«Torni la musica sacra». La lezione di Benedetto XVI
A Castel Gandolfo, il papa Emerito Benedetto XVI, ha ricevuto il dottorato «honoris causa» da parte della Pontificia Università Giovanni Paolo II di Cracovia e dell’Accademia di Musica di Cracovia. Il Papa Emerito ha profittato dell'occasione per impartire una grande lezione sulla funzione e la natura della musica sacra.
Il 4 luglio a Castel Gandolfo, il Papa Emerito Benedetto XVI, ha ricevuto il dottorato honoris causa da parte della Pontificia Università Giovanni Paolo II di Cracovia e dell’Accademia di Musica di Cracovia. Il Papa emerito ha profittato dell'occasione per impartire una grande lezione sulla funzione e la natura della musica, un tema di cui aveva parlato diverse volte nel corso del suo pontificato, ma forse mai in modo così completo e sistematico. Benedetto XVI ha rievocato anzitutto il suo legame con la Polonia e con San Giovanni Paolo II, affermando che «senza di lui il mio cammino spirituale e teologico non è neanche immaginabile. Con il suo esempio vivo egli ci ha anche mostrato come possano andare mano nella mano la gioia della grande musica sacra e il compito della partecipazione comune alla sacra liturgia, la gioia solenne e la semplicità dell’umile celebrazione della fede».
La Polonia ama la musica, e così la parte della Baviera di cui è originario Papa Ratzinger, così vicina al grande centro musicale austriaco di Salisburgo. «Io - ricorda - sono cresciuto nel Salisburghese segnato dalla grande tradizione di questa città. Qui andava da sé che le messe festive accompagnate dal coro e dall’orchestra fossero parte integrante della nostra esperienza della fede nella celebrazione della liturgia». Così per esempio «rimane indelebilmente impresso nella mia memoria come, non appena risuonavano le prime note della Messa dell’incoronazione di Mozart, il cielo quasi si aprisse e si sperimentasse molto profondamente la presenza del Signore».
Erano anche anni di discussioni sul ruolo della musica sacra. Papa Ratzinger ricorda che negli anni della sua gioventù «era già presente anche la nuova realtà del Movimento liturgico, soprattutto tramite uno dei nostri cappellani che più tardi divenne vice-reggente e poi rettore del Seminario maggiore di Frisinga. Durante i miei studi a Monaco di Baviera, poi, molto concretamente sono sempre più entrato all’interno del Movimento liturgico attraverso le lezioni del professor Pascher, uno dei più significativi esperti del Concilio in materia liturgica, e soprattutto attraverso la vita liturgica nella comunità del seminario». Quest'epoca di dibattiti stimolanti portava con sé anche dei problemi: «a poco a poco divenne percepibile la tensione fra la "participatio actuosa" conforme alla liturgia e la musica solenne che avvolgeva l’azione sacra». Questa tensione è viva ancora oggi. Per risolverla, il Papa emerito consiglia di tornare alla Costituzione sulla liturgia del Concilio Vaticano II, dove «è scritto molto chiaramente: "Si conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio della musica sacra"». Certo, lo stesso testo «evidenzia, quale categoria liturgica fondamentale, la "participatio actuosa" di tutti i fedeli all’azione sacra». E purtroppo «quel che nella Costituzione sta ancora pacificamente insieme, successivamente, nella recezione del Concilio, è stato sovente in un rapporto di drammatica tensione». «Ambienti significativi del Movimento liturgico ritenevano che, per le grandi opere corali e financo per le messe per orchestra, in futuro ci sarebbe stato spazio solo nelle sale da concerto, non nella liturgia. Qui ci sarebbe potuto esser posto solo per il canto e la preghiera comune dei fedeli».
Ma questa rinuncia alla grande musica sacra nelle chiese causava anche «sgomento per l’impoverimento culturale della Chiesa». Tra amore per la bellezza e preoccupazione per la «participatio actuosa» il problema si poneva nuovamente: «In che modo conciliare le due cose? Come attuare il Concilio nella sua interezza?». Ma forse non tutti si ponevano la domanda ulteriore, da cui dipende la risposta alle prime due, la vera «domanda di fondo: Che cos’è in realtà la musica? Da dove viene e a cosa tende?». Benedetto XVI risponde indicando «tre “luoghi” da cui scaturisce la musica». Il primo è «l’esperienza dell’amore. Quando gli uomini furono afferrati dall’amore, si schiuse loro un’altra dimensione dell’essere, una nuova grandezza e ampiezza della realtà. Ed essa spinse anche a esprimersi in modo nuovo. La poesia, il canto e la musica in genere sono nati da questo essere colpiti, da questo schiudersi di una nuova dimensione della vita».
