“Tampon tax”, una punizione che frena l’economia
Tiene banco la “tampon tax”, di fatto una punizione inflitta ai non vaccinati che saranno costretti a fare tamponi continui per attività quotidiane. Lo Stato finora ha ignorato le richieste di renderli gratuiti come i vaccini. Un’ingiustizia, che darà un’altra mazzata all’economia. E intanto, dall’Anp, giunge una nuova assurda proposta per la scuola.
L’hanno a ragione definita “tampon tax”. L’espressione, se riferita alla gestione del Covid, è da un lato fuorviante perché in origine indica l’Iva (cioè l’imposta sul valore aggiunto) che viene applicata ai tamponi e agli assorbenti. Tuttavia, dall’altro, rispetto alla situazione determinatasi con l’estensione dell’obbligo di green pass, risulta calzante.
Si tratta, infatti, di una vera e propria punizione inflitta ai non vaccinati, costretti a fare tamponi continui per poter vivere una vita normale e poter fruire di servizi essenziali come i trasporti a lunga percorrenza o i ristoranti al chiuso, senza dimenticare cinema e teatri. Le diverse proposte di Forza Italia, Movimento 5 Stelle e altri deputati e senatori affinché lo Stato assicuri la gratuità dei tamponi, visto che anche i vaccini li somministra gratuitamente, non hanno sortito alcun effetto ed è una vera ingiustizia. Ci sono, infatti, italiani che non si possono vaccinare per problemi di salute e stanno effettuando dei controlli per capire se possono farsi iniettare il siero anti-Covid. Ce ne sono molti altri che semplicemente sono in lista d’attesa per vaccinarsi ma non l’hanno ancora fatto e, nel frattempo, per potersi godere la vacanza, devono fare tamponi continui, a spese loro.
La confusione sulle regole e soprattutto la prospettiva di nuove norme assai vincolanti per la mobilità delle persone hanno prodotto un crollo delle prenotazioni negli hotel, dove ad esempio si può fare colazione al chiuso, si possono frequentare i ristoranti nelle sale interne, ma non si possono frequentare il centro benessere o la beauty farm. È una babele di norme e vincoli sganciati da evidenze scientifiche ed emanati solo sull’onda della paura di una nuova impennata di contagi, ricoveri e decessi, mentre non si affrontano minimamente i nodi relativi al potenziamento dei trasporti pubblici urbani, della sanificazione degli ambienti chiusi e dell’applicazione delle norme di distanziamento e contenimento nei luoghi al chiuso, che da sole basterebbero per impedire chiusure e per poter accogliere gli utenti e i clienti senza rischi e senza obbligo di green pass.
Monta nel frattempo il caos dei controlli, con i ristoratori inferociti per le disdette di tavoli al chiuso da parte di persone che non sono ancora vaccinate o non intendono farsi il vaccino. Occorre esibire il green pass, ma molti titolari e gestori di ristoranti si rifiutano di chiedere il certificato verde e i documenti d’identità ai loro clienti per evitare di trasformarsi in agenti di dogana, con relativo turbamento di quel clima di empatia che dovrebbe ispirare un pranzo o una cena. «Non sono tenuti a chiedere i documenti, ma solo ad accertarsi che i clienti abbiano il green pass», è stato il chiarimento del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, che però non dissipa affatto i dubbi circa le reali responsabilità dei pubblici esercenti, che non sono tutori dell’ordine e pubblici ufficiali.
A dare il colpo di grazia all’economia, come detto, rischia di essere proprio questo obbligo dei tamponi, cioè questa versione aggiornata della “tampon tax”. Ogni 48 ore bisogna fare un tampone che, anche a costi calmierati, non è affatto alla portata di tutti. Il Governo ha stabilito che per i minorenni il costo di un tampone debba abbassarsi a 8 euro, mentre per tutti gli altri cittadini deve costare 15 euro. Chi fa un tampone rapido in farmacia può ottenere immediatamente il green pass dal farmacista stesso; quel green pass ha lo stesso valore di quello di un vaccinato o malato di Covid, ma dopo 48 ore scade e chi lo ha fatto ha lo stesso problema, cioè deve rifarlo. Se una persona non vaccinata, in giorni diversi, decide di andare al ristorante, al cinema o al teatro oppure deve prendere un aereo per lavoro, rischia di dover fare tre tamponi e di spendere 45 euro in una settimana. Se una famiglia di quattro persone, con due vaccinati e due non vaccinati, andasse a cena al ristorante al chiuso magari per festeggiare un compleanno o una ricorrenza di famiglia, dovrebbe aggiungere al costo della cena almeno trenta euro di costo dei due tamponi per i due non vaccinati. Si tratta di cifre non compatibili con il bilancio della stragrande maggioranza delle famiglie italiane.
E, ciliegina sulla torta, con l’approssimarsi della riapertura delle scuole, un’altra surreale rivendicazione si affaccia all’orizzonte. Il presidente dell'Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, ieri ha avvertito il Governo: «Servono risorse per assumere personale di segreteria pari a circa 8.000 unità; si deve passare dalle parole ai fatti, attendiamo risposte a breve». Perché altre 8.000 assunzioni proprio ora? Cosa dovrebbero fare quei neo-assunti? Semplice: controllare i green pass di studenti, insegnanti e personale scolastico. «Serve una unità di personale di segreteria in più in ogni scuola e serve una banca dati per consentire di conoscere chi non è in possesso del Green pass. Va fatto subito, altrimenti non è possibile garantire il controllo», ha chiarito Giannelli. Sarcastico ma opportuno il commento del leghista Claudio Borghi: «Si chiudevano gli ospedali per risparmiare ma assumiamo 8000 segretari per controllare i green pass». Sembra una barzelletta, ma purtroppo non lo è.