Sventato l'attacco francese alla libertà religiosa
Qualche volta dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo arrivano anche buone notizie per la libertà religiosa. Tre sentenze della Corte di Strasburgo danno torto alla Francia in alcuni casi in cui è contrapposta ad associazioni religiose.
Qualche volta dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo arrivano anche buone notizie per la libertà religiosa. Il 31 gennaio la Corte di Strasburgo ha reso note tre sentenze che danno torto alla Francia in casi che opponevano l'amministrazione fiscale transalpina rispettivamente alla Chiesa Evangelica Missionaria di Besançon, all'Associazione Religiosa del Tempio Piramide e all'Associazione dei Cavalieri del Loto d'Oro.
I curiosi nomi delle ultime due associazioni celano il gruppo noto come Religione Aumista, fondato da Gilbert Bourdin (1923-1998), più noto fra i suoi discepoli come il Signore Hamsah Manarah, un gruppo sincretista con elementi induisti, buddisti ed esoterici, principalmente conosciuto per le bizzarre costruzioni della sua città santa del Mandarom, in Provenza.
La Chiesa Evangelica Missionaria, un tempo nota come Chiesa Evangelica della Pentecoste di Besançon, è una comunità pentecostale di successo, di un tipo piuttosto diffuso anche in Italia: o meglio lo era, perché nel 2006 è stata sciolta e riorganizzata in una forma diversa e più modesta in seguito allo scandalo derivato da un'accusa di adulterio contro uno dei pastori, Étienne Kennel, figlio del principale dirigente del gruppo René Kennel.
Per ragioni diverse, entrambi i gruppi si sono trovati al centro delle campagne degli anni 1990 promosse dal governo francese contro le «sette pericolose». Con i suoi bizzarri edifici e con le accuse di abusi sessuali contro il fondatore, la Religione Aumista del Mandarom era il tipo stesso della «setta» così come la descrivevano i media francesi dell'epoca.
Quanto alla Chiesa di Besançon, pure vigorosamente difesa dalle associazioni protestanti francesi, si trattava del tipico gruppo pentecostale «all'americana» cordialmente detestato dagli stessi media.
Naturalmente se - e nella misura in cui - il governo francese avesse trovato prove di abusi, sessuali o di altro genere, in questi due movimenti religiosi avrebbe avuto tutto il diritto e il dovere di perseguirli. Né le dottrine e i comportamenti di questi due gruppi possono suscitare alcuna simpatia tra i cattolici. Ma non è questo il tema delle tre sentenze della Corte Europea. Le sentenze riguardano i «doni manuali», cioè le offerte raccolte da gruppi religiosi «brevi manu» principalmente in occasione di cerimonie del culto: l'esempio classico è quanto è raccolto nei cestini delle offerte durante la Messa domenicale. La legge francese impone che di queste offerte le comunità religiose tengano scrupolosa contabilità, il che - secondo i giudici di Strasburgo - è legittimo.
Il problema riguarda la loro tassazione. Il fisco francese nei casi esaminati ha semplicemente equiparato i «doni manuali» a profitti atipici, tassandoli al 60%, inoltre prelevando sul restante 40% l'80% a titolo di multa per evasione fiscale, più gli interessi, con un meccanismo che nella sostanza ha portato alla confisca dell'intero ammontare dei «doni manuali» ricevuti.
I giudici europei affermano che la tassazione in una modesta misura dei «doni manuali» non viola di per sé la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Tuttavia tradizionalmente i «doni manuali» sono una risorsa cruciale per il funzionamento delle organizzazioni religiose, e la loro tassazione non può che corrispondere a quanto generalmente le leggi nazionali prevedono per i doni a gruppi no profit caritativi, culturali, filosofici o - appunto - religiosi. Una tassazione del 60% - per non parlare della confisca dell'intero importo sommando alla tassa multe e interessi - rappresenta una palese violazione della libertà religiosa, e pertanto il fisco francese dovrà restituire tutto il maltolto.
I giudici di Strasburgo mostrano di avere capito che qui siamo di fronte a un «uso deviato» del fisco per un obiettivo - la «lotta contro le sette» - che la stessa Corte Europea ha in passato diversamente valutato, ma che in ogni caso non può passare per la «scorciatoia» fiscale. In altre parole, in presenza di «sette» che minacciano effettivamente l'ordine sociale, lo Stato ha il diritto di agire con i normali strumenti del diritto penale, i quali permetteranno anche agli accusati di presentare le loro difese. Cercare invece di far cessare le attività di un gruppo accusato di essere una «setta» tassando praticamente al cento per cento le offerte dei suoi fedeli è, come affermano le sentenze, una «scorciatoia» impropria.
E non solo. I giudici spiegano che il fisco - che non è certamente competente a valutare la qualità di dottrine e comportamenti presentati come religiosi - può solo operare sulla base di principi generali.
Se i «doni manuali» diventano profitti tassabili a tassi da super-ricchi il principio non varrà solo per il Mandarom o i pentecostali ma per tutte le comunità religiose, la cui unica tenue protezione sarà la benevolenza delle autorità fiscali nel non fare valere contro di loro un principio comunque stabilito. Né varrebbe, secondo la Corte, distinguere fra associazioni religiose riconosciute e non riconosciute.
La Francia non ha un regime di concordati o intese, e nell'ambito di tutte le religioni operano associazioni «non riconosciute». La Corte richiama di avere già deciso un caso simile nel 2011 in favore dei Testimoni di Geova, realtà di ben altre dimensioni rispetto a quelle ora prese in esame.Mi permetto di aggiungere una considerazione che non è presente nelle sentenze. Non sarebbe la prima volta che in Francia - e altrove - si usano gruppi poco popolari come «apripista» o casi pilota per stabilire principi generali che limitano la libertà religiosa, poi gradualmente applicati anche contro la Chiesa Cattolica.
Un esempio macroscopico è la legge contro l'esibizione di simboli religiosi in alcuni luoghi pubblici. Presentata come necessaria per liberare le figlie dei fondamentalisti islamici cui i genitori imponevano di andare a scuola con il velo, è stata prontamente applicata contro i crocifissi. Immagino che molti lettori simpatizzino con la lotta del governo francese - oggi per la verità piuttosto attenuata - contro le «sette pericolose», che certo ha avuto i suoi abusi e generalizzazioni ma anche le sue ragioni. Ma occorre stare attenti all'inganno.
Chi potrebbe sentirsi solidale con i seguaci di pastori pentecostali dai dubbi costumi o di un maestro di yoga che si proclama «Messia cosmo-planetario» e fa erigere un'enorme statua a se stesso in Provenza? Ma chi in Francia ha applaudito il fisco che ha colpito duramente questi gruppi non si è reso conto che il principio dell'imponibilità fiscale dei «doni manuali» vale per tutti, così come usare il fisco per togliere di torno gruppi religiosi che il governo non apprezza costituisce un precedente pericoloso. Così, per una volta, tocca dare ragione alla Corte di Strasburgo.