Tony Effe e la finta censura (stai a vedere se non vota Pd...)
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Il caso del momento è quello del trapper Tony Effe, che dicono essere stato censurato, mentre le femministe di “Se non ora quando" sono mute, troppo impegnate a bruciare la sede di Pro Vita. Ma i fan si consolino: se non è Capodanno sarà Sanremo. E lo squallore nazionale sarà completo.
Sono cresciuto con Gianni Morandi, che a quanto vedo mi accompagnerà alla tomba. Poi vennero i Beatles e i loro testi insulsi. Per fortuna i Rolling Stones (altri che mi seppelliranno) parlavano – strano a dirsi ma è così - di rimpianti esistenziali (As tears go by) e di critica al consumismo (Satisfaction) mentre qui da noi ancora ci si struggeva per amori etero (Una lacrima sul viso, Legata a un granello di sabbia, Sapore di sale con cui Paoli ancora campa).
Se l’Inghilterra ci riempiva di complessini-imitazione (oggi si chiamano band) l’America ci inondava con i simil-Elvis (Bobby Solo, Michele, Little Tony) e da allora non smetteva più. Saltando al recente, l’ultima importazione è il rap (da rapid), che a mio sommesso avviso musica non è nemmeno più, bensì solo parole ritmate a raffica. Per fortuna il nostro codice penale ancora vieta il gangsta-rap, cioè i rap dei delinquenti che negli Usa ha provocato parecchi morti ammazzati.
Comunque, la barba d’oro, volgare e pacchiana, che si fanno i più famosi rappers americani la dice lunga su quelli che danno loro retta. L’ultima uscita sono i trappers, che all’inizio credevo nipoti di Blek Macigno. Invece, dice Wikipedia che si tratta di “sottogenere della musica rap, sviluppatosi, a partire dagli anni Novanta del Novecento negli Stati Uniti, come espressione degli ambienti sottoproletari urbani degradati e caratterizzato da testi violenti e aggressivi, ritmati da una musica elettronica fortemente sincopata”. Come direbbe la sora Lella, “annàmo bbene!”.
Già i testi violenti e aggressivi ce li aveva il rap, pensa tu com’è il sottogenere. Ora poiché il rappresentante di tale “musica” detto Tony Effe, stranamente un po’ meno tatuato dei colleghi, è stato escluso dal concerto (il maestro Muti ci perdoni per l’uso improprio del termine) di Capodanno non so dove e non mi importa, tutti i suoi colleghi “sottoproletari urbani degradati” sono insorti invocando il Primo e il Quinto Emendamento.
Certo, Mattarella, nostro guardiano della Costituzione, ha di meglio da fare – l’emergenza climatica, Musk, etc...- che spiegare al popolo dei rappers e trappers che la libertà d’espressione in Italia è un po’ diversa da quella statunitense. Ma, come qualcuno ha fatto notare, quando si trattò di escludere Povia dall’esibizione pubblica nessuno, nemmeno i preti, protestarono. E Povia è per giunta un cantante, mica un parolaio ritmato.
Si aggiunga che, mi dicono, l’Effe emarginato e subissato di solidarietà pronuncia testi etero, sì (meno male), ma fortemente misogini. Ovviamente, femministe e non-una-di-meno zitte e mosca perché troppo impegnate ad assaltare le sedi Pro-Vita. Si accettano scommesse: il censurando - perché, vedrete, sarà riabilitato in tempo per il c.d. concerto - ha la tessera del Pd? Il sospetto è lecito, vista la compagnia insorgente. E, fino a quando la destra non metterà mano a una riconquista gramsciana della cultura, sarà effimero vincere le elezioni. Per i fans del censurato: si consolino, se non è Capodanno sarà Sanremo. E lo squallore nazionale sarà completo.