Su Di Maio e Salvini l'ostacolo è l'europeista Mattarella
Al Quirinale sarebbe pronto il piano B. Qualora domenica si registrasse una rottura tra Di Maio e Salvini, il governo del Presidente vedrebbe la luce nel giro di qualche ora. In chiave europeista.
Hanno chiesto tempo fino a domenica a Sergio Mattarella. Stanno cercando la cosiddetta “quadra” sul nome del premier, sulla compagine di governo e sul programma, dopo di che potranno considerare raggiunto l’accordo. Prima preferiscono essere cauti, anche perché, lo hanno ribadito anche loro, se la trattativa fallisse non resterebbe che lo scioglimento delle Camere, con le elezioni anticipate a luglio o in autunno.
Luigi Di Maio e Matteo Salvini parlano di “significativi passi avanti” dopo essersi incontrati ieri alla Camera dei deputati. Stanno mettendo a punto il programma: reddito di cittadinanza, flat tax, immigrazione, legittima difesa e legge Fornero i punti qualificanti, ma discussione aperta anche su conflitto di interessi e leggi anticorruzione.
Sul nome del premier due le ipotesi sul tappeto: una staffetta tra Salvini e Di Maio oppure l’individuazione di una figura super partes, di alto profilo, che possa risultare equidistante da Cinque Stelle e Lega. Quest’ultima ipotesi sembra incontrare maggiori consensi nelle ultime ore. I due leader puntano a rimanere fuori dall’esecutivo e a non ricoprire ruoli ministeriali.
Sembra che il pallino sia saldamente nelle mani dei due vincitori del 4 marzo, che hanno due possibilità: dar vita a un esecutivo che consenta di attuare parti di programma di entrambi i partiti, oppure negare l’appoggio a qualsiasi altro governo, anche di scopo o di garanzia, costringendo Mattarella a decretare chiusa la legislatura e a riportare il Paese alle urne. Infatti, anche gli ultimi sondaggi, pur prevedendo un incremento dell’astensione, attribuiscono percentuali crescenti a Lega e Cinque Stelle.
Forza Italia lo sa e, con le spalle al muro, ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco. Silvio Berlusconi ha spacciato per gesto di responsabilità la sua disponibilità a lasciar partire un governo giallo-verde, ma la verità è che gran parte dei suoi parlamentari l’ha messo alle strette, minacciando di abbandonare Forza Italia qualora si fosse tornati repentinamente al voto, con moltissimi rischi di non rielezione.
I fedelissimi dell’ex Cavaliere hanno fatto sapere che il partito non voterà la fiducia al governo Salvini-Di Maio e si terrà le mani libere, valutando di volta in volta i provvedimenti che arriveranno in Parlamento.
Il passo di lato fatto da Berlusconi consente di superare la fase di stallo, evitando un ritorno alle urne. Si fa sapere da Palazzo Grazioli che "Forza Italia non concorrerà in alcun modo alla spartizione di poltrone" e che "la collaborazione con la Lega non è in discussione" in quanto Salvini viene considerato il leader di tutto il centrodestra.
Diversa la posizione dell’altro alleato, Fratelli d’Italia, che subordina il suo appoggio al nascente esecutivo giallo-verde al nome del premier e al programma: "Ci sono tre No e tre Sì, per noi irrinunciabili – chiarisce Giorgia Meloni - no a patrimoniale e a qualsiasi introduzione di nuove tasse; no a ius soli; no alla possibilità dell'adozione per coppie dello stesso sesso. Sì a Flat Tax immediata al 15 per cento, blocco dell'immigrazione, aumento del 15 per cento delle risorse per il comparto difesa e sicurezza, incremento dei militari nei luoghi a rischio. Sì a destinare il 50 per cento di investimenti in nuove infrastrutture al Mezzogiorno". Siccome alcuni di questi punti non sono evidentemente tra le priorità di Salvini e Di Maio, appare probabile che anche Fratelli d’Italia possa decidere di non votare la fiducia e di valutare l’operato dell’esecutivo sui singoli provvedimenti.
In casa Pd, in vista dell’assemblea nazionale del 19 maggio, che dovrà stabilire se eleggere un nuovo segretario o se avviare un percorso congressuale, si esprime preoccupazione per le scelte economiche che potranno essere fatte da un governo definito “populista” e si lancia l’allarme di una possibile “deriva sovranista”. Il Pd farà opposizione costruttiva, così promette il segretario reggente, Maurizio Martina, che richiama all’ordine i suoi: "Qui bisogna preparare un’alternativa credibile, altro che mangiare pop corn", ha detto, riferendosi alla battuta di Matteo Renzi che pregustava la possibilità di rimanere a guardare per assistere al “disastro sovranista”.
Ma al Quirinale sarebbe pronto il piano B. Qualora domenica si registrasse una rottura tra Di Maio e Salvini, il governo del Presidente vedrebbe la luce nel giro di qualche ora. Il Capo dello Stato avrebbe già individuato guida e componenti, per traghettare il Paese verso urne in autunno. Sergio Mattarella ieri da Fiesole ha lanciato un forte richiamo europeista: "Nessuno Stato può farcela da sola, è pura illusione. I particolarismi sono senza futuro, la narrazione sovranista è seducente ma inattuabile". Un invito, quindi, a rilanciare il progetto dell’Unione, evitando populismi e promesse non realizzabili da parte di forze politiche che sarebbero poi "certe di poter addossare all’Unione l’impraticabilità delle loro promesse". Ogni riferimento a Lega e Cinque Stelle è puramente voluto.