Terrorismo islamico, pericolo in Africa
L'UE, con il beneplacito USA, vara la EU Border Assistance Mission in Lybia che avrà il compito di rafforzare il controllo delle frontiere libiche contro la minaccia del terrorismo islamico, che ha già consumato attentati in Niger e in Algeria.
Gli Stati Uniti annunciano ricompense per un totale di 23 milioni di dollari a chi dia informazioni utili alla cattura dei leader dei movimenti integralisti islamici operativi in Africa Occidentale. L’Unione Europea, accogliendo la richiesta del governo libico, vara la EU Border Assistance Mission in Lybia che avrà il compito di rafforzare, fornendo know-how e addestramento, il sistema di controllo delle frontiere libiche per impedire l’esportazione di armi e l’andirivieni dei terroristi islamici insediatisi nel sud del paese. Sono le ultime iniziative di Stati Uniti ed Europa per combattere il terrorismo islamico in Africa, divenuto tanto più temibile per essere riuscito a creare estese reti transnazionali di cellule in grado di operare in diversi paesi.
L’ultimo a essere colpito è stato il Niger. Il 23 maggio, per la prima volta nella storia del paese, dei kamikaze a bordo di un'autobomba hanno messo a segno due attentati: uno ad Agadez, contro una caserma, l’altro ad Arlit, contro un impianto della società francese Areva che da decenni estrae l’uranio di cui il nord del Niger è ricco. Ad Agadez sono morti 18 militari e un civile e 13 militari sono stati feriti, ad Arlit non si registrano morti, ma i feriti sono una cinquantina.
Gli attentati sono stati rivendicati dal gruppo terrorista islamico di origine algerina Mujao (Movimento per l’unità e il jihad in Africa Occidentale) tramite un portavoce, El-Hassen Ould Khalil: «Le nostre due operazioni contro i nemici dell’Islam sono riuscite. Abbiamo attaccato sia la Francia che il Niger per la sua cooperazione nella guerra contro la sharia». Ould Khalil ha inoltre ha dichiarato che alla realizzazione dei due attentati ha partecipato anche il gruppo terroristico Katiba al-Mulathamin (La brigata di chi firma con il sangue), guidato da Mokhtar Belmokhtar, un algerino addestratosi negli anni 80 in Afghanistan, arruolatosi al ritorno in Algeria nel GSPC, Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento, e poi in Aqmi (Al qaeda nel Maghreb islamico), e quindi trasferitosi in Mali dove lo scorso dicembre ha creato una propria brigata. Il suo nome è legato all’attacco terroristico sferrato a gennaio all’impianto per l’estrazione di gas di In Amenas, in Algeria, conclusosi con l’uccisione di 37 ostaggi e 29 terroristi, questi ultimi originari di almeno sette paesi: oltre all’Algeria, Egitto, Niger, Chad, Mauritania, Mali e Canada.
Mokhtar Belmokhtar è uno dei terroristi su cui gli Stati Uniti hanno messo una taglia: cinque milioni di dollari andranno a chiunque fornisca informazioni su di lui. La stessa ricompensa è prevista per la cattura di Yahya Abou Al-Hamman, leader di Ansar Dine (Difensori della fede). Somme minori sono previste per informazioni relative a Malik Abou Abdelkarim, dell’Aqmi, e a Oumar Ould Hamaha, leader mauritano di Mujao. La ricompensa più alta, sette milioni di dollari, è stata fissata per la cattura del leader di Boko Haram, il movimento fondamentalista islamico nigeriano.
La guerra contro la shari’a, la legge coranica, di cui parla il portavoce di Mujao è quella in corso in Mali contro i movimenti islamisti – Ansar Dine, Aqmi e, appunto, Mujao – che fino allo scorso gennaio controllavano il nord del paese, respinti poi da un’offensiva francese affiancata dalla missione militare africana MISMA e riorganizzatisi nelle regioni libiche meridionali approfittando dell’instabilità crescente in cui versa il paese dopo la caduta di Muhammar Gheddafi.
Proprio dalla Libia, secondo il governo nigerino, provenivano sia gli attentatori di Agades e Arlit che le armi di cui erano dotati. «Fin dall’inizio della crisi libica – ha dichiarato il 27 maggio il presidente del Niger Mahmadou Issoufou annunciando la determinazione del proprio governo a continuare la lotta contro il terrorismo – avevo messo in guardia sul rischio che la sconfitta di Gheddafi portasse conseguenze peggiori del male e che la caduta della Libia nelle mani di gruppi fondamentalisti sarebbe stato un problema per tutti i paesi del Sahel». Un ulteriore problema è costituito inoltre dal fatto che dalla fine del regime del colonnello Gheddafi migliaia di mercenari ben addestrati hanno lasciato la Libia andando a rafforzare i movimenti antigovernativi, i gruppi terroristici e le bande armate dei rispettivi paesi: e l’arsenale del colonnello si sta dotando di armi moderne e potenti.
A confermare la minaccia di un terrorismo transnazionale, in grado di agire in più paesi coordinando le azioni, il 1° giugno, sempre in Niger, dei terroristi sono evasi dal carcere civile della capitale Niamey nel corso di una sommossa organizzata grazie all’aiuto di Boko Haram che è riuscito a introdurre delle armi nell’edificio. Proprio in questi giorni in Nigeria contro questo movimento è in corso una dura offensiva dell’esercito che, tra l’altro, il 30 maggio ha portato alla scoperta di un deposito di armi a Kano, capitale dell’omonimo stato settentrionale. L’arsenale, a pochi metri da una caserma della polizia, era situato in un magazzino di proprietà di alcuni cittadini libanesi che si ritiene appartengano a una cellula Hezbollah costituitasi in Nigeria.