Tiziana, il sacro violato dal "vorrei (quindi) posto"
La tragedia della 31enne suicida per un video hot. Risè: "Abbiamo distrutto il pudore e il sacro". Migliarese: "Di fronte al padre nudo, tra i figli di Noè c'è chi ride e chi lo copre perché ha pietà del corpo dissacrato. Tiziana cercava testimoni per la sua esistenza, ha trovato chi ha riso per allontanarsi dalla sua esperienza".
Il diritto all’oblio non può entrare nella coscienza. Nella tragica vicenda di Tiziana l’oblio garantito da un giudice non avrebbe potuto colmare una disperazione nata da un’ingenuità e proseguita con una successione di eventi demoniaca di fronte alla quale la povera 31enne suicida a Napoli non ha potuto che opporre le sole sue misere forze umane. La vicenda di Tiziana e del video hot girato in un momento di intimità sta conoscendo il momento di massimo clamore mediatico. Ma quando si spegnerà che cosa rimarrà di questa disperazione e del dolore arrecato e subito?
A questo punto la vicenda potrà prendere le pieghe solite della verità giudiziaria, che non sarà sufficiente a placare la sete di giustizia di una famiglia distrutta. E probabilmente non servirà alla rete per sfamarsi. Perché in fondo la rete siamo noi, con i nostri impulsi bestiali capaci di dimenticare la pietas e il rispetto per l’uomo, anche quello dileggiato per un’ingenuità.
Suicida per un video hot girato durante un rapporto intimo. Lui che lo gira e lei che lo mostra ad amiche fidate, almeno una delle quali la tradisce scatenando una sequenza inarrestabile di like e post su Facebook e altri social. E poi la gogna inarrestabile di chi la accusa delle peggio nefandezze, e la vergogna, la battaglia giudiziaria per chiedere la rimozione del video e infine il tentativo di cambiare identità. Fino al gesto finale: un foulard legato al collo in una casa che non era la sua casa perché ormai Tiziana era fuggitiva da quei fantasmi.
La cronaca è tutta qui, il resto sono le battaglie, le polemiche e le autoassoluzioni convocate sul banco dei testimoni per ricacciare in fondo al tunnel l’unico appiglio di verità ricavabile dalla mostruosa assenza di sacro che tramuta l’uomo in bestia.
“E’ il sentimento del pudore che è stato cancellato – spiega alla Nuova BQ lo psicoterapeuta Claudio Risè – La vita sociale l’ha dimenticato completamente. E’ il mondo selvatico che ci ricorda gli aspetti originari della personalità umana e della vita individuale”. Secondo Risè abbiamo “sacrificato il pudore nascondendolo col mito della privacy che però è solo l’aspetto di una strategia individuale, ma il pudore è un aspetto più complesso perché ha a che fare che la sacralità della vita. Una sacralità che abbiamo perso in tutti i campi dell’essere”.
Conclusioni a cui arriva anche la neuropsichiatra Mariolina Migliarese. “Di fronte a questa gogna mediatica mi chiedo perché quando qualcuno cade siamo portati a ridere. Facciamoci caso, prendiamo Paperissima, di fronte ad una caduta noi ridiamo, anche se le conseguenze possono essere quelle di un grande dolore. In realtà noi ridiamo perché così allontaniamo l’identificazione con l’altro e della sua esperienza. E’ una reazione spontanea della nostra psiche che non vuole essere ferita”.
Ma perché allora questa aggressività? “Perché di fronte a un corpo femminile nudo o a un atto sessuale mostrato il nostro inconscio conserva il sacro che abbiamo perso. Il corpo della donna è legato alla vita e così l’atto sessuale lo è per l’aspetto generativo. Percepiamo l’urto della dissacrazione, per quanto ormai tendiamo a normalizzare e a banalizzare tutto”. Però di fronte a tutto questo ci sono due reazioni possibili e la Migliarese le individua in un archetipo della Bibbia.
“Nel Genesi Noè si addormenta ubriaco e nudo e i figli hanno reazioni differenti: Cam lo vede e inizia a spifferare la cosa con sarcasmo ai fratelli, gli altri invece si preoccupano di coprirlo perché hanno sviluppato una capacità adulta di provare pietas di fronte ad un corpo che in quel momento stava conoscendo una dissacrazione. Cam, il figlio che ha riso del padre sarà da lui maledetto.
Trasportato alla vicenda di Tiziana c’è chi poteva e doveva preservare quel corpo e magari fermare subito la catena diabolica che poi l’ha portata alla morte per vergogna. Tiziana poteva essere salvata da chi avrebbe dovuto avere pietà per quell’esibizionismo così inopportuno. Ma l’uomo porta con sé entrambe le reazioni, una distruttiva e l’altra costruttiva. A Napoli ha prevalso la prima. In fondo l’uomo non sembra più dare valore a queste cose, ma l’inconscio da un punto di vista psicologico continua a testimoniare che in quel corpo nudo c’è qualche cosa di sacro. La lotta tra queste pulsioni scatena così la cattiveria della rete”.
Ma la chiave per capire tutto forse sta proprio nella testimonianza. “Perché Tiziana si è fatta filmare?”, si chiede l’esperta. “Ognuno di noi ha bisogno di tracce che testimonino che siamo vivi e presenti e la funzione delle foto è questa, quella di avere ricordi di una testimonianza che abbiamo vissuto una certa esperienza e poi di una condivisione”. C’è una bella frase che la moglie di Richard Gere dice in Shall we dance a proposito del perché ci si sposa: La tua vita non passerà inosservata, perché io l’avrò osservata. La tua vita non sarà priva di testimoni, perché io sarò il tuo testimone. Ecco il punto: gli altri sono dei testimoni della nostra vita, ma si vede che in quella relazione intima Tiziana non aveva di fronte un testimone, così può aver cercato un ritorno di condivisone in qualcun altro di esterno, che poi lo ha tradito perché si è comportato come il figlio di Noè: ha riso”.
Ma la condivisione dei social non è la condivisione di un’esperienza. “C’è una canzone, quella di J-Ax “Vorrei, ma non posto” che ribadisce proprio questa solitudine incomunicabile. Tutto questo sbattimento per far foto al tramonto, che poi sullo schermo piatto non vedi quanto è profondo e poi ancora quando dice che un senso a questo tempo che non dà il giusto peso a quello che viviamo. Ogni ricordo è più importante condividerlo, che viverlo. Tutto questo è tremendamente vero e forse, per evitare questo baratro, sarebbe bastato dire come dice la canzone: "Vorrei ma non posto”.