Suor Cristina, ce n'era bisogno?
L'esibizione di suor Cristina Scoccia nel programma tv "The Voice" mi lascia perplessa: ce n'era bisogno? Quale vantaggio viene per il Vangelo? Il tempo ci dirà se questo stile è vincente, ma non riesco a nascondere il disagio di una presenza fuori posto.
Perplessa. Non saprei come altrimenti dire lo stato d’animo che suscita in me il “fatto” di Suor Cristina Scoccia. Non ho seguito la trasmissione televisiva, su facebook pochi giorni fa ho visto postato, sulla bacheca di una ragazza che conosco, il video della esecuzione della giovane suora a “The Voice” con il commento “questa è una grande!”. Poi su altre bacheche è stato un proliferare di video e di commenti e infine una selva di post favorevoli/contrari. A questo punto mi sono incuriosita e ho guardato il video.
Che dire? Sono una suora anch’io, anch’io ora come in passato non disdegno il mezzo televisivo che considero un ottimo strumento di evangelizzazione. Penso anche che molti di noi, religiosi e sacerdoti, non sappiano usare questo strumento diventando di fatto, o l’agnello immolato in trasmissioni preparate ad arte per far fare una brutta figura a uomini e donne di Chiesa incapaci di dominare la comunicazione, o fenomeni da baraccone rincorrendo un modo di comunicare che bada più all’effetto che alla sostanza. Pochi di noi si sanno muovere bene in questo mondo. Insomma della comunicazione televisiva ne conosco i vantaggi e le insidie. Non demonizzo i media, li considero una chance per il Vangelo, credo però vada messo a fuoco il perché e il come della nostra presenza di consacrati.
Mentre guardo il video capisco che sono di fronte ad un nuovo fenomeno: carina, giovane, con grande capacità comunicativa e con una voce strepitosa, suor Cristina ha carisma da vendere. Al contempo resto perplessa davanti alla sua esibizione chiedendomi: ma ce n’era bisogno? Quale vantaggio per il Vangelo? Ho tenuto per me i miei pensieri, sinceramente desiderosa di comprendere, di non schierarmi né con i tifosi né con i detrattori della suora.
Su facebook si stanno confrontando due modi differenti di vedere, in ultimo, il compito e la presenza dei consacrati nell’arena mediatica. Tanti difendono a spada tratta la scelta di suor Cristina e delle sue consorelle, affermando che si tratta finalmente di una Chiesa che comunica, che sa arrivare a toccare coloro che mai si sarebbero sognati di tifare una suora e che è un modo per portare il Vangelo là dove non penetrerebbe mai. Parlano di papa Francesco, di una Chiesa più giovane, più fresca, finalmente pronta a confrontarsi con le famose periferie esistenziali. Accusano chi non condivide questo stile, di essere bigotti e fuori dal vento nuovo che soffia nella Chiesa. Poi ci sono quelli scandalizzati, quelli che una suora che si esibisce in televisione, non la digeriscono proprio: un vero e proprio tradimento della sacralità dell’abito religioso. Alcuni meno intransigenti, si domandano se davvero serva a qualcosa questo successo che la travolgerà e temono per questa vocazione che, è bene ricordarlo, non è ancora definitiva perché solo a luglio suor Cristina emetterà la sua professione religiosa definitiva.
E io, mi domando, da che parte sto? Non sto. Nel senso che sto cercando di capire e soprattutto di ascoltarmi, da consacrata anch’io. La mia perplessità nasce dal fatto che non ho ancora risposto a quelle domande della prim’ora. Perché? Ce n’era bisogno? Certamente suor Cristina e le sue consorelle, le sue superiori avranno pregato, fatto discernimento, certamente non hanno affrontato questa scelta con superficialità e a cuor leggero. Hanno le loro ragioni. Solo che non riesco a comprenderle. Molti sono stati raggiunti dalla gioia esplosiva di questa suora e questo è un bene. Tanti si saranno fatti delle domande che altrimenti non avrebbero mai avuto la possibilità di farsi. Ne sono convinta.
Eppure questo non basta per farmi dire sì, questa presenza, questo stile mi convince. Dall’altra parte non riesco a togliermi di dosso il disagio di una presenza fuori posto, di un centro non centrato. E non perché si tratta di televisione, non perché si tratta di un programma “non confessionale”: i cristiani come sale e lievito stanno bene ovunque e devono essere ovunque. Ciascuno però ha il proprio dono, per citare suor Cristina. E fin qui sono d’accordo con lei, ma questo dono messo in circolo in questa maniera, lascia trasparire davvero il Donatore di ogni dono? Non ho ancora una risposta.
Tendenzialmente sarei per prendere le distanze da questo modo di presentare la vita consacrata e lo dico da consacrata tante volte criticata per la sua presenza nei media, per uno stile forse troppo distante dai canoni tradizionali con i quali viene rappresentata la vita consacrata. Credo che ci sia davvero bisogno di una nuova presenza al mondo di noi uomini e donne che abbiamo scelto la via della verginità. Ma credo anche che debba essere appropriata al proprio essere nel mondo ma non del mondo e che un abito, volente o nolente, ti chiede di fare alcune cose e di rinunciare ad altre.
E penso a Fra Alessandro Brustenghi, il frate di Assisi, caro amico che, famoso in tutto il mondo, ha fatto la scelta di donare la sua splendida voce solo per cantare canti del repertorio sacro. Per quello che mi riguarda sta più nelle mie corde. Ma la Chiesa è grande, il Vangelo si incarna nelle differenti situazioni nei modi più impensati; la scelta di suor Cristina, radicalmente differente, potrebbe essere, anch’essa, vincente. "Dai frutti li riconoscerete". Non devo giudicare, né dire oggi se sia giusto o no quello a cui stiamo assistendo, se viene da Dio o no. La prudenza e la necessaria obbedienza allo Spirito Santo che muove dove e come vuole, mi chiede oggi di non tranciare giudizi avventati, né pro né contro.
Continuo ad interrogarmi, ammettendo che si tratta di qualcosa che non rientra nel mio modo di vedere la vita consacrata e la sua missione nel mondo. Ma si vedrà. Per il momento mi limito sinceramente ad augurare, a questa giovane suora, ogni bene e che Dio la conduca dove Lui vuole anche fossero strade inconsuete. E a pregare per lei e per la sua consacrazione.