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AFRICA

«Stop Kony», l'abbaglio delle Ong

L'ong Invisible Children per i bambini soldato ugandesi punta il dito contro gli occidentali e non contro i governi africani coinvolti.

Attualità 14_03_2012
stop kony
Stop Kony
è il titolo della campagna lanciata dall’organizzazione non governativa americana Invisible Children in favore dei bambini soldato ugandesi arruolati con la forza dal Lord’s Resistance Army, Lra, un gruppo armato nato nel 1987 nel nord Uganda.

Suo fondatore e leader è Joseph Kony, un delirante guerrigliero convinto di essere il portavoce dello Spirito Santo, e per questo talvolta scambiato per un cristiano fondamentalista, di cui Invisible Children spera di ottenere la cattura entro il 2012. Come? Con quella che i portavoce dell’ong definiscono una svolta storica per l’umanità: un movimento dal basso verso l’alto, in altre parole una mobilitazione popolare planetaria che, grazie al sostegno di celebri personaggi del mondo dello spettacolo, induca i leader politici degli Stati Uniti e di altri paesi all’azione. È un peccato, anzi, una fortuna, che la campagna arrivi in ritardo, almeno per quel che riguarda l’Uganda e i suoi bambini che ormai da circa sette anni sono al sicuro.

In effetti, per quasi 20 anni Kony e i suoi uomini hanno seminato morte e terrore tra gli Acholi, l’etnia che popola il nord Uganda: tutto il mondo è inorridito quando Cnn e altre emittenti televisive negli anni 90 hanno documentato le amputazioni di labbra, orecchie, piedi e mani inflitte alla popolazione a scopo intimidatorio, il rapimento di migliaia di bambini di entrambi i sessi – non i 30.000 denunciati da Invisible Children, ma di sicuro molte migliaia – costretti a combattere e sfruttati sessualmente, i saccheggi, gli stupri, i villaggi dati alle fiamme senza lasciare agli abitanti il tempo di fuggire. Per questo si erano allestiti dei campi protetti dall'esercito dove la maggior parte degli Acholi hanno vissuto per anni, il che peraltro è tornato a vantaggio del presidente Yoweri Museveni la cui leadership, conquistata con un colpo di stato nel 1986, gli Acholi non avevano accettato (si spiegherebbe così la debole reazione governativa).

Poi però, nel 2005, sono iniziati i colloqui tra governo ugandese e Lra e nel 2006 un accordo di massima ha portato alla sospensione delle ostilità, all’avvio di negoziati e all’individuazione di due campi dove nel frattempo far confluire le milizie di Kony in vista di una loro successiva integrazione nella vita civile. Ma alla fine, anche in seguito all’intempestiva decisione della Corte penale internazionale di spiccare un mandato di cattura contro Kony e quattro suoi luogotenenti, le trattative si sono interrotte. Temendo una trappola, il gruppo ha disertato gli ultimi incontri con i rappresentanti del governo di Kampala e si è spostato nell’est della Repubblica Democratica del Congo.

Da allora, ridotti a quanto pare a poche centinaia e divisi in piccole bande, gli uomini di Kony vivono di razzie e rapimenti, ai danni delle popolazioni della Provincia Orientale del Congo e di quelle di due paesi confinanti, la Repubblica Centrafricana e il Sud Sudan. Nel video che costituisce il fulcro della campagna di Invisible Children, e che tramite il web è già stato visto da decine di milioni di persone, si accenna appena al fatto che Kony si è spostato altrove, dicendo che adesso il nord Uganda è “relativamente al sicuro”. Si vanta inoltre un primo importante risultato: aver convinto il governo USA a inviare 100 militari in Africa centrale per aiutare gli eserciti locali – il video dice, “ugandesi”, ma naturalmente si tratta anche degli eserciti degli altri tre stati – a catturare Kony, far deporre le armi ai suoi uomini e reinserire quelli superstiti nella società. Vi compare anche il procuratore Luis Moreno Ocampo, presidente della Corte penale internazionale, senza accennare al fatto che l’incriminazione di Kony e dei suoi uomini ha contribuito al fallimento delle trattative in corso nel 2006 e a infliggere agli abitanti di tre stati la ferocia dell’Lra.

Uno degli aspetti più sorprendenti del video, e della campagna contro Kony, è che i leader politici su cui Invisible Children intende fare pressione – di cui si mostrano le fotografie – sono tutti americani o comunque occidentali, mentre alle loro responsabilità dovrebbero caso mai essere richiamati i governi degli stati in cui l’Lra opera e che, tra l’altro, sono tutti guidati da leader esperti in questioni militari e più che attrezzati di truppe e mezzi per intervenire, senza bisogno di supporti esterni, come dimostra l’efficienza con cui agiscono quando decidono, ad esempio, di reprimere il dissenso popolare e di neutralizzare l’opposizione. In aggiunta, nella Repubblica Democratica del Congo opera da anni una missione di peacekeeping, la Monusco, forte di oltre 17.000 unità. Dalla Repubblica Centrafricana si è invece ritirata nel 2010 la Minurcat, attivata nel 2007, ritenendo di aver completato il mandato di proteggere la popolazione civile, senza evidentemente considerare l’esistenza dell’Lra. In Sud Sudan è tuttora presente un’altra missione delle Nazioni Unite, la Unmiss, con oltre 7.000 tra militari e civili.

La morale è che per far compiere all’umanità una “svolta storica” era meglio se Invisible Children si prendeva tempo per informarsi meglio e impostare più correttamente la propria campagna, posto che serva a qualcosa far conoscere a tutto il mondo l’esistenza di Kony quando già sanno tutto di lui i leader politici africani: quelli dei paesi coinvolti e tutti gli altri, membri dell’Unione Africana. Possibile che Stop Kony sia così ingenuo da non rendersene conto o da pensare di potersi sostituire a loro nella tutela delle popolazioni africane minacciate?