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Tivoli, dove San Silvestro è venerato

Silvestro I è stato il trentatreesimo vescovo di Roma e Papa della Chiesa Cattolica che lo venera come santo e lo ricorda nella liturgia dell’ultimo giorno dell’anno. Al pontefice, che ebbe il merito di guidare con estrema ragionevolezza la Chiesa in un’epoca di profonde trasformazioni, è intitolato il tempio più antico di Tivoli.

Cultura 31_12_2016

Silvestro I è stato il trentatreesimo vescovo di Roma e, dal 314, Papa della Chiesa Cattolica che lo venera come santo e lo ricorda nella liturgia dell’ultimo giorno dell’anno. Sotto il suo lungo pontificato l’imperatore Costantino costruì le prime basiliche romane e convocò il Concilio di Nicea che acclamò Cristo Figlio di Dio. Al pontefice, che ebbe il merito di guidare con estrema ragionevolezza la Chiesa in un’epoca di profonde trasformazioni, è intitolato il tempio più antico di Tivoli, che la tradizione data al V secolo attribuendolo alla committenza di Papa Sulpicio, nativo della città tiburtina.

Più verosimilmente l’edificio attuale, di gusto romanico, risale al XII secolo.  La facciata conserva il suo primitivo aspetto, con le tre piccole finestre, il portale architravato e il frontone sostenuto da mensoline marmoree. Il campanile, sul lato sinistro, su cui è addossata un’edicola con raggiera in stucco, contenente l’effigie della Vergine, fu ridotto a vela nel XVII secolo in occasione della ristrutturazione dello spazio interno.  Delle tre navate originarie, per motivi urbanistici, si decise di mantenere solo quella centrale, mentre le due laterali furono definitivamente murate.

In prossimità del presbiterio, sopraelevato, resta una porzione del mosaico cosmatesco che rivestiva, un tempo, tutto il pavimento. Da qui, attraverso una “fenestella confessionis”, si intravvede la cripta ipogea, caratterizzata da una portante colonna centrale e da una piccola abside circolare. La decorazione più preziosa di tutta la chiesa fu rinvenuta nel corso dei restauri d’inizio Novecento quando, sulla calotta absidale, comparvero dei mosaici che la critica colloca in un periodo compreso tra il XII secolo e l’inizio del secolo successivo. Il ciclo si legge a partire dall’ arco trionfale, la cui superficie è occupata da un Cristo benedicente, affiancato dai quattro simboli degli Evangelisti, da sette candelabri e dai ventiquattro vegliardi dell’Apocalisse.  Tra i SS. Pietro e Paolo, in un’ambientazione fluviale resa dalla rappresentazione del fiume Giordano e da due palme, su una delle quali si trova una fenice, simbolo di resurrezione, Cristo si manifesta alzando la mano destra  verso Paolo e consegnando a Pietro il rotolo della legge.

Sul Suo capo il Padre Eterno poggia una corona. Le zone sottostanti della parete sono occupate da altri affreschi distribuiti su tre registri. Immediatamente sotto, dodici agnelli, che rimandano agli Apostoli, convergono verso l’Agnello divino posto al centro. Nel registro inferiore la Vergine è rappresentata in trono, con il Bambino benedicente. Al suo fianco compaiono i Santi Giovanni Battista ed Evangelista, e una serie di personaggi biblici recanti in mano cartigli profetici. Infine, nella fascia ancora più bassa, si distribuiscono quattro episodi della vita di Costantino e Silvestro, tra cui il Battesimo dell’Imperatore, che allude alla sottomissione del potere temporale a quello spirituale.