Il secondo è «l’esperienza della tristezza, l’essere toccati dalla morte, dal dolore e dagli abissi dell’esistenza. Anche in questo caso si schiudono, in direzione opposta, nuove dimensioni della realtà che non possono più trovare risposta nei soli discorsi». E il terzo - ma il più importante dei tre - è «l’incontro con il divino, che sin dall’inizio è parte di ciò che definisce l’umano. A maggior ragione è qui che è presente il totalmente altro e il totalmente grande che suscita nell’uomo nuovi modi di esprimersi». Non si tratta di opporre le tre fonti della musica tra loro. «Forse è possibile affermare che in realtà anche negli altri due ambiti – l’amore e la morte – il mistero divino ci tocca e, in questo senso, è l’essere toccati da Dio che complessivamente costituisce l’origine della musica».
Papa Ratzinger torna sull'esempio prediletto dei Salmi. «Trovo commovente osservare come ad esempio nei Salmi agli uomini non basti più neanche il canto, e si fa appello a tutti gli strumenti: viene risvegliata la musica nascosta della creazione, il suo linguaggio misterioso. Con il Salterio, nel quale operano anche i due motivi dell’amore e della morte, ci troviamo direttamente all’origine della musica sacra della Chiesa di Dio». In conclusione, possiamo dire che «la qualità della musica dipende dalla purezza e dalla grandezza dell’incontro con il divino, con l’esperienza dell’amore e del dolore. Quanto più pura e vera è quest’esperienza, tanto più pura e grande sarà anche la musica che da essa nasce e si sviluppa». Il Papa emerito tiene particolarmente - e lo dice - ad aggiungere un 'altra riflessione. Certamente «nell'ambito delle diverse culture e religioni è presente una grande letteratura, una grande architettura, una grande pittura e grandi sculture. E ovunque c’è anche la musica». Ma si deve anche onestamente riconoscere che «in nessun altro ambito culturale c’è una musica di grandezza pari a quella nata nell’ambito della fede cristiana: da Palestrina a Bach, a Händel, sino a Mozart, Beethoven e Bruckner. La musica occidentale è qualcosa di unico, che non ha eguali nelle altre culture. E questo - mi sembra - ci deve far pensare».
Ovviamente «la musica occidentale supera di molto l’ambito religioso ed ecclesiale». E tuttavia «essa trova comunque la sua origine più profonda nella liturgia nell’incontro con Dio. In Bach, per il quale la gloria di Dio rappresenta ultimamente il fine di tutta la musica, questo è del tutto evidente». Ma anche quando il tema non è esplicitamente liturgico «la risposta grande e pura della musica occidentale si è sviluppata nell’incontro con quel Dio che, nella liturgia, si rende presente a noi in Cristo Gesù». La grande musica dell'Occidente, afferma Benedetto XVI, «per me, è una dimostrazione della verità del cristianesimo. Laddove si sviluppa una risposta così, è avvenuto un incontro con la verità, con il vero creatore del mondo. Per questo la grande musica sacra è una realtà di rango teologico e di significato permanente per la fede dell’intera cristianità, anche se non è affatto necessario che essa venga eseguita sempre e ovunque». D’altro canto, «è chiaro però anche che essa non può scomparire dalla liturgia e che la sua presenza può essere un modo del tutto speciale di partecipazione alla celebrazione sacra, al mistero della fede».
«Non conosciamo il futuro della nostra cultura e della musica sacra», conclude il Papa Emerito. «Ma una cosa è mi sembra chiara: dove realmente avviene l’incontro con il Dio vivente che in Cristo viene verso di noi, lì nasce e cresce nuovamente anche la risposta, la cui bellezza viene dalla verità stessa». Operiamo e preghiamo dunque perché «il grande dono della musica che proviene dalla tradizione della fede cristiana resti vivo e sia di aiuto perché la forza creativa della fede anche in futuro non si estingua». Abbiamo tutti bisogno della «bellezza della fede». La musica ne è una parte essenziale.