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IL DECRETO

Svuotacarceri, tutti a casa!

Invece che affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri, attivando le nuove prigioni ed evitando gli abusi della custodia cautelare, il governo sconta pene ai criminali di 5 mesi all'anno.

Editoriali 18_12_2013
Amnistia?

Le carceri italiane sono super affollate? Certamente sì, 20.000 persone oltre l’attuale limite di capienza, che si aggira sui 47.000 posti. Quali sono le cause della sproporzione? Intanto la sproporzione non è tale rispetto alla popolazione che vive in Italia – il rapporto detenuti/residenti nella Penisola è fra i più bassi al mondo –, bensì è in relazione ai posti disponibili. Le ragioni principali sono tre: un uso eccessivo della custodia cautelare, una consistente presenza di detenuti stranieri (23.500 a fronte di 42.200 italiani), la ridotta disponibilità di istituti di pena. Ciascuna di queste cause, se rimossa anche solo in parte, eliminerebbe la sproporzione prima indicata (e nessuna di esse esige che si cambi una sola norma di legge).

L’esperienza quotidiana denuncia detenzioni cautelari inutili o esageratamente lunghe o dipendenti da scarsa celerità dei giudizi. Il rimedio? Un uso più accorto dell’azione disciplinare – compito del ministro della Giustizia – nei confronti di quei magistrati che abusano di questo strumento, soprattutto quando il processo si conclude con l’assoluzione piena.

Vi sono già le disposizioni che permettono o di far espiare le condanne più consistenti nelle Nazioni di origine degli stranieri condannati, o comunque di procedere alla espulsione di costoro: perché non sono applicate in modo diffuso? il controllo sulla loro effettiva ed efficace applicazione compete al governo.

Il piano carceri, pur in presenza di un Commissario straordinario che dovrebbe pensare al suo completamento, è fermo. Addirittura non sono utilizzati i nuovi posti costruiti fino a 3-4 anni fa. Perché? Alla prima domanda dovrebbe rispondere il ministro della Giustizia, e c’è da augurarsi che lo faccia, perché è un mistero. Pure la seconda compete al Guardasigilli, ma non c’è nulla di misterioso: non si aprono i nuovi padiglioni, realizzati di recente, perché il blocco del turn over colpisce anche la Polizia penitenziaria, e quindi non c’è nessun agente da mandare.

Che fa il governo? Vara un bel decreto legge, che evita accuratamente di affrontare tutti e tre, o anche solo uno, dei nodi appena indicati, e invece pone le premesse per far crescere gli indici più significativi della delinquenza, già in ripresa dopo un decennio di costante riduzione. Ecco i suoi aspetti più significativi.

Per ogni anno di reclusione irrogato ci sono cinque mesi di sconto. Fino a oggi la liberazione anticipata ha funzionato con un abbuono di tre mesi per ogni anno, e già così era uno scandalo. Da domani, quando sentirete un giudice irrogare, per esempio, la pena di venti anni di reclusione – una pena seria, da omicidio con aggravanti – sappiate che con questa modifica si tratta in realtà di meno di 12 anni. Sappiate pure che questo beneficio concorre con altri, previsti dall’ordinamento penitenziario, sì che è assai probabile che il condannato (lo ripeto: a 20 anni!) vada in semilibertà dopo sei anni di reclusione effettivamente espiata.

All’aumento dello sconto è stato dato valore retroattivo, a partire dal 1° gennaio 2010. È troppo dire che è un indulto per decreto legge? È la verità; si segue questa strada perché l’indulto chiamato col suo nome non aveva i voti dei 2/3 del Parlamento.

Il limite di pena per fruire dell’affidamento in prova al servizio sociale è elevato dai tre anni di reclusione fino a oggi previsti a quattro anni. Riprendiamo l’esempio precedente: i 12 anni effettivi di condanna a fronte dei 20 virtualmente irrogati diventano in realtà 8: quando mancano 4 anni alla fine i servizi sociali si sostituiscono al carcere;

Viene sabotata la legge sulla droga, introducendo una norma di favore per lo spaccio piccolo-medio, di forte riduzione delle pene.

C’è dell’altro, ma manca l’essenziale: non un nuovo agente penitenziario assunto in più, non un cenno sull’edilizia carceraria, nulla sulla custodia cautelare. Sugli stranieri si ribadisce la sostanza delle norme già esistenti: sarebbe stato meglio capire perché quelle già in vigore non venivano fatte funzionare.

Questo decreto legge mette subito fuori dal carcere delinquenti veri – quelli che hanno subito una condanna irrevocabile: le nuove disposizioni si applicano solo a loro –, responsabili, per l’entità delle pene che vengono cancellate, anche di delitti di peso, dalle rapine alle estorsioni, dallo spaccio al traffico di immigrati. L’effetto sarà certamente quello di dare respiro alle strutture penitenziarie, ma durerà poco. Trattandosi in larga parte di un indulto mascherato “a regime”, si ripeterà quanto accaduto nel 2006, dopo l’indulto vero approvato nell’estate di quell’anno: nel giro di una quindicina di mesi le carceri torneranno a scoppiare per il rientro, in custodia cautelare, di larga parte dei liberati con i saldi di oggi, e nel frattempo i numero dei reati più preoccupanti saliranno ancora più in alto.

Già, quindici mesi, il tempo che si è dato questo governo per tirare a campare. Sulla pelle degli italiani onesti. Con un ministro dell’Interno della cui attenzione al tema è lecito dubitare, se – mentre era in corso la preparazione del decreto legge – era intanto ad annunciare (solo ad annunciare, altrimenti avrebbe preso posto nel decreto legge: quale migliore occasione?) l’aggravamento del trattamento carcerario dei condannati per mafia, il cosiddetto 41-bis. E con un presidente del Consiglio che per prima cosa in conferenza stampa ha assicurato: «dalle nuove misure nessun pericolo per i cittadini». Non so a Palazzo Chigi, ma in giro per l’Italia si chiama excusatio non petita.