Toghe in sciopero, non per l'indipendenza ma per l'ideologia
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I magistrati incrociano le braccia in molte città, con tanto di flash mob davanti al Palazzaccio, preoccupati del corretto funzionamento della democrazia. Ma la sincera apprensione per la giustizia appare poco credibile alla luce dell'interventismo politico di alcune correnti della magistratura.
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La spacciano per iniziativa di tutela dell’indipendenza della magistratura ma appare una protesta decisamente politica e antigovernativa, per certi aspetti anche preconcetta e ideologica. Ieri i magistrati hanno incrociato le braccia per uno sciopero proclamato dall'Associazione Nazionale Magistrati (ANM) in difesa della Costituzione e contro la riforma della giustizia voluta dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio. Le manifestazioni hanno coinvolto magistrati e cittadini in molte città del Paese, da nord a sud, con momenti di confronto e sensibilizzazione pubblica. A Roma, ad esempio, centinaia di magistrati, con toga e coccarda tricolore, si sono radunati sulla scalinata del Palazzaccio, la Corte di Cassazione, per un flash mob simbolico, mostrando così il loro dissenso verso la proposta di separazione delle carriere dei magistrati e l'istituzione di una "Alta Corte" prevista dalla riforma.
Simili iniziative si sono svolte anche a Bologna, Torino, Napoli e altre città, con assemblee pubbliche che hanno visto la partecipazione di magistrati, ex magistrati, costituzionalisti, avvocati, esponenti della cultura e studenti. Ogni evento si è focalizzato sulle ragioni di questo sciopero, con i magistrati che hanno cercato di spiegare ai cittadini i rischi che la riforma comporterebbe per l'indipendenza della magistratura e per l'equilibrio dei poteri. È la prima volta che ciò accade. Non si ricordano iniziative così plateali da parte delle toghe neppure durante gli anni dei governi berlusconiani. Forse perché all’epoca la riforma della giustizia non era mai apparsa così vicina e così concreta.
Gli interventi dei principali esponenti della magistratura sono stati fortemente critici verso la riforma. Cesare Parodi, presidente dell’ANM, e altri rappresentanti dell'associazione hanno sottolineato come la proposta di separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri violi i principi costituzionali di indipendenza e autonomia della magistratura. In particolare, il presidente del Tribunale di Bologna, Pasquale Liccardo, ha evocato la figura di giudici indipendenti che, nel passato, non si sono accontentati della verità imposta dal potere, come nel caso delle stragi degli anni '80. Liccardo ha ribadito che oggi, più che mai, l’Italia ha bisogno di una magistratura autonoma, che possa esercitare il proprio ruolo senza condizionamenti esterni. Per i magistrati, la separazione delle carriere rappresenta una minaccia diretta alla loro indipendenza, in quanto creerebbe una gerarchia tra giudici e pubblici ministeri, riducendo la possibilità di un controllo reciproco tra le due componenti.
Ma le motivazioni alla base dello sciopero non si limitano alla separazione delle carriere. Un altro punto cruciale della riforma riguarda l’istituzione di un Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) diviso in due entità separate, una per i giudici e l’altra per i pubblici ministeri. Secondo i critici, questa divisione minerebbe ulteriormente l’autonomia della magistratura, creando disuguaglianze tra le due componenti e ostacolando la possibilità di un reale controllo e una vera separazione dei poteri. In un momento in cui la giustizia italiana sta già affrontando numerose difficoltà, tra cui l’inefficienza dei procedimenti e la carenza di risorse, la riforma rischia di aggravare ulteriormente la situazione, invece di portare miglioramenti.
Le reazioni alla riforma non sono però tutte contrarie. L’Unione delle Camere Penali Italiane e altri rappresentanti dell’avvocatura, come il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, hanno espresso opinioni favorevoli alla proposta, sostenendo che la separazione delle carriere rappresenta un passo verso una giustizia penale più moderna, aderente ai principi del processo accusatorio e più “terza” rispetto ai poteri politici. Gratteri ha anche avanzato proposte di riforma del CSM, tra cui l’introduzione del sorteggio temperato per i componenti laici e togati, escludendo coloro che abbiano precedenti penali o disciplinari. La separazione delle carriere, secondo questo punto di vista, garantirebbe maggiore indipendenza per entrambe le magistrature, giudicante e requirente, proteggendole da eventuali pressioni politiche.
Nonostante queste divisioni, la posizione dei magistrati che oggi hanno scioperato resta ferma nella richiesta di difendere l'autonomia e l'indipendenza della giustizia, valori sanciti dalla Costituzione. L’ANM ha più volte ribadito che lo sciopero non è finalizzato alla tutela di interessi corporativi, ma piuttosto alla protezione di un assetto istituzionale essenziale per il corretto funzionamento della democrazia.
Tuttavia, l’impressione che si ricava da questa ostinata e smaccata protesta delle toghe, che ha registrato l’80% delle adesioni (così dichiarano i promotori), è di una iniziativa prettamente politica, lontana anni luce da una sincera apprensione per le sorti della giustizia italiana e viziata dall’invincibile corporativismo che caratterizza da sempre la vita della magistratura italiana. Potere debordante, che ha spesso preteso di condizionare il corso delle vicende politiche, mostrandosi insofferente all’equilibrio tra i poteri. Alcune correnti delle toghe non hanno mai fatto mistero delle loro idee politiche e quindi fare uno sciopero per rivendicare un’autonomia e un’indipendenza d’azione alle quali si è rinunciato in partenza non sembra un gesto credibile.
A questo punto, è evidente che una soluzione equilibrata debba essere trovata, per evitare che la riforma della giustizia diventi l'ennesimo terreno di scontro tra politica e magistratura, come accaduto in passato, all’epoca dei governi Berlusconi, e come accade ciclicamente in Italia.
La speranza è che possa finalmente aprirsi un tavolo di confronto costruttivo tra il governo e la magistratura, per affrontare la questione con spirito costruttivo, senza che si arrivi a una frattura definitiva che ostacoli il necessario progresso del sistema giudiziario. La riforma della giustizia è un tema delicato e complesso, che merita una discussione approfondita e serena, lontana da corporativismi, scontri ideologici e istinti di vendetta, per il bene del Paese e della sua democrazia.
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