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SAVE THE CHILDREN

Studio su povertà educativa elogia lo sciopero climatico

Il rapporto Save the Children fa uno spaccato puntuale della condizione della nostra nuova generazione. In peggioramento i dati sull'educazione, vero oggetto dello studio. Peccato che l'ideologia verde faccia capolino e il rapporto, dopo una serie di allarmismi fuori tema, si concluda con un elogio dei Fridays for Future: scioperi dalle lezioni.

Educazione 28_10_2019
Save the Children

Il 21 ottobre Save the Children Italia ha presentato la decima edizione del suo “Atlante dell’infanzia a rischio” a cura di Giulio Cederna: “Il tempo dei bambini", un rapporto al di là delle fake news – si legge nell’introduzione – ma anche dei dati statistici, dei censimenti, degli indicatori strutturali che “non vanno presi per oro colato” perché “forniscono per definizione una rappresentazione piana, ridotta e approssimativa del territorio”. Richiedono quindi di essere usati bene.

La situazione che Save the Children descrive è gravissima: per usare le parole dei relatori, evidenzia uno “squilibrio generazionale senza precedenti”. Lo dicono i dati, a partire da quelli relativi al tasso di povertà. Nel 2008 in Italia i minori in condizione di povertà assoluta erano 375.000, uno su 25, oggi sono 1.262.000, uno su otto. In termini percentuali sono passati dal 3,7% al 12,5%. I minori in condizione di povertà relativa sono quasi raddoppiati, da 1.268.000 milioni nel 2008 a 2.192.000 milioni attuali.

Drammatici sono poi i dati relativi alle “povertà educative”, dall’educazione scolastica alle attività culturali in senso lato. In occasione del decennale, Save The Children ha voluto dare la priorità all’istruzione nel momento in cui, così è stata giustifica la scelta, “riaffermare il primato del sapere, del valore della ricerca scientifica, l’importanza strategica della scuola, della lotta senza quartiere alle povertà educative e alle diseguaglianze diventa una questione di vera e propria sopravvivenza”.

Ebbene, nel periodo considerato, un giovane in età scolare su sette ha abbandonato precocemente la scuola: dopo un miglioramento nei primi anni del decennio, a partire dal 2016 l’abbandono scolastico ha ripreso a crescere, passando dal 13,8% al 14,5%. Quasi metà dei ragazzi di età compresa tra 6 e 17 anni inoltre non legge libri al di là di quelli scolastici: il 44,7% nel 2008, il 47,3% nel 2018. Nella stessa fascia di età, allarma poi il tasso di deprivazione culturale. Quasi sette bambini su dieci nell’arco dell’anno praticano nel tempo libero meno di quattro tra le sette attività culturali considerate: teatro, cinema, musei/mostre, concerti di musica classica, concerti di altro tipo di musica, viste a siti archeologici/monumenti, spettacoli sportivi.

L’intero rapporto può essere consultato on line, qui se ne trova una sintesi con cifre, percentuali, mappe e grafici che illustrano i vari aspetti della condizione dell’infanzia considerati. Save the Children giustamente denuncia, producendo dati tratti da Istat, Banca d’Italia e altre fonti, l’insufficienza delle iniziative adottate per affrontare il problema delle povertà minorili. Si è fatto troppo poco e male, le politiche sociali, da quelle abitative ai servizi per la prima infanzia e per le famiglie, sono state limitate, sporadiche, pensate spesso più per tamponare situazioni critiche che per intervenire strutturalmente.  

Le scelte di politica sociale hanno anche contribuito al fenomeno della denatalità, spiega Save the Children, compensata in parte dal sensibile aumento dei minori stranieri, passati da meno di 700.000 nel 2008 all’oltre un milione attuale: in termini percentuali, rappresentavano il 6,9% dei minori residenti in Italia nel 2008 e il 10,6% nel 2018. Ma è tra di loro che si riscontrano i più elevati tassi di povertà assoluta e relativa e di povertà educative. In tutti gli indicatori considerati, i minori stranieri mostrano valori significativamente inferiori rispetto a quelli degli italiani. Per quanto riguarda ad esempio la dispersione scolastica il divario inizia nella scuola secondaria di primo grado, con un tasso di abbandono dello 0,45% per gli italiani e del 2,92% per gli stranieri, e sale via via arrivando rispettivamente al 3,3% e al 10,5% nel passaggio alla scuola secondaria di secondo grado.

Tutti i dati riportati nel rapporto, anche quelli relativi ai minori stranieri, sono come si è detto ricavati da fonti accreditate, attendibili. Il rapporto fornisce quindi un’utile fotografia della situazione italiana e del suo evolversi purtroppo negativo. Proprio il capitolo relativo ai minori stranieri però, fin dal titolo – “Ragazzi senza cittadinanza” – evidenzia bene, nel passaggio dai dati alla individuazione delle cause, l’enorme, soncertante debolezza e parzialità di analisi che caratterizza tutto il rapporto.

 “Risorsa demografica, sociale e culturale platealmente ignorata dalla politica – scrive Save the Children – nel corso di questi dieci anni i bambini e i ragazzi stranieri hanno pagato il conto più alto della crisi economica che ha colpito il Paese. Le famiglie di origine straniera, infatti, sono maggiormente esposte ai principali fattori di rischio alla base della povertà minorile: i nuclei familiari sono in genere più numerosi, riscontrano maggiori difficoltà nell’inserirsi nel mondo del lavoro, si registra tra di loro un’elevata presenza di famiglie sostenute da un unico stipendio o disoccupate, hanno maggiori difficoltà ad esprimersi nella lingua italiana…”.

Seguono dati e percentuali e la sorprendente conclusione: tra le principali cause che hanno messo a rischio l’infanzia straniera c’è “l’incapacità di varare una norma per riconoscere la cittadinanza ai bambini (stranieri) di seconda generazione”. Secondo Save the Children “i minori stranieri con le loro famiglie sono rimasti esclusi dall’agenda politica” e la legge attuale non riconosce ai minori stranieri “i diritti civili fondamentali fino al compimento del diciottesimo anno di vita”. Sono due affermazioni del tutto false ed è particolarmente grave che vengano fatte da una Ong che, avendo per missione la salvezza dei bambini, per forza deve conoscere i fatti ed essere consapevole di affermare il falso.

Tornando al quadro generale, Save the Children con il suo rapporto dimostra il danno immenso prodotto dalle ideologie: in questo caso quella ambientalista. Quasi metà del rapporto, lungo 205 pagine, tutta la prima parte intitolata “Bambini nel tempo nuovo” che esordisce con la celebrazione di Greta Thunberg, è dedicata a spiegare i devastanti effetti sull’infanzia italiana del global warming antropico e dell’esaurimento delle risorse, denunciato già negli anni 60 del secolo scorso dall’inascoltato Club di Roma, osserva l’Ong, e in tempi più recenti quantificato dall’ “impronta ecologica”. Il global warming antropico è una congettura, il Club di Roma ha fallito tutte le previsioni di esaurimento delle risorse, i misuratori dell’impronta ecologica sono fallaci. Ma non per Save the Children e i capitoli dedicati al clima sono ben 13, dai titoli quali: “Povertà educativa e crisi climatica”, “Clima e diseguaglianze”, “Crescere in un pianeta instabile”, “Crescere con il riscaldamento globale”, “Crescere con le ondate di calore”, “Crescere ai limiti dello sviluppo”…

Pensare che nell’introduzione la Ong osserva che “i dati ben documentati, frutto di una interrogazione meditata della realtà, hanno il grande pregio di proteggerci dai pericoli della percezione” e che “selezionare accuratamente le fonti è fondamentale per gestire la sovrabbondanza di dati, a volte contraddittori tra loro, con i quali veniamo quotidianamente in contatto; per orientarci in quella vera e propria ‘discarica di informazioni’ che sembra ormai essere diventata la società della conoscenza”.

L’Ong, chissà se consapevole o no del danno che arreca ai fatti, alla conoscenza e, partendo da premesse sbagliate, alla effettiva possibilità di intervenire utilmente, plaude quindi “alle manifestazioni oceaniche del movimento globale Fridays for Future, nel quale migliaia di studenti ispirati dagli scioperi climatici di Greta Thunberg chiedono di posizionare la lotta ai cambiamenti climatici in cima alla lista delle azioni di governo.

Un rapporto che vuole richiamare l’attenzione sulle “povertà educative” conclude rallegrandosi del fatto che degli studenti, sempre più numerosi e sempre più spesso, perdano ore di scuola, giornate intere in scioperi. In Italia, esulta Save the Children, ci sono già 53 gruppi Fridays for Future attivi e altri 195 in corso di attivazione.