Toniolo e la riscoperta di un Dio al centro
Nella prolusione alla recente assemblea dei vescovi italiani, il cardinale Bassetti ha citato in conclusione del suo discorso Giuseppe Toniolo, oggi dimenticato ma da collocarsi agli inizi della Dottrina sociale della Chiesa. La prima cosa che egli ci ha lasciato in eredità è l’idea della centralità di Dio, anche per la costruzione della città degli uomini.
Nella prolusione alla recente assemblea dei vescovi italiani, il cardinale Bassetti ha citato in conclusione del suo discorso Giuseppe Toniolo, oggi dimenticato ma da collocarsi agli inizi della Dottrina sociale della Chiesa.
Giuseppe Toniolo è stato beatificato a Roma, nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura il 29 aprile 2012. Nato a Treviso nel 1845, autore del Programma dei cattolici di fronte al socialismo nel 1874, docente di economia politica a Pisa dal 1879, fondatore nel 1889 dell’Unione cattolica per gli studi sociali e nel 1893 della “Rivista internazionale di Scienze sociali”, animatore del movimento cattolico, presidente dell’Unione Popolare dopo lo scioglimento dell’Opera dei congressi, principale organizzatore della prima Settimana sociale a Pisa nel 1907, Toniolo visse nel periodo di Leone XIII e di Pio X.
Capita spesso che, considerando gli uomini che hanno profuso il loro impegno ecclesiale e sociale in epoche ormai trascorse, li valutiamo solo in quanto precursori di epoche successive o magari come precursori della nostra epoca. Egli era a servizio del progetto di Leone XIII e di Pio X, ossia, come egli stesso scrisse in una lettera al Marchese Filippo Crispolti il 31 dicembre 1989, «Il restauro dell’ordine sociale giusta la dottrina cattolica e giusta le tradizioni della civiltà cristiana nella sua storica alleanza con la missione della Chiesa e del pontificato».
La centralità di Dio. La prima cosa che egli ci ha lasciato in eredità è l’idea della centralità di Dio, anche per la costruzione della città degli uomini, ossia il carattere indispensabile della religione cristiana, vista anche come presenza pubblica. La Rerum novarum (1891) afferma che la questione sociale è «una questione di cui non è possibile trovare una risoluzione che valga senza ricorrere alla religione e alla Chiesa» e la Caritas in veritate (2009) dice che «l’adesione ai valori del Cristianesimo è elemento non solo utile ma indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano». Dietro ad ambedue queste affermazioni c’è il principio della signoria di Cristo sul cosmo intero, quindi anche sulla società umana.
L’impegno dei laici nella società e nella politica. La seconda cosa è il senso profondo dell’impegno dei laici cristiani nella società e nella politica. A considerare la mobilitazione dei laici di quei tempi nel movimento cattolico, si rimane colpiti dal fatto che il motivo primo del loro impegno era di rendere onore alla Maestà divina. Si mobilitavano per il riposo domenicale attraverso la Lega per il riposo festivo e boicottavano i negozi che aprivano perché a Dio fosse reso il culto dovuto. Nel maggio 1892 Giuseppe Toniolo fece due conferenze nel Trevigiano. In una di queste, disse che la finalità della Società era non solo il sussidio ma soprattutto la reciproca carità ed «educare il cuore e la mente alle massime morali, al sentimento religioso». Del resto anche don Cerruti aveva voluto che la prima cassa rurale da lui realizzata in parrocchia di Gambarare fosse «diretta a scopo religioso». L’idea era quella dell’«influsso vivificatore della religione» «che è il sorgere anche del benessere economico
L’incontro della fede con i saperi profani
Un terzo elemento riguarda l’incontro tra fede cristiana e scienze sociali, che gli promosse con tanto impegno come professore universitario e animatore di cultura scientifica. Per lui, però, diversamente da quanto oggi si pensa, le scienze sociali non esauriscono la conoscenza del reale. Scrive Toniolo nel suo “Trattato di Economia sociale” che «l’ordine economico è un aspetto inferiore dell’ordine sociale superiore, più complesso ed elevato, cioè di quel sistema armonico di relazioni fra gli uomini conviventi, converso a conseguire, nell’obbedienza di una legge etica suprema, il bene comune, cioè ad apportare quegli aiuti reciproci, con cui tutti i consociati (individui e famiglie) possono meglio effettuare il proprio perfezionamento (fisico, intellettuale, morale) coordinato al fine ultimo ultramondano».
L’economia non è il tutto della società perché non è il tutto della persona umana. L’uomo, infatti, è “fisico, intellettuale e morale” e, soprattutto, ordinato “al fine ultimo ultramondano”. Ciò implica un rapporto sussidiario tra i diversi suoi piani, che assume una caratteristica morale, in quanto diventa per l’uomo e la società, “dovere” di rispettare quell’ordine, di orientare l’inferiore al superiore e di far sì che il piano superiore aiuti l’inferiore a fare da sé. L’economia è quindi solo un aspetto della dimensione umana e dell’azione sociale, essa non si spiega da sé ed è finalizzata ad altro da sé.
La Dottrina sociale della Chiesa
Arriviamo con ciò alla Dottrina sociale della Chiesa. Toniolo fu pienamente un cattolico dell’epoca della Rerum novarum. Si noti che normalmente si ritiene che la Rerum novarum sia la prima enciclica moderna della Chiesa che finalmente va incontro alle “cose nuove”. In realtà l’inizio dell’enciclica da cui essa prende il nome mette piuttosto in guardia dalle cose nuove. “Rerum novarum semel excitata cupidinem”: «L’ardente brama di novità, che da gran tempo ha cominciato ad agitare i popoli, doveva naturalmente dall’ordine politico passare nell’ordine simile dell’economia sociale». Così comincia la Rerum novarum, non con un giudizio positivo ma negativo delle res novae. Giudizio negativo non in quanto “nuove” in senso cronologico, ma in quanto opposte all’ordine sociale e politico cattolico. Il progetto di Leone XIII era, per adoperare le parole di Toniolo: «Il restauro dell’ordine sociale giusta la dottrina cattolica e giusta le tradizioni della civiltà cristiana nella sua storica alleanza con la missione della Chiesa e del pontificato». Bene, ora eliminiamo da questa frase la parola “restauro” che è estranea al nostro vocabolario sociale e politico tutto (troppo) volto al cambiamento e ci accorgeremo che tutto il resto è validissimo anche oggi.