Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Espedito a cura di Ermes Dovico
NORVEGIA

Strage di Kongsberg, l'ombra del jihad dei fiordi

Un uomo armato di arco e frecce uccide cinque persone e ne ferisce due a Kongsberg, cittadina della Norvegia meridionale. Il killer, arrestato, è Espen Andersen Brathen, uomo di 37 anni convertito all'islam e radicalizzato. Ha agito da solo. Ma non è un caso isolato. L'islam radicale in Norvegia è in continua crescita da trent'anni. 

Esteri 15_10_2021
Kongsberg, dopo la strage

Sono più o meno le sei del pomeriggio a Kongsberg, a sud ovest di Oslo, in Norvegia, quando un uomo munito di arco e frecce, ma anche di un coltellaccio da cucina e una pistola nello zaino, entra in un supermercato e uccide cinque persone. I due feriti - tra cui un agente di polizia non in servizio - finiranno di lì a breve in terapia intensiva. A TV2 - emittente televisiva norvegese - una donna ha raccontato di aver visto “un uomo dietro l’angolo, con frecce nella faretra e un arco in mano, camminare spedito mentre la gente iniziava a scappare”. 

Durante la prima conferenza stampa, il capo della polizia locale, Øyvind Aas, non ha voluto diffondere alcun dettaglio della tragedia, tranne che l’uomo era stato arrestato. È dovuto passare un bel po’ prima che la Norvegia e il mondo intero scoprissero che l’arciere killer si era convertito da un paio d’anni all’islam e nel 2020 si era radicalizzato. Al punto che il 37enne era già noto alle autorità, ma le forze dell’ordine hanno dichiarato di non essere intervenute prima, perché l’uomo non aveva dato segnali preoccupanti nel 2021. 

Mentre scriviamo è solo qualche ora che i servizi di sicurezza hanno ammesso, “è terrorismo islamico”. Ma per la stampa occidentale solo Le Figaro si occupa della notizia. Per il resto nessuno dà i dettagli di quanto è successo, né sono stati diffusi il motivo dell’attacco o l’identità dell’arrestato. Qualche giornale italiano è invece preoccupato della storia clinica di Espen Andersen Brathen: è questa l’identità dell’uomo da poco rivelata dall’intelligence norvegese (Pst). Riferiscono anche che con certezza verrà sottoposto a perizia psichiatrica. Brathen aveva condiviso la sua conversione all’islam in un video in inglese pubblicato su Facebook e sotto falso nome si esercitava con arco e frecce, pubblicando video su You Tube. 

L'attentato, con un modus operandi inusuale, è avvenuto nell'ultimo giorno del mandato del primo ministro conservatore Erna Solberg, che giovedì ha consegnato le redini al nuovo governo di centrosinistra guidato da Jonas Gahr Støre, vincitore del elezioni parlamentari del 13 settembre. E subito ha definito l'aggressione “un atto crudele e brutale”. L’arciere ha colpito in diverse zone della cittadina fino a quando la polizia, intervenuta in forze, lo ha arrestato dopo un breve scontro. Ora è in carcere nella cittadina di Drammen. Ma c’è una domanda che resiste dopo le ricostruzioni: le prime segnalazioni alla polizia sono arrivate intorno alle 18.15, ma solo alle 18.47 le forze dell’ordine sono intervenute. Perché?

La Norvegia è da sempre considerata un piccolo Paradiso in Terra. Eppure le cose non stanno esattamente così. Si sono sprecati, in queste ore, i parallelismi con la strage solitaria di Breivik che, dieci anni fa, uccise 77 persone in nome di un'ideologia neo nazionalista. Per gran parte della stampa quello che è appena accaduto in Norvegia è la naturale eredità di quella strage. Eredità che in termini strettamente tattici, per gli analisti, in questi anni non ha fatto che stimolare un ampio processo di imitazione delle azioni terroristiche dei neonazisti. 

In realtà, non solo, negli ultimi dieci anni quel pericolo non si è materializzato ma, anche prima di Breivik, c'era una vastissima letteratura sul pericolo islamico e sulla sua minaccia di destabilizzazione in Norvegia. L’arciere di Kongsberg è erede di quella “jihad dei fiordi”, come è stata ribattezzata, che ha avuto in Faraj Ahmad una delle sue figure apicali. Era il 2015 quando,il “mullah Krekar”, come veniva chiamato, veniva fermato in Norvegia ed estradato nel 2020 in Italia dove la Corte di Bolzano lo ha condannato a 12 anni di carcere. Fuggito dall’Iraq, aveva ottenuto asilo politico in Norvegia, da lì aveva creato una rete europea al fine di educare le nuove generazioni alla rivolta violenta contro i regimi di infedeli. Per anni ha girato a piede libero nel Paese scandinavo dove, dal 1991 al 2015, ha continuato a godere del diritto di asilo per i rifugiati politici, sebbene avesse ammesso di essere l'anello di congiunzione tra Al Qaeda e il regime di Saddam Hussein.

Con questo scopo aveva fondato una vera e propria università virtuale, con un suo sito internet pubblico. Già, perché ne esisteva anche un altro clandestino che programmava attentati terroristici in Norvegia e il sequestro di diplomatici. Nel Paese dove aveva trovato ospitalità si era fatto notare anche per le minacce di morte ad Erna Solberg, ex premier e allora figura emergente del partito conservatore.

Ma in questi anni non c’è stato solo il mullah Krekar da cui Brathen può esser rimasto affascinato tanto da convertirsi. Il gruppo salafita Profetens Ummah è da dieci anni attivissimo in Norvegia, allo scopo di fare esclusivamente proselitismo in favore dell’islam. I Profetens Ummah ritengono che la loro interpretazione della shari’a sia l’unico sistema legittimo che può essere adottato sulla Terra, pertanto incoraggiano apertamente i seguaci a aderire al jihad, visto come un dovere dovuto a Dio. In Norvegia, Profetens Ummah organizza spesso dimostrazioni di piazza, pronuncia discorsi provocatori, spinge per creare dei quartieri islamizzati e amministrati solo secondo la shari’a, le cosiddette “no go zone”. Il successo di questi gruppi dipende anche dal fatto che nei Paesi scandinavi sono scarse le possibilità di essere perseguiti con l’accusa di propaganda in favore dei gruppi terroristici, come Isis o al-Qaeda. Il codice penale norvegese, ad esempio, non prevede espressamente il reato d’incitamento o reclutamento per fini terroristici. 

Al di là di come evolverà l’indagine sull’attentato di Kongsberg, nelle città principali della Penisola scandinava è in atto una forte attività di proselitismo islamico. Ad Oslo è portato avanti dall’imam salafita Fahad Qureshi, che predica liberamente la conversione dei norvegesi all’islam, combatte con violenza l’omosessualità, obbliga al niqab le donne musulmane - motivo per cui la Norvegia, da qualche anno, ha vietato il velo nelle scuole -, e si prodiga per ottenere la separazione dei sessi nei bus e negli spazi pubblici. Ad oggi in Norvegia si contano quasi 3500 norvegesi convertiti all’islam, spesso ostentati da Qureshi nei canali televisivi. Secondo Statistics Norway, i musulmani sono circa 125mila, il 2,5% della popolazione, e si collocano al secondo posto dopo i protestanti. Quello che è accaduto in Norvegia non è un caso isolato, ed è difficile continuare ad ignorare l’ondata di fondamentalismo che dilaga in tutta la Scandinavia.