Sud Sudan, la guerra contro i bambini
La guerra nel Sud Sudan, il più giovane fra gli Stati africani, è scoppiata come una lotta per il potere. Ma è ben presto degenerata in una guerra etnica. E in una pulizia etnica. I bambini sono le prime vittime. Uccisi deliberatamente, rapiti, costretti a combattere o ridotti alla schiavitù sessuale.
«Il conflitto attuale è una vera e propria guerra contro i bambini. Nella sola città di Bor in diverse fosse comuni sono stati rinvenuti i cadaveri di 490 bambini, molti dei quali di pochi mesi o poco più».
È quanto si legge in un rapporto appena pubblicato dalla Missione di sostegno del Comitato africano di esperti in diritti e assistenza ai bambini, un organo dell’Unione Africana, incaricata di verificare gli effetti della guerra su una fascia di popolazione particolarmente vulnerabile, i bambini. Lo scenario, benchè si tratti di bambini quasi tutti cristiani, non è però l’Iraq e neanche la Siria. Bor è infatti una città del Sud Sudan, un paese in guerra dal dicembre del 2013.
Il conflitto è incominciato ai vertici del potere quando il vicepresidente Riek Machar, un Nuer, si è fatto portavoce dello scontento della propria etnia per l’accentramento progressivo delle cariche politiche e amministrative nelle mani dei Dinka, l’etnia del presidente Salva Kiir. Lo scorso agosto Riek Machar aveva annunciato di volersi candidare alla presidenza alle prossime elezioni, in agenda nel 2015. Tanto è bastato perchè il presidente Salva Kiir lo destituisse. Sono seguiti mesi di tensione culminati alla fine del 2013 in scontri armati allorché una parte dell’esercito si è schierata con il governo e una parte con l’ex vicepresidente Machar. Nelle settimane successive gli scontri si sono estesi dalla capitale Juba ad altre città, coinvolgendo un numero crescente di Dinka e di Nuer e degenerando in scontro etnico sempre più cruento dopo che molti Nuer si sono uniti ai militari fedeli a Machar, creando milizie note come Armata Bianca.
A quasi nove mesi dall’inizio della guerra, quattro milioni di persone, pari a circa il 40% della popolazione, rischiano la carestia perchè, a causa del conflitto, non hanno potuto preparare i terreni e seminare prima della stagione delle piogge. 1,4 milioni di persone, costrette dai combattimenti e dalla violenza dei contendenti sui civili ad abbandonare casa e lavoro, vivono in condizioni durissime in campi per profughi, dentro e oltre i confini nazionali. Da 10.000 a 14.000 è la stima dei morti.
Tra le persone in estrema difficoltà, secondo l’Unicef, ci sono quasi 330.000 donne incinte o che hanno partorito da poco e 840.000 bambini di età inferiore a cinque anni. Inoltre sono migliaia i bambini in situazioni particolarmente critiche perchè soli, senza più genitori: morti durante i combattimenti e le operazioni di pulizia etnica compiute da entrambe le etnie o smarriti nella fuga precipitosa per scampare alla violenza.
Ma non è solo per questo che si parla di vera e propria guerra contro i bambini. Il rapporto della Missione di sostegno lancia una grave accusa contro i contendenti denunciando una deliberata intenzione di colpire i bambini e di infierire su di loro.
La morte dei bambini – ha spiegato Julia Sloth Nielsen, uno degli esperti dell’Unione Africana, nel corso della conferenza stampa organizzata per la presentazione del rapporto – non è un tragico incidente o una sfortunata conseguenza del conflitto: «abbiamo la certezza che i bambini – ad esempio, quelli i cui resti sono stati individuati nelle fosse comuni di Bor – sono stati uccisi deliberatamente». Inoltre «la prova e la misura di quanto questa guerra prenda di mira direttamente i bambini – ha aggiunto l’esperta – è data dal numero di quelli rapiti, oltre 900, e, sia femmine che maschi, violentati».
Migliaia sono anche i bambini reclutati a forza e costretti a combattere: secondo le Nazioni Unite, che confermano con proprie rilevazioni i dati raccolti dalla Missione dell’Unione Africana, solo tra le forze fedeli al presidente Kiir i bambini-soldato sarebbero circa 9.000, incluso un numero considerevole di femmine.
Nell’insieme, secondo gli esperti della Missione di sostegno, l’impatto di nove mesi di scontri sui bambini è persino maggiore di quello prodotto dalla guerra civile durata 21 anni (conclusasi nel 2005 con un accordo di pace, seguito nel 2011 dalla proclamazione dell’indipendenza del Sud Sudan dal Sudan).
I frequenti attacchi a scuole e ospedali e il rifiuto di consentire ai civili, bambini compresi, l’accesso agli aiuti umanitari aggravano ulteriormente una situazione che, come ha dichiarato alla stampa Julia Sloth Nielsen, peggiora di ora in ora.
Altri 50.000 bambini rischiano di morire entro l’anno di malnutrizione e di malattie infantili.