamo sperimentare che da soli non riusciamo a salire e dobbiamo come Dante mendicare e gridare «Miserere di me». Per grazia incontriamo una compagnia umana che ci salva dalla selva oscura, con cui poter intraprendere il viaggio di salvezza.  Non c’è verso della Commedia in cui non si respiri l’esperienza e la fatica di uomini che vogliono fare da soli e rifiutano la luce di Dio o di uomini che, invece, si lasciano abbracciare dall’amore e dalla grazia. La Commedia offre una perla di saggezza dopo l’altra, che derivano dall’esperienza di vita dell’autore, che documentano e illuminano il nostro al di qua, prima dell’aldilà. 

Così quando nel canto III del Purgatorio Virgilio è dispiaciuto per un piccolo errore che ha commesso, Dante auctor esclama: «O dignitosa coscienza e netta/ come t’è picciol fallo amaro morso», ovvero il poeta dice che tanto più una persona è pulita nella coscienza tanto più si sente responsabile e peccatore. E pochi versi dopo ancora scrive che i suoi piedi lasciarono andare la fretta «che l’onestade ad ogn’atto dismaga», ovvero la fretta toglie, sottrae la bellezza ad ogni cosa bella. Qualunque cosa tu faccia, falla bene, per non sminuirne la bellezza. E poi ancora leggiamo: «Perder tempo a chi più sa più spiace», cioè quanto più sei consapevole, tanto meno vuoi sprecare tempo. 

Una perla di saggezza dopo l’altra, che derivano dall’esperienza di vita dell’autore, che documentano e illuminano il nostro al di qua, prima dell’aldilà. Nello stesso canto Dante sintetizza in maniera potente l’aspirazione dell’uomo a conoscere la verità e il Mistero e ad un tempo la necessità della rivelazione: «Matto è chi spera che nostra ragione/ possa trascorrer la infinita via/ che tiene una sustanza in tre persone. […]/ Se potuto aveste veder tutto,/ mestier non era parturir Maria».

Tre giorni all’Inferno (edito da Ares) nasce dalla necessità di un testo che permetta di affrontare il percorso di Dante nel primo Regno con un’attenzione ai versi del capolavoro, ma, nel contempo, con uno sguardo vivo al significato esistenziale del viaggio che l’autore ci suggerisce di affrontare con lui. In apertura l’opera intende offrire un panorama delle diverse rappresentazioni dell’aldilà nel mondo antico, nella cultura greca e latina, con un’attenzione privilegiata ai testi del mondo romano (letti direttamente da Dante) tra i capolavori di Cicerone, di Virgilio, di Lucrezio, di Virgilio, di Lucano che furono da spunto di ispirazione non marginale nella realizzazione della Commedia.

Nella seconda parte la ricerca e l’indagine cercano di rispondere a tante domande e curiosità: quando concepì Dante la stesura della Commedia? Davvero gli ultimi tredici canti del Paradiso erano andati perduti? Qual era la reale visione politica dell’autore? Chi era Beatrice? Perché il Sommo poeta si sentiva investito di una missione? Qual è il concetto di cultura di Dante? Chi è davvero Beatrice? Soltanto a questo punto, nella terza parte, si affronta il viaggio con Dante dalla selva oscura alla visione delle stelle dell’emisfero australe.

Giovanni Fighera, Tre giorni all’Inferno,  Ares edizioni, p. 176, euro 13