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PREMI LETTERARI

Strega: vince Nesi, l'autore che non ti aspetti

Trionfa il colto scrittore toscano che già in passato in alcuni romanzi aveva riflettuto sulla moralità e sull'enorme bisogno di Dio.

Attualità 08_07_2011
Edoardo Nesi
Ormai è una fiction ma, per una volta, il finale non ci dispiace. Vetrinetta di lettori e rancorosi addetti ai lavori, è agli archivi l’edizione 2011 del Premio Strega. Vince Edoardo Nesi – la percentuale è bulgara, niente testa a testa con l’altro favorito Mario Desiati . E non bastano gli annunci, le polemiche, le interviste preventive del culturame di pasoliniana memoria, la guerra tra majors, la tragicomica telecronaca della Rai, a togliere un senso di soddisfazione. Perché è accaduto: uno scrittore ha vinto (ed è una notizia).

Con un libro Storia della mia gente (Bompiani)- che è una delle poche opere, nel presente letterario, capace di far duellare passato e presente, campagna e città, moralità e storia. Al centro della narrazione: Prato, dal dopoguerra ad oggi, nella sua cittadina e paurosa altalena di povertà e poi lusso e poi disastro definitivo con la crisi del tessile, raccontata con un senso di appartenenza (l’autore è figlio di imprenditori e a lungo ha lavorato nell’impresa di famiglia). Come già era accaduto in L’età dell’oro, forse il romanzo più riuscito di Nesi, la storia di Ivo, industriale ex onnipotente e poi finito in rovina, normopsicotipo italiano, raccontato con un piglio in cui la drammaticità riusciva pure a fare il paio con giocosità e cronaca. Senza mai disincanto.

Alcuni commentatori l’hanno già rilevato: Nesi non è uno della generazione TQ, gli scrittori trenta-quarantenni che vorrebbero tornare (ma non sanno come) all’impegno civile e allo scontro con l’esperienza. Non è una starlette, al movimento letterario della nuova epica italiana appare estraneo. Non ha mai firmato appelli per Cesare Battisti, non pensa che l’Italia sia un brutto paese, anzi sembra, dal suo lavoro, che lo consideri quasi un coro sempre asimmetrico di personaggi esplosivi, sempre sull’orlo di dimenticare il loro grado di stabilità e ambiguità. Tutto da ritrarre e raccontare.

E’ un autore coltissimo, il nuovo Premio Strega, è il traduttore di David Foster Wallace, da cui ha mutuato l’esattezza tagliente che ferisce il lettore. Nel suo passato c’è anche un romanzo – Per sempre - che, senza andare dal Male al Bene, senza obbligare nessuno a confessare, citava largamente il Vangelo e, narrando il complesso percorso di una protagonista adolescente, Alice, esplicitava un enorme bisogno di Dio. Elisabetta Sgarbi, il direttore editoriale di Bompiani, a caldo ha dichiarato al Corriere che la casa editrice sostiene Nesi «dal 2005» e che questo premio «lo merita lui, lo merita Bompiani stessa e la capacità di avere proposto qualcosa di nuovo».

Ecco, sembra una buona sintesi, aspettando la riforma del Premio e l’azzeramento della giuria. Per togliere di prevedibilità e perché, da occasione di festa e di cronaca culturale, esso torni a essere momento di confronto e di ricerca, aperto anche –come oggi non accade mai- a quei piccoli editori – ricordate il caso di Quiritta e dell’esclusione di H.P. L’ultimo autista di Lady Diana?- che, andando controcorrente rispetto al moloch del mercato, ancora si impegnano e credono ai libri cui assegnano una imprescindibile funzione d’uso